Guerra in Ucraina, il rosario delle notizie dal fronte

Siamo ubriacati da una dose massiccia di notizie dai molteplici luoghi di una guerra che appare sempre più per quello che è: un’emerita stupidità. Molti misteri dolorosi, pochi della luce.
I dipendenti e i volontari ucraini del pronto soccorso trasportano una donna incinta ferita dai bombardamenti russi mentre era ricoverata in ospedale a Mariupol, in Ucraina, foto Ap.

Fare la cronistoria della guerra in Ucraina per un giornalista che sta in redazione o a casa sua è un calvario, tanto più per un medium” di opinione e non di cronaca come Città Nuova. Ogni giorno tocca sgranare il rosario delle notizie che vengono da Kyiv (all’ucraina, non più Kiev alla russa), le breaking news della guerra. E ci si accorge che è strano e asimmetrico, quel rosario: dei consueti grani, più dei due terzi richiamano i misteri del dolore, poche unità sono i misteri della luce, mentre appaiono ormai inesistenti i grani del gaudio e della gioia.

I misteri dolorosi raccontano del migliaio di morti di Mariupol, delle centinaia di militari delle due parti che ogni giorno stramazzano al suolo, delle madri che fuggono coi figli lasciando i mariti a combattere, delle persone anziane che si ritrovano senza casa né cibo e senza sapere dove fuggire, dei disabili che si trovano a trovare ostacoli insormontabili sul loro cammino, delle macerie che ricoprono altre macerie e ancora altre macerie, dei 710 missili lanciati finora dai russi, dei droni turchi che dicono siano usati da entrambe le parti, delle incertezze sulle tenute dei servizi di sicurezza attorno alle centrali nucleari…

E non bisogna dimenticare i misteri dolorosi della crisi economica che bussa alle porte del mondo intero, delle sanzioni che colpiscono sì gli oligarchi, ma anche le famiglie più povere della Russia, della penuria di generi alimentari in Ucraina, dell’abbandono dei mercati russi da parte delle grandi imprese occidentali del lusso, della ristorazione e della cultura. Non dimentichiamo i misteri delle nostre paure per le annunciate penurie di gas e di altre materie prime come il grano, o persino delle radiazioni nucleari. Ci sarà il default, cioè il fallimento economico dopo quello politico della Russia? Mentre vergognosa appare la politica di chi, lontano dal conflitto, cerca di riposizionarsi per trarre vantaggio da una guerra che lascerà solo macerie, anche politiche.

Tra i misteri della luce, la luce in fondo al lunghissimo tunnel dell’abominio, ci sono i timidi tentativi di pace messi in atto dai politici e dai diplomatici francesi, tedeschi, cinesi, europei, turchi, italiani… E anche le strette di mano che, malgrado tutto, si intrecciano tra i negoziatori ucraini e quelli russi. E pure i testardi colloqui telefonici di francesi e tedeschi con lo zar Vladimir. Mentre Zelensky comincia a lasciar trapelare una volontà di trattative non tanto su brandelli di territorio quanto sulla neutralità dell’Ucraina, anche se non vuole che si condanni il suo Paese a una resa incondizionata, mentre i russi – pardon, i governanti del Cremlino − vogliono l’umiliazione del nemico. Cose viste e riviste, alla noia.

Flebili, flebilissime luci sono quelle della diplomazia, mentre più consistente appare la luce che filtra dalle braccia aperte dell’accoglienza, in Polonia, in Romania, in Moldavia, in Ungheria, in Italia e chissà ancora dove. L’accoglienza reciproca che russofoni e ucrainofoni si offrono reciprocamente sotto le bombe. Luci sono quelle dei medici che continuano a lavorare in Ucraina pur in condizioni impossibili. Luci vengono pure dalla presenza cospicua di giornalisti del mondo intero sotto le bombe e tra la gente impaurita: uomini e donne che documentano una guerra combattuta quasi solo da maschi e una solidarietà in massima parte invece al femminile (ci sarà pure una ragione a questa separazione, che pur non è mai totale). Luce, ancora, viene dalle innumerevoli cospirazioni della preghiera o delle marce, dei sit-in e dei webinar per la pace, ovunque nel mondo, un esercito troppo spesso vituperato e deriso, ma forte della propria debolezza, una armata inerme che unisce russi e ucraini, italiani e sloveni, statunitensi ed ecuadoriani, tutti tutti tutti, di più, ancora di più.

Gaudio e gioia non ci sono, non ci possono essere, anche se la vita continua anche sotto le bombe, coi reparti di maternità che continuano a sfornare corpicini fragili come la pace. Il grido del soldato ferito a morte non riesce a sovrastare il pianto del nascituro. Solo nella regione di Zaporizhzhia (quella della più grande centrale nucleare d’Europa) sono nati 256 bambini dall’inizio della guerra, più precisamente 156 maschietti e 100 femminucce. Viene da piangere solo a pensarci.

Misteri, sempre e comunque. Si discetta lecitamente, da noi, sull’opportunità di dare armi all’Ucraina, sulla moralità di tali forniture. Si discetta, sempre lecitamente, sulle protezioni della nostra economia. Mentre certi politici sembrano in astinenza da media, i giornalisti del Servizio Politico dei giornali sembrano volatilizzati, le forze migliori sono passate agli Esteri. I volti nella metropolitana la mattina sono più seri del solito. Il mistero della morte ci avvolge. Non riusciremo mai a svelarlo, è lì, come un muro di gomma, come una nebbia impenetrabile. Solo qualche bagliore di luce dirada la nebbia e scava pertugi nei muri della tenebra. Solo la luce può farlo.

P. s. Copio dalla Treccani il significato di mistero: «Nell’uso greco originario il termine, usato per lo più al plurale, indicava la celebrazione di riti d’iniziazione, in particolari culti segreti (m. eleusini, m. dionisiaci, m. orfici, ecc.), e per estensione i culti stessi (religioni di mistero) e i loro oggetti; di qui anche, più genericamente, segreto, verità religiosa rivelata da Dio. Nel greco degli scrittori cristiani il termine (passato poi in latino: mysterium, ma anche sacramentum) conserva sostanzialmente questi significati, essendo usato per indicare un rito segreto, gli oggetti sacri del rito, e in genere una realtà o verità nascosta, sacra, e in alcuni casi rivelata da Dio; designa anche un senso riposto poi reso manifesto e quindi, più ampiamente, le realtà che costituiscono e manifestano il piano divino della Redenzione e che sono esemplarmente contenute nella Bibbia (ma anche nei riti della liturgia)».

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