Grecia: il trauma dell’isola di Eubea (Evia)

In questi giorni è scoppiato l’ennesimo incendio nella martoriata isola di Eubea (Evia), l’antica Negroponte dei veneziani. Con una superficie di 3.600 Kmq (220 mila abitanti), l’isola è la seconda in Grecia, la sesta nel Mediterraneo, per dimensioni. Le incantevoli località dell’isola avevano registrato quest’anno prenotazioni da tutto esaurito. Ora è tutto compromesso.
(AP Photo/Lefteris Pitarakis)

Dopo dieci giorni di pressione per i roghi divampati quest’estate, la situazione sembrava stabilizzata nell’isola di Eubea (Evia), in Grecia, grazie allo sforzo di vigili di fuoco greci e di altri Paesi, dei volontari e di molti abitanti, poi due giorni fa il fuoco ha ripreso a divampare, anche se appare sotto controllo. Il triste risultato di questi giorni sono 700mila ettari di boschi devastati dal fuoco, centinaia di case e molte piccole aziende completamente bruciate, e 2mila abitanti senza lavoro anche nei piccoli villaggi dell’interno, dove si produceva un miele molto speciale e apprezzato in tutto il Paese. Molti animali sono morti e per quelli che sono stati salvati mancano i pascoli. La disperazione della gente è perfettamente espressa dalle parole di un giovane di trentanni: «La casa è bruciata, così il bosco e gli animali: non ho più niente, proprio niente. Ci vogliono 30 anni per la rinascita del bosco, quando io ne avrò 60. Devo andare altrove a cercare lavoro». Una delle dolorose conseguenze degli incendi (non certo l’unica) è l’abbandono della terra.

(AP Photo/Michael Varaklas)

La zona costiera dell’isola, inoltre, ha visto bruciare diversi alberghi e quelli che si sono salvati sono rimasti senza i turisti, che sono stati evacuati, mentre chi doveva arrivare ha cancellato la prenotazione. È la seconda estate che si perde, dopo quella bloccata dal Covid, e la tragica ironia è che quest’ estate le prenotazioni raggiungevano il cento per cento della capacità alberghiera.

Nella tragedia, però, la solidarietà è stata grande. La si è vista durante gli incendi quando in aiuto degli abitanti e dei turisti sono accorsi vigili del fuoco greci e stranieri insieme a volontari che sono arrivati da tutte le parti del Paese per salvare vite e beni. È incredibile come in pochi giorni si siano instaurate amicizie profonde. Come quella tra due vigili del fuoco, uno polacco e uno greco. Il greco si è sentito molto obbligato verso il collega polacco, non solo per l’assistenza offerta ma anche per il fatto che il polacco ha lasciato sua famiglia e non ha potuto essere al compleanno di sua figlia per venire in Grecia a salvare il più possibile. «Questo non è un incendio, è un mostro da debellare e non me ne andrò se non lo faccio», ha detto il vigile polacco. Quando è arrivato per lui il momento di partire da Evia per operare in un’altra zona in fiamme, il collega greco gli ha voluto regalare l’unica e più importante cosa che aveva in quel momento, una bandiera greca.

(AP Photo/Lefteris Pitarakis)

Purtroppo non c’è solo la dimensione della solidarietà, c’è anche quella della rabbia che è stata espressa in tv da un abitante quando il suo villaggio bruciava nei primi giorni dei roghi e nessun aiuto arrivava: «Siamo rimasti soli, nessun aereo antincendio, nessun vigile del fuoco, nessun aiuto. Tentiamo di salvare le nostre case, ma vi avverto, politici, non osate venire qui dopo, non osate». Di queste espressioni dure verso il governo ce ne sono state tante. Non è stato solo per il fatto che la Protezione civile abbia sottovalutato i roghi di Evia, ma soprattutto perché si è capito che Evia non era una priorità. La priorità era la capitale, Atene, minacciata da vicino da altri incendi. Ne sono divampati troppi quest’estate in Grecia. Anche nel Peloponneso.

Il dibattito politico imperversa in questi giorni, ma alla gente non interessa tanto chi dice cosa, chiede soluzioni e un piano nazionale di prevenzione e sostegno. Decisioni che sappiano recepire le emergenze ma anche le cause, anche il cambiamento climatico che favorisce questi devastanti incendi.

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