Guai a voi ricchi

Giovanni Scifoni a San Carlo al Corso, in un monologo che interseca teatro e ricerca spirituale
scifoni

Lo scorso 12 novembre, nella cripta della chiesa di San Carlo al Corso, l’attore Giovanni Scifoni ha presentato il suo monologo teatrale Guai a voi ricchi, vincitore de “I teatri del sacro” di quest’anno. L’attore si prova all’interno di un’avventura artistica e culturale dedicata alle intersezioni fra il teatro e la ricerca spirituale e religiosa: un corpo a corpo libero e sincero con le domande della fede. Il curatore della rassegna Fabrizio Fiaschini spiega che «il fare teatro deve affondare le sue radici e produrre i suoi frutti in un terreno comune e indivisibile: quello del gioco mimetico, con cui l’uomo ha fin dall’infanzia cercato di conoscere se stesso e di incontrare gli altri». Location dell’interpretazione, un luogo di ritrovo giovanile nel cuore di Roma: il pub GP2, circolo giovanile dedicato a Giovanni Paolo II, che ha sede nei locali limitrofi alla cappella.

 

Scifoni, attraverso una scenografia scarna tra tombe, luci soffuse e l’odore acre di ceri, decide di raccontare le vicende nell’Italia degli anni ’60 e ’70 con l’ausilio di oggetti di uso quotidiano che hanno in sé stessi storie di vita vissuta. E tutto questo tra i cambiamenti del Concilio Vaticano II e l’impegno sociale dentro e fuori la Chiesa. Con ironia salace l’attore incarna vari personaggi, da un giovane catechista del nord Italia, ad un ragazzo fiorentino, ad un proletario romano che racconta del padre comunista e di storie di preti che soggiornavano nella loro casa. Il personaggio fa dei raffronti con gli episodi enunciati dai sacerdoti: nutre una predilezione per quelli latinoamericani, che raccontavano di villaggi messi a ferro e fuoco dalle sparatorie.

 

Il ricordo però si fa rievocazione storica: il riferimento è alle liste, redatte in Guatemala durante il regime militare, iniziato dal dittatore Carlos Castillo Armas, che causò 30 anni di guerra civile e la morte di 200 mila civili guatemaltechi. Più di 450 villaggi vennero distrutti, e oltre un milione di persone diventarono rifugiati.

 

Altra pagina citata è quella del sacerdote e guerrigliero colombiano Camilo Torres Restrepo, fondatore di un giornale studentesco di denuncia. Prese apertamente posizione in favore dell’estrema sinistra, teorizzando una “teologia della rivoluzione” intesa come unica efficace maniera di realizzare l’amore cristiano nei confronti dei diseredati e degli oppressi. Nel febbraio 1966 una delegazione denunciò all’esercito un gruppo di ribelli che operava nella zona di Santander. Torres, che si trova casualmente in questa zona, si unì a loro e rimane ucciso. Scifoni racconta l’episodio attraverso la canzone di Victor Jara a lui dedicata. Bellissimo infine il passaggio dedicato a Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, che a causa del suo impegno nel denunciare le violenze della dittatura del suo Paese venne ucciso da un cecchino mentre stava celebrando Messa.

 

Sempre presente un interrogativo martellante per tutto lo spettacolo: perdonare significa permettere che il male resti impunito? Chi perdona è un vile? Cristo è venuto per liberarmi dal mio peccato. Dal mio. E da quello degli altri?  Lo spettacolo ha richiesto un anno di lavoro e risente dell’influsso di maestri del teatro italiano come Dario Fo, Giorgio Gaber. Ora, dopo questa anteprima, c’è attesa per la presentazione ufficiale, tra qualche settimana.

 

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