Guatemala, la lotta (quasi) interrotta
La Commissione Internazionale contro l’impunità in Guatemala (Cicig) è entrata in funzione nel 2007, in virtù di un accordo tra l’Onu e il governo, con l’avallo della Corte costituzionale e la ratificazione del Parlamento. Collabora con magistratura e polizia nel disarticolare le trame tra bande criminali e funzionari dello Stato, causa dell’endemica corruzione e di un’impunità superiore al 97%. Tale situazione è in parte dovuta alla pesante eredità del conflitto tra guerriglia e Stato che ha insanguinato il Paese tra il 1960 e il 1996.
I cosiddetti “Corpi illegali e apparati clandestini di sicurezza” – in pratica gruppi paramilitari dipendenti da un’alleanza tra imprenditori, ex militari e politici che hanno instaurato una sistematica corruzione di Stato e praticano il narcotraffico e l’associazione a delinquere – agiscono ancora. Per aiutare a combatterli, i successivi governi nazionali avevano sinora chiesto ed ottenuto all’Onu la proroga del mandato della Cicig. L’ha fatto anche Jimmy Morales, presidente attuale, che, nell’aprile 2016, si recò personalmente a New York a tal fine. E in effetti, secondo gli specialisti, le citate organizzazioni criminali avrebbero sofferto l’efficacia della Commissione, in particolare nella sua attuale gestione.
Eppure, domenica scorsa, due giorni dopo una riunione col segretario generale Onu António Guterres – e soprattutto, due giorni dopo la richiesta della Cicig e della magistratura di iniziare il processo per il ritiro dell’immunità presidenziale ed avviare indagini per finanziamento illecito in campagna elettorale – Morales ha dichiarato “persona non grata” il commissario dell’organismo, il colombiano Iván Velásquez, ed ha ordinato la sua immediata espulsione dal Paese.
Subito hanno reagito l’Onu, la maggioranza dei governi Ue e gli Stati Uniti, e sono scesi in piazza ampi settori della società civile. I deputati dell’opposizione hanno presentato un ricorso giudiziario al provvedimento, accolto martedì dalla Corte costituzionale. Si è chiusa così una crisi-lampo che ha provocato le dimissioni di almeno un ministro, la destituzione del ministro degli Esteri, l’allontanamento di un alto funzionario e di quattro sottosegretari… Ma soprattutto è stata messa in discussione la credibilità del presidente.
Morales infatti aveva sostenuto apertamente la Cicig sin dalla campagna elettorale, promettendole anche da presidente tutto il suo sostegno. Ultimamente, però, l’aveva accusata di ingerenza nella politica nazionale per avere fatto pressione sul Parlamento, insieme ai media, affinché approvasse le riforme costituzionali che lui stesso aveva inizialmente appoggiato. Ma i problemi tra Cicig e presidente erano cominciati in dicembre, quando sotto accusa era finito, e per la seconda volta, uno dei maggiori sostenitori politici della sua candidatura, Edgar Justino Ovalle, uno dei fondatori del partito di governo, per aver nascosto informazioni sui finanziamenti della campagna.
Il mese successivo, un’indagine per un ammanco nei fondi dello Stato aveva indicato tra i possibili responsabili il figlio e il fratello di Morales, poi rinviati a giudizio per frode e riciclaggio di denaro. La richiesta di indagare la sua persona, concretizzatasi venerdì scorso, avrebbe esaurito la pazienza del presidente.
Ma il massimo tribunale dello Stato, come detto, ha considerato incostituzionale l’espulsione del Commissario, perché emanata dal solo presidente, senza la firma di uno o più ministri come prevede la legge fondamentale della Repubblica, oltre che per altri vizi di forma. Secondo il costituzionalista Carlos Molina Mencos, inoltre, la rescissione dell’accordo con l’Onu viola il diritto internazionale poiché “personalizza” un conflitto che dovrebbe essere risolto dalle due parti in causa, ovvero le Nazioni Unite e lo Stato guatemalteco.
Escono rafforzati da questa settimana movimentata la società civile, il cui protagonismo è in crescita, la Commissione Onu e il suo responsabile Velásquez. Guadagna punti la magistratura guatemalteca, anche se è troppo presto per considerarla indipendente e solida. Ne perde parecchi il presidente Morales, oggi indubbiamente molto più solo sia in Guatemala sia a livello internazionale. Ma solo il tempo mostrerà le conseguenze politiche per la sua amministrazione e sul cammino verso un Paese più onesto e trasparente.