Guerra civile in Etiopia, si invoca la pace
A due anni dall’inizio della guerra civile in Etiopia lunedì sono iniziati i colloqui di pace tra i leader del Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè e il governo centrale. Sono mediati dall’Unione Africana e si tengono a Pretoria, in Sudafrica. I rappresentanti tigrini chiedono accesso agli aiuti umanitari nella loro regione. Il Tigray infatti è stato blindato dall’inizio della guerra, nel novembre 2020, fino a marzo 2022 e poi da fine agosto di quest’anno ad oggi. In questo contesto di isolamento, oltre al fuoco nemico, è la carestia a decimare la popolazione. I colpi incassati dalle forze tigrine nelle ultime settimane e la loro popolazione allo stremo spiegano perché i leader abbiano accettato l’invito dell’Unione Africana. D’altra parte, il governo centrale si trova in una posizione favorevole per negoziare, forte delle vittorie nelle ultime battaglie. A metà ottobre infatti l’esercito regolare ha conquistato città strategiche come Shire in Tigray.
Le ostilità delle ultime 8 settimane si sono riaccese il 24 agosto, dopo 5 mesi di tregua dichiarata dal governo centrale etiope e accettata dal FPLT. L’ex premio Nobel per la pace e attuale primo ministro dell’ Etiopia, Abiy Ahmed Ali, ha dichiarato che la sua scelta di deporre temporaneamente le armi fosse motivata dalla volontà di permettere l’arrivo di aiuti umanitari in Etipia nella regione nemica. Le organizzazioni internazionali hanno continuato a segnalare le difficoltà di raggiungere il territorio e operare nell’area, ma la tregua stava dando frutti quando è stata bruscamente interrotta. Impossibile, per ora, sapere di chi sia la responsabilità del ritorno alle armi. Il governo centrale e i tigrini si accusano reciprocamente e non ci sono fonti indipendenti sul campo che possano verificare quanto accaduto a fine agosto.
Nel frattempo le 6 milioni di persone che abitano in Tigray soffrono la fame a causa della carestia, definita una “tecnica di guerra” utilizzata dal governo centrale da Kaari Betty Murungi, presidente della Commissione di esperti di diritti umani in Etiopia incaricata dall’Onu. Oltre a morire di fame, la popolazione in Tigray in questi due anni è caduta sotto le bombe emiratine e turche fornite ad Addis Abeba e ha subito innumerevoli violazioni di diritti umani, come stupri e violenze. Tutto ciò in un contesto in cui ulteriori crimini di guerra contro i civili sono stati commessi da entrambe le forze in campo, come segnalato nel primo report della Commissione incaricata dall’Onu a settembre 2022.
Lo scoppio del conflitto in Etipia è stato determinato dalle crescenti tensioni che hanno segnato i rapporti tra il Fronte Popolare per la Liberazione del Tigray e il Partito della Prosperità dell’attuale primo ministro. Nel giugno 2018 il FPLT ha lasciato il Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (FDRPE) di cui faceva parte insieme al partito di Abiy Ahmed Ali, il quale era stato eletto come primo ministro in aprile. I motivi della scissione erano gli scontri riguardo le politiche di privatizzazione di settori economici chiave messe in atto e, soprattutto, la decisione di attuare gli accordi di pace di Algeri con l’Eritrea. Seppur dal 2000 il conflitto etiope-eritreo fosse a bassa intensità, i confini non erano ancora stati definiti e le armi non erano ancora state riposte. Abiy Ahmed Ali ha vinto un premio Nobel per la pace nel 2019 per il suo ruolo nella risoluzione del conflitto con il paese vicino. È rimasto però notevole il risentimento della leadership tigrina per la perdita di alcuni territori che fino ad allora avevano controllato, come la città di confine di Badme. Le tensioni sono continuate ad aumentare, raggiungendo il picco quando, nel 2020, il primo ministro ha rimandato le elezioni a causa della pandemia. I leader del Consiglio del Tigray l’hanno accusato di voler mantenere il potere per più tempo del dovuto e hanno indetto le elezioni regionali a settembre 2020, dichiarate incostituzionali da Addis Abeba.
Lo scoppio del conflitto armato in Etiopia è avvenuto il 3 novembre, quando gli uomini del FPLT hanno attaccato un quartier generale delle forze regolari etiopi a Mekelle, capitale della regione del Tigray. La risposta del governo centrale è stata un’offensiva su larga scala nell’area, con l’entrata in campo in supporto dell’esercito etiope delle truppe eritree, che ancora oggi stanno combattendo al loro fianco.
La comunità internazionale, non solo l’Unione Africana impegnata nella mediazione ma anche rappresentanti Onu come Antonio Guterres, chiedono a gran voce la cessazione delle ostilità. Visto l’isolamento del territorio e la quasi totale assenza di giornalisti sul campo, le testimonianze da parte della popolazione civile del Tigray che arrivano a noi sono poche, ma quelle che ci sono chiedono tutte la pace.
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