Grilex, l’Amore attraverso il rap

Il cantante è una star della musica cattolica in Spagna. I suoi testi sono forti, diretti, ma basati su un messaggio di fede e libertà.

È sabato mattina, ci troviamo con due amici sacerdoti nel centro di Valencia, vicino alla cattedrale dedicata all’Assunzione di Maria. Aspettiamo Guillermo Esteban, cantante rap, che è arrivato in città per un viaggio fugace per partecipare a una conferenza e raccontare la sua storia. Si presenta insieme a un sacerdote, parla in modo amichevole, con un enorme sorriso e uno sguardo potente, diretto. Il suo primo gesto è di interesse verso l’altro: «Come stai?». Inizia così il dialogo col giovane madrileno, tra un caffè e i tipici toast al pomodoro che caratterizzano la colazione spagnola. Mi racconta del suo incontro ben riuscito della sera prima. La sala aveva raggiunto la capienza massima e le persone presenti erano accumunate da una grande sete di Dio, con un forte interesse per le sue parole. Mi mostra uno dei messaggi che riceve sul suo account di Instagram e che condivide con noi: una giovane gli racconta come era riuscita a superare il suicidio di suo padre grazie ai testi delle sue canzoni. La conversazione si interrompe per un attimo quando si avvicina una persona sconosciuta che voleva solo scambiare qualche parola e salutare i preti che ci accompagnavano. Senza esitare, Grilex – questo è il nome d’arte con cui la gente lo conosce – gli offre il suo succo di arancia valenziana. È lì che inizio a vedere come mette in pratica la sua missione di evangelizzazione, con le opere e con le parole. La conversazione non si arresta, parla dell’Eucaristia, dell’importanza della confessione e del suo grande Amore. Chiarisce che la sua vocazione non è il sacerdozio, ma, scherzi a parte, ammette di essere «molto innamorato di Dio».

La chiacchierata prosegue con calma, ma in modo vivace. Ci spostiamo verso un luogo più tranquillo, dove potergli fare tutte le domande che mi assalgono. Non troviamo posto migliore che davanti alla porta di una chiesa, in una piccola piazza, dove quel giorno avrebbe preso i voti una giovane. Quando parla, Grilex lo fa sempre al plurale. Incuriosita gli domando a chi fa riferimento. Parla di suo fratello, di 10 anni più piccolo: «Canto sempre con lui».

La sua storia mi sorprende. Se già è strano che un cantante rap decida di fare musica cristiana, mi incuriosisce ancora di più il fatto che una persona che perseguitava i cristiani adesso dedichi la sua vita ad annunciare il Vangelo. Sì, perché Guillermo ha attraversato momenti molto bui, tra cui la diagnosi a uno dei suoi fratelli di una malattia mortale. L’ira e la rabbia iniziarono a invadere il suo cuore e lui riusciva ad esternarle attraverso il rap. Subito ebbe successo e fama, ma l’effetto collaterale fu un ego smisurato. I suoi testi, pieni di odio, tendevano a ferire gli altri, specialmente chi credeva in Dio. «Sei un cristiano? Dio permette tutto questo? È un Dio orribile». Oggi, volgendo lo sguardo al passato, osserva come viveva una vita in cui era morto, non provava nulla, né gli importava di nessuno.

Eppure, questa crisi era parte di un disegno di Dio su di lui. A poco a poco, Guillermo iniziò ad avvicinarsi alla Chiesa. Cominciò ad andare alle cene Alpha, organizzate da altri giovani per condividere del tempo e del cibo mentre dialogavano su domande esistenziali. Fu così che iniziò ad aprire il suo cuore, finché un giorno in un incontro ha sentito l’amore e il perdono del Padre: «Quanto tempo ero stato morto e all’improvviso mi sono sentito vivo!».

La vita di Guillermo è totalmente cambiata. Ha abbandonato alcune amicizie tossiche che prima lo accompagnavano e si è riavvicinato alla sua famiglia, dalla quale si era allontanato per non sentire la verità su quanto stesse sbagliando strada. Evidentemente, il cammino intrapreso è lungo: «È un processo in corso perché vivere da cristiano impegnato significa essere ogni giorno in prima linea. Certo che cado, sono umano, non sono perfetto, ma voglio rialzarmi velocemente con il Signore. Il cammino del cristiano è esigente, è duro, ma è così bello che vale la pena vivere questa avventura». Ha imparato a canalizzare le situazioni difficili, essendo consapevole che le cadute servono a crescere, a conoscere meglio se stessi, a riconoscersi deboli e bisognosi dell’aiuto di Dio e ad entrare in empatia con gli altri, diventando sensibili. Inoltre, confessa che attraverso quelle cadute lui riesce a scrivere, guidato dallo Spirito, e a stare vicino a quelli che soffrono, «perché un cristiano che vive tra le nuvole è molto difficile che possa aiutare le persone che vivono sulla Terra. Cioè, abbiamo bisogno di cristiani che assaggino anche ciò che vuol dire cadere e mangiare la polvere, ma che poi parlino anche della misericordia di Dio che ti solleva e ti porta fuori da quel luogo buio, e che ti dice: “Vieni, ti pulisco e continuiamo a camminare”».

Infatti, Grilex si è accorto di un fatto che lo ha conquistato e ha cambiato la sua prospettiva: «Ho capito che il diavolo conosce il tuo nome, ma ti chiama per il tuo peccato, mentre Dio conosce il tuo peccato ma ti chiama col tuo nome». Con questo messaggio di amore e redenzione si è avvicinato principalmente ai giovani, dentro e fuori dalla Chiesa. È ottimista, perché percepisce che la gioventù ha sete di verità, e che lentamente lo Spirito Santo sta agendo tra di loro grandiosamente. «L’amore è il linguaggio del cuore – riconosce –, quindi è vero che molte persone della nostra generazione non capiscono alcune cose perché non si spiegano dal prisma dell’amore». Parliamo inoltre della sfera della sessualità che, dal suo punto di vista, è quella che sta generando le ferite più profonde e la più grande fonte di sofferenze. «Pensi che i giovani siano persi?», gli chiedo. «Credo che la nostra generazione non sia persa, è disorientata, ed è disorientata perché ci stanno vendendo la convinzione che la sessualità, anche se vissuta male, ti soddisfa, mentre l’unica cosa che fa è anestetizzare. La sessualità non è un divieto, è una benedizione, e penso che dovremmo affrontare bene questo discorso all’interno della Chiesa. Se qualcuno mi dicesse: “Non puoi fare sesso prima del matrimonio perché no, perché è un peccato”, io non lo capirei, infatti non lo capivo, finché non mi hanno detto: “Non è perché no, ha un perché e questo perché è basato sull’amore”. Appena lo spieghi da questo punto di vista, tutto cambia».

Ci siamo salutati pochi minuti prima che il suo treno partisse per tornare a Madrid, non senza fare prima una piccola visita al Santissimo. A questo punto, avevo già capito di aver conosciuto una stella.

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