Guarire con un giardino
Esistono giardini che, pur se abbandonati all’incuria, dimenticati, continuano a fiorire ad ogni primavera rinnovando il miracolo della vita. Se poi interviene anche la mano esperta di un giardiniere, diventano una meraviglia per gli occhi e per lo spirito, quasi una rappresentazione dell’Eden paradisiaco. Un giardino ben curato ripaga sempre, abbondantemente, chi vi ha speso tempo e fatica.
Ne era così convinta la scrittrice anglo-americana Frances Hogdson Burnett, che di giardini s’intendeva (possedeva a Long Island, sulla costa orientale degli Stati Uniti, la stupenda tenuta di Plandome Park), da arrivare a celebrare il giardino e le sue virtù terapeutiche con un romanzo del 1910 dal titolo Il giardino segreto, diventato popolare in tutto il mondo grazie anche alle sue versioni teatrali, per il cinema e la televisione, a fumetti e a cartoni animati, in dvd… Insomma, un “giardino di carta” con le proprietà di quelli veri, capaci di rinnovarsi periodicamente: quel che si dice un sempreverde.
A cosa si deve la fortuna di questo romanzo, riproposto ora dalla Newton Compton e al quale la classificazione di letteratura per l’infanzia non rende giustizia? Certo al fatto che la natura – essenziale per la vita del pianeta presso tutte le culture, anche se troppo spesso l’uomo sa rivelarsi il suo peggior nemico – vi viene messa in primo piano non solo attraverso descrizioni di grande fascino, ma in quanto la Burnett ha intuito, per averlo sperimentato, che la natura può guarire chi soffre mali della psiche e dello spirito.
È la storia della rinascita di Mary Lennox, «la bambina più dispotica ed egoista che si possa immaginare», che dall’India coloniale, dopo la morte dei genitori durante un’epidemia di colera, viene spedita in Inghilterra per essere affidata allo zio mr Archibald Craven, proprietario della tenuta di Misselthwaite Manor, nello Yorkshire. Ed è anche la storia della rinascita di Colin, figlio unico e malaticcio di Mr Craven, che dal letto in cui è confinato in una delle cento stanze di quella ricca dimora tiranneggia e rende amara la vita dei domestici. All’opposto dei due antipatici cuginetti, c’è un terzo bambino, Dickon: saggio e amabile contadinello che sa tutto sulla vita della brughiera e degli animali che la abitano. Lui no, non ha bisogno di rinascita perché è sano di suo, anzi si può definire «una sorta di incarnazione dello spirito della natura».
L’elemento di raccordo che fa incontrare e diventare amici i tre fino a creare una miscela di esuberante vitalità, è il giardino segreto, già scenario di un dramma familiare 10 anni prima degli eventi narrati: la morte accidentale della madre di Colin appena neonato. Da allora, per ordine di Mr Craven, nessuno vi ha più messo piede (la chiave della porta d’accesso è stata addirittura seppellita); parlarne, poi, è diventato tabù, sicché per anni, come un velo funebre, il silenzio è sceso su quell’hortus conclusus. Se però non parlano gli uomini, parlano nel linguaggio loro proprio le creature della natura, come un simpaticissimo pettirosso che… ma lasciamo la scoperta al lettore ignaro sia del libro sia delle sue trasposizioni per il grande e piccolo schermo.
Interessanti, nella sua introduzione alla recente edizione Newton Compton, le osservazioni del traduttore Riccardo Reim circa Mary e Colin: «Due bambini inizialmente né belli né simpatici che imparano a farsi del bene e a redimersi a vicenda […] senza mai obbedire alle regole e senza “buoni comportamenti”, bensì facendo soltanto ciò che desiderano, sottraendosi al soffocante controllo dei “grandi” e contravvenendo, in pratica, a quasi tutte le regole pedagogiche dell’epoca che sconsigliavano, ad esempio, un’eccessiva permanenza all’aria aperta nonché ogni tipo di contatto con gli animali, e ritenevano molto pericolosa la frequentazione tra bambini di sesso diverso».
Evidentemente la Burnett, un tipo indipendente, aveva idee avanzate anche in materia pedagogica: di qui il consenso che, insieme a questo romanzo, continuano a incontrare presso i giovanissimi anche altri suoi titoli famosi come Il piccolo Lord Fauntleroy e La piccola principessa.
Ultimo a “guarire” dal suo sterile dolore – sterile perché l’ha allontanato dal figlio, isolandolo in un nostalgico passato – è mr Craven, di ritorno a Misselthwaite Manor dopo una lunga assenza: quale non è la sua sorpresa nel ritrovare Colin e la nipote irriconoscibili, entrambi in salute a rincorrersi nel giardino proibito, anch’esso rinato per le cure ricevute e la primavera trionfante; così come gli appaiono mutati in meglio il vecchio giardiniere Ben e i domestici, ugualmente coinvolti nello stesso processo rigenerante. C’era da aspettarselo: Il bene è contagioso.
Fin qui il romanzo. A questo punto, presi dal fascino di questo classico senza tempo, chi vorrà saperne di più sia della vita dell’autrice, sia della sua passione botanica verrà ampiamente soddisfatto dal volume edito anch’esso di recente da L’ippocampo Alla scoperta del giardino segreto. Le piante e i luoghi che hanno ispirato Frances Hogdson Burnett. Ne è autrice Marta McDowell, da sempre interessata al legame tra gli scrittori e i loro fiori, al nesso che unisce la zappa e la penna. Lei stessa, del resto, coltiva con passione la scrittura e le sue piante a Chatham, nel New Yersey: quale persona più indicata di lei a esplorare la vita di una personalità complessa come la Burnett e a condurci, fra illustrazioni e foto d’epoca, nei tre giardini da lei creati in Inghilterra, a Long Island e a Bermuda?
Il volume, ammirevole per la cura tipografica e la ricchezza iconografica, oltre a un’appendice sulle piante che popolano il capolavoro della Burnett, include anche alcuni suoi scritti, tra i quali Il mio pettirosso (quello vero, che ha ispirato l’omologo del libro) e Nel giardino, da cui colgo al volo questa citazione: «Fintanto che avrete un giardino, avrete un futuro; e fintanto che avrete un futuro, sarete vivi».
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