Grecia, tornano i turisti ma la guerra fa paura

Come in molti Paesi europei anche in Grecia si assiste al ritorno dei turisti. E il Paese torna a sperare di recuperare la crisi economica e sociale. Ma con i turisti stanno arrivando anche decine di migliaia di profughi ucraini, accolti dai greci, da sempre legati alle sponde del Mar Nero da profondi vincoli culturali.
Turisti in Grecia (AP Photo/Yorgos Karahalis, File)

I greci si sono finalmente presi la rivincita: approfittando delle vacanze di Pasqua (quella ortodossa cadeva il 24 aprile) e collegandole con il week-end del primo maggio (rosicchiando qualche giorno alle ferie estive), la gente ha letteralmente riempito le isole e la costa settentrionale, in un tentativo di recuperare i mesi particolarmente duri di questi ultimi due anni. Ma dopo lo sfogo, adesso è arrivato il momento di affrontare di nuovo il lavoro e la vita di tutti i giorni. Per recuperare gli effetti della crisi, come si sa, la grande speranza dei greci è il turismo: in effetti dalla metà di aprile l’economia ha ripreso a crescere, superando in molti luoghi ogni più rosea previsione.

Secondo i dati, il ponte di Pasqua è stato uno start importante. L’industria alberghiera ha funzionato quasi al novanta per cento (nelle isole al cento per cento): una boccata di ossigeno per il turismo, gravemente ferito da due anni e mezzo di pandemia.

Sono stati in molti a chiedersi il perchè del massiccio fuori porta pasquale, e la prima spiegazione è stata evidentemente la reazione alle restrizioni per i lockdown. In parte è certamente vero, ma sembra che non sia l’unica spiegazione: l’esodo ha segnato anche un ritorno di fiducia e di speranza. Nell’ultimo anno, infatti, le preoccupazioni della gente erano state aggravate da un costo della vita in continuo aumento (l’inflazione ha superato il 10%) e da una nuova crescita del debito pubblico (ormai oltre il 200% del Pil), accompagnate da un aggravarsi delle preocupazioni di carattere nazionale causate dalle provocazioni turche, che non si limitano più soltanto ad episodiche violazioni delle acque territoriali e dello spazio aereo, ma arrivano al punto di sorvolare regolarmente le isole dell’Egeo.

Inoltre, la guerra in Ucraina provoca tristezza, preoccupazione e rabbia. E se questo accade in tutto il mondo, i greci hanno alcune ragioni in più: a Mariupol la comunità di origine greca arrivava a 150 mila persone, che vivevano soprattutto in 29 villaggi dei dintorni. Di loro non si sa dove siano finiti, a parte qualche famiglia che ha lasciato la città insieme al personale diplomatico del Consolato greco. Mariupol stessa (come il nome di origine greca clascia intendere) era stata fondata da 30 mila greci che si erano trasferiti in quella zona nel 1778 (non è l’unica città in Ucraina con un nome greco: così Sebastopoli, Melitopol, ecc.).

Odessa stessa significa moltissimo per i greci, per molti motivi. A parte la notevole comunità di lingua greca presente nella città, Odessa è associata, nella memoria nazionale, alla rivolta contro il dominio ottomano iniziata nel 1821, che portò all’indipendenza della Grecia. A Odessa venne fondata nel 1814 la Filikì Eterìa (la società degli amici, un’associazione segreta patriottica), che aveva lo scopo di rendere la Grecia uno stato indipendente. L’associazione era composta da giovani greci provenienti da Costantinopoli e da diverse città dell’Impero russo, ma anche da leaders ortodossi di altre nazioni dei Balcani, e da molti intellettuali che hanno immaginato, promosso e sostenuto la rivolta greca contro gli ottomani.

Ma anche prima del 1814 i greci frequentavano Odessa e il Mar Nero per ragioni religiose o attività commerciali. Il territorio era molto ospitale per i greci, considerati “fratelli” dai locali. In più, a Odessa ci sono molte fondazioni e musei greci, come il Museo della Filikì Eterìa, una Fondazione culturale greca e molte altre istituzioni. In altre parole, i greci dell’Ucraina hanno una lunga storia, dalle prime colonie del settimo e sesto secolo a.C. al 1814 e alla storia contemporanea. È quindi più che naturale che i profughi ucraini (quasi 20 mila persone) siano stati accolti e ospitati, negli ultimi mesi, come fratelli.

Non mancano reazioni da parte di alcune Ong e associazioni che commentano in modo negativo la differenza di trattamento tra profughi ucraini e quelli di altre nazioni, o tra profughi bianchi e meno bianchi. E non hanno del tutto torto, ma la mentalità della gente non cambia facilmente. L’importante è che lo Stato tratti tutti i profughi allo stesso modo, perché tutti sono stati costretti a lasciare il proprio Paese ed hanno bisogno, e meritano, solidarietà e sostegno.

Si spera che l’assurdità di questa guerra in Ucraina, che sacrifica la gioventù, distrugge famiglie, strutture, infrastrutture e monumenti culturali, che crea milioni di profughi, finisca al più presto.

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