Guerra in Ucraina, Bucha come Srebrenica?
Non tutto è ancora chiaro. Qualche elemento sfugge, in epoca di notizie false e di costruzione di immagini (deep fake) con tecniche straordinariamente precise. Eppure, lo sdegno per quanto sembra essere accaduto a Bucha, 36 mila abitanti, alle porte di Kiev sembra riportare alla memoria la tragedia, una sorta di mini-genocidio, non lontano da Sarajevo, a Srebrenica, dove nel luglio 1995 furono uccisi 8 mila musulmani sotto gli occhi, o quasi del contingente di caschi blu dell’Onu di nazionalità olandese.
Ora, sulla veridicità delle immagini scattate è in atto la più virulenta fase della guerra mediatica in corso tra occidentali e russi, con i primi che adducono prove apparentemente schiaccianti (si apprende così che ormai i teleobiettivi montati sui satelliti hanno una tale precisione da poter individuare un corpo umano sin nei dettagli), mentre i media russi, al seguito dei loro politici, Lavrov in testa, accusano gli ucrani di aver messo in scena un macabro teatrino.
La parola definitiva non è stata ancora pronunciata a proposito delle uccisioni selettive degli ucrainofoni, separati dai russofoni prima delle esecuzioni. Ma è altamente probabile che la strage vi sia stata, mentre permangono incertezze sulle modalità macabre.
A compierlo sembra sia stata – per le ricerche dei volontari del progetto InformNapalm che hanno trovato e pubblicato su Telegram i dati − l’unità militare 51460, 64/a brigata di fucilieri motorizzati, comandata da Omurbekov Azatbek Asanbekovich, un giovanotto dai tratti asiatici con le labbra carnose e gli occhi allungati dei “buriati”, la più numerosa minoranza etnica di origine mongola di stanza in Siberia. L’unità motorizzata sarebbe partita da Knyaze-Volkonskoye, nel territorio di Khabarovsk, nell’estrema Russia orientale, forte di 1600 unità.
La tragedia sta dominando la scena della guerra molteplice d’Ucraina. Sì, i russi stanno attaccando Odessa, non mollano la presa su Mariupol e concentrano i loro sforzi verso il sud, abbandonando progressivamente le posizioni acquisite nel nord del Paese, in sostanza le regioni di Kiev e quelle al confine con la Bielorussia. Gli strascichi lasciati nella ritirata al solito stanno parlando agli strateghi e agli investigatori militari, lasciando molte perplessità sul grado di preparazione delle truppe russe e sul loro equipaggiamento, che sembra eredità della mancanza di cura de dettagli eredità del periodo sovietico: progetti ottimi, realizzazione molto, ma molto precaria.
Diplomaticamente, ogni giorno che passa segna un passo indietro, perché gli animi si avvelenano e le mediazioni risultano più difficili per la chiusura dei canali appositi, mentre anche il dossier sanzioni sembra di fronte al bivio reale: se l’Europa riuscirà a fare a meno del gas russo allora gli effetti delle sanzioni saranno realmente devastanti. Ma solo in quel caso, come ha giustamente sottolineato Romano Prodi, la Russia cederà economicamente e il rublo andrà a rotoli. I russi hanno bisogno di vendere il loro gas agli europei.
Un atto del genere, costosissimo per entrambe le parti, segnerebbe la vera entrata in guerra degli europei a fianco degli ucraini, perché verrebbe reciso il principale canale “diplomatico” tra Mosca e le capitali europee. Sì, i gasdotti tra Russia ed Unione europea sono i principali legami tra le due parti: chiuderli significherebbe che le due parti hanno cessato ogni volontà di ricucire. E allora la guerra diventerebbe una sorta di roulette (giustamente) russa, con imprevedibili reazioni da parte di un grande Paese che si troverebbe veramente sul lastrico, o quasi.
Un ulteriore elemento di cui tener conto per i rapporti con la Russia è la schiacciante vittoria elettorale, l’ennesima, del presidente ungherese Orban, che sostanzialmente aveva una sola possibile alternativa, di marca “ipercattolica” (come sintetizzano i media europei, al solito in modo sbrigativo). Ci si interroga sulle possibili conseguenze nei rapporti dell’Unione europea con la Russia: terrà il fronte ungherese, o l’Ue si ritroverà disunita a causa di Orban? Ma la domanda può essere anche un’altra: favorirà Orban un riavvicinamento tra le posizioni russe e quelle europee?