Guardare la vita con gli occhi dell’arte
Michela Dall'Aglio Maramotti, saggista e storica parte da un'episodio vissuto al centro di Roma per raccontare la genesi del suo ultimo libro: due giovani cinesi, novelli sposi suscitano la simpatia dei passanti per i vestiti a festa e la gioia palese sui volti. Una commessa invece li guarda con disprezzo e inimicizia. Stessa scena, sentimenti contrastanti. Comincia da qui il viaggio dell'autrice alla scoperta di ciò che più vale nella vita.
Con occhi diversi indaga il rapporto tra l’arte e le relazioni umane. Come nasce l’idea del libro?
«Il punto di partenza è stato una riflessione attorno alla domanda: cosa conta veramente nella vita, in ultima istanza? Cosa le dà senso e sapore? Cercavo una risposta universale, che fosse vera per tutti gli uomini, di ogni condizione e cultura, credenti e non. Avevo letto una frase di Nietzsche, citata dallo psichiatra Viktor Frankl, che dice: «Chi ha un perché, sopporta quasi ogni come». Da qui sono andata avanti interrogandomi sulle relazioni e i sentimenti che ci uniscono gli uni agli altri, su cosa ci dà forza e speranza anche nelle situazioni di limite come la malattia, la vecchiaia, la morte stessa. La risposta mi sembrava fosse sempre e soltanto l’amore, l’attenzione agli altri, la cura per il mondo in tutte le sue espressioni.
Mentre riflettevo su tutto questo, mi è capitato di assistere alla scena della coppia cinese, descritta nella premessa del libro. L’idea di usare delle opere d’arte è venuta in seguito, quando cercavo il mezzo migliore per comunicare in modo efficace, immediato e direi quasi intuitivo, lo svolgersi della mia riflessione su emozioni, sentimenti e stati d’animo legati a determinate relazioni e situazioni.
Il libro racconta attraverso alcune opere d’arte sentimenti o situazioni umane universali come la giustizia, la misericordia, l’amore umano. Con quale criterio ha scelto le opere d’arte, spesso di autori poco conosciuti dal grande pubblico?
«Ho guardato tantissime opere avendo in mente l’argomento che m’interessava e ho cercato quelle che trasmettevano a me, in modo immediato, le sensazioni che io, a mia volta, volevo comunicare al mio lettore. Non ho scelto in base alla fama dell’artista o del quadro, ma piuttosto seguendo la mia sensibilità e il mio gusto personale.
C’è un’opera tra quelle proposte che Le è particolarmente cara? E perché?
«Sicuramente ho un rapporto personale con “La pappina di Costanza” perché è stata fatta da un artista carissimo amico, Claudio Parmiggiani, per mia figlia quando è nata. E’ un’opera estremamente essenziale e povera nei suoi materiali, ma ha una carica poetica fortissima e sintetizza mirabilmente cosa significa essere madre.
Ma ce n’è un’altra che amo tantissimo, ed è il “Cristo alla colonna” di Antonello da Messina. Un dipinto straordinario, intensissimo, in cui il divino e l’umano s’incontrano in un dialogo veramente commovente. Il dolore dell’uomo è il dolore di Dio. Guardandola è difficile non sentirsi profondamente toccati da una tragedia che ha coinvolto Dio, l’uomo e il cosmo intero.
Arte e Fede. E' il binomio che fa da sfondo a tutto il libro. Sulla base della Sua esperienza e sensibilità, in che modo l’una arricchisce l’altra?
«Il legame tra arte e fede esiste da sempre, credo anzi che proprio il senso del divino, la meraviglia davanti alla bellezza e alla grandezza del mondo, siano all’origine delle prime espressioni artistiche dell’uomo, mi riferisco alle famose grotte dipinte di epoca preistorica scoperte in Francia a Lascaux che risalgono a 25.000 anni fa, o al sistema di templi di Gobekli Tepe, nella Turchia sud-orientale (circa 10.000 anni fa). La religiosità ha alimentato l’arte e l’arte ha fornito alla sensibilità religiosa, ma anche alla teologia e alla narrazione biblica, gli strumenti più efficaci per esprimersi, soprattutto quando la maggior parte della gente non sapeva leggere, come testimoniano la tradizione delle icone (veri trattati teologici sotto forma d’immagine), o i cicli con le storie della vita di Cristo.
Sono convinta che siamo esseri profondamente spirituali e creativi e che sentiamo il bisogno di comunicare e condividere il nostro mondo interiore, le nostre convinzioni ed emozioni, e lo abbiamo fatto da sempre e prima di tutto attraverso le immagini».
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