Guerra e parole
Parole, parole. Forse troppe. Per la maggior parte inutili. Un fiume di parole (per citare un’altra famosa canzone) quelle che abbiamo ascoltato in questi giorni di guerra in tv. Puntuali e necessarie le poche che, con competenza, ci hanno aiutato a capire cosa stesse realmente accadendo nel Golfo. Banali e ridondanti le molte che hanno occupato i talkshow del giorno e della notte, nei giorni feriali con Cucuzza e Gilletti e anche di domenica nei salotti di Mara Venier e di Costanzo. Le immagini si sono moltiplicate: le telecamere sono entrate negli abitacoli dei carri armati e negli ospedali da campo, hanno riprodotto gli scontri notturni e quelli nel deserto. Tutti hanno detto: la guerra più vista di sempre. Poi però è partita la censura e la lente con la quale abbiamo guardato il conflitto ha cominciato a deformarsi. – Abbiamo visto abbastanza, ma non abbiamo visto tutto. Ad una parte del mondo non sono state mostrate le immagini delle bombe intelligenti al mercato e dei bimbi feriti negli ospedali. All’altra sono stati propinati i discorsi del ministro dell’informazione irachena Al Sahaf che negava i bombardamenti, mentre era possibile invece ascoltare in sottofondo le esplosioni. La propaganda ha fatto i suoi giochi, ma la pluralità delle fonti (compresa Al Jazeera) hanno moltiplicato i punti di vista e offerto una lettura più obiettiva dei fatti. – Showgirl al fronte. La trasformazione genetica della soubrette inesperta di politica estera è stato forse, dal punto di vista mediatico, uno degli effetti collaterali più devastanti di questi drammatici giorni di guerra. La ballerina e la velina, ma anche il lookologo e l’esperto meteo: tutti a discettare di guardia repubblicana, peshmerga e bombe a grappolo. La guerra è un dramma, già disgusta quando diventa spettacolo. Un avanspettacolo è davvero troppo. – I bambini ci guardano. Nelle ore che dovrebbero essere tutelate dal nuovo codice di autoregolamentazione tv per i minori non sono mancate le infrazioni. Ad ora di merenda, se non a pranzo e a colazione, sono passate immagini choc. Non molte per la verità, visto il prevalere della chiacchiera. Anche nelle redazioni la sensibilità è certamente cresciuta e c’è sempre più attenzione per la scelta delle immagini. C’è però chi ha chiesto che ci fosse un segnale acustico o visivo che annunciasse anche ai più piccoli l’arrivo di argomenti non adatti alla loro età” Secondo un’inchiesta di Tv Sorrisi & Canzoni sono più di 3 milioni i bambini tra 4 e 14 anni che hanno seguito la guerra raccontata dalla televisione. I bimbi hanno visto e metabolizzato tutto: il buono e il cattivo che è stato mandato in onda. La centrifuga tv ha servito loro un frullato indigeribile. Adesso il compito passa nelle mani di educatori e genitori. Restano negli occhi le immagini finali di Roma città aperta di Rossellini: sulle macerie, anche morali, della guerra, i più piccoli si avviano verso un’alba di speranza. Anche dopo una guerra così, bisognerà convincere i bimbi che un mondo più giusto è possibile.