Gueros di Alonso Ruizpalacios

Tra i prodotti di vario genere presenti nelle sale, vale la pena non perdere l'opera prima del regista messicano, vincitrice di numerosi premi, ambientata nel contesto della rivoluzione studentesca del 1999 nella capitale. Protagonista l'adolescente Tomàs che, insieme al fratello e ad un amico, intraprende un viaggio alla ricerca dell'artista Epigmenio morente
Gueros di Alonso Ruizpalacios

Ancora una volta le sale presentano prodotti di genere quanto mai vario. Dal messicano Cinque Tequila di Jack Zagha Kababie – storia di tre ottantenni in viaggio per esaudire il desiderio di un amico–, al cartone La casa del mare; da Cattivi vicini 2 con Zac Efron, dove stavolta c’è un gruppo femminile a far impazzire i vicini a  Il Traduttore di Massimo Natale, con Claudia Gerini e Kamil Kula – un giovane traduttore rumeno scende a compromessi per poter far venire la ragazza in Italia (lotta tra dovere  coscienza e inganno) –, impegnato ma non del tutto risolto.

 

Gueros

Vale la pena non perdere questo piccolo film in bianco e nero, vincitore di numerosi premi – Miglior opera prima a Berlino 2014, miglior nuovo autore all’Afi Fest, Miglior fotografia al Tribeca film festival –, dove si narra del Messico del 1999 e della rivoluzione studentesca nella capitale. Ma al di là del fenomeno di ribellione giovanile – che ricalca modelli occidentali – il film trova il suo punto di forza nella figura dell’adolescente Tomàs che convince lo smarrito fratello Federico e l’amico Santos a cercare l’artista Epigmenio morente. Un viaggio di formazione, per loro e per l’amica ribelle Ana, dove si cresce insieme percorrendo i quartieri della capitale, così distanti moralmente tra loro, ma dove si ritrova forse sé stessi e la propria identità nazionale, minacciata dal conformismo colonialista occidentale. Denuncia anche, protesta, affermazione di sé stessi, non solo umanamente, ma come popolo. La critica ha notato gli omaggi alla Nouvelle Vague e a Fellini, ma si tratta di spunti, ovvi per l’opera prima del regista Alonso Ruizpalacios.

 

Ma la “tinta” del film è quanto mai personale: un dolore portato con dignità, gli occhi grandi spalancati del ragazzo Tomàs di fronte alle scoperte della vita, la sua invincibile forza d’animo, capace di far ritrovare ai giovani loro stessi, ossia che «non è possibile essere giovani e non esser rivoluzionari», che segna il motto di questo lavoro unico. Va visto con calma, lontani dalle suggestioni dei blockbuster; una scossa salutare per i giovani smarriti di oggi e di sempre, e di apertura alla forza e allo stupore della vita. Intensa la fotografia: restano in primo piano gli occhi dolci e sgranati di Tomàs, il lunghissimo bacio di Federico e Ana e il fotogramma di Federico che dallo smarrimento sembra ritrovare la luce della vita.

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