Grecia, primo governo dopo l’Odissea dell’austerità

Un parere sul percorso condotto dal governo Tsipras a favore di una società più equa e giusta. A  partire dall’aumento dei salari grazie alla reintroduzione dei contratti collettivi, fino alla lotta all’evasione fiscale e all’aumento dei posti di lavoro  
Alexis Tsipras e il presidente della Repubblica Prokopis Pavlopoulos EPA/SIMELA PANTZARTZI

Tsipras ha fatto un rimpasto del governo inserendo 13 nuove persone, per lo più giovani e donne, e ha cercato di allargare le sue alleanze a 360°, affidando le redini del suo partito a un ex ministro testato in mille difficoltà e per di più suo oppositore interno, appartenente all’ala sinistra di Syriza. Sembra che nel maggior partito della sinistra in Grecia, più che le poltrone, contino le idee e la specifica appartenenza a un progetto per ricostruire un Paese fallito e sotto commissariamento dai suoi creditori, subito dopo aver salvato i più deboli con una politica sociale senza precedenti. Di certo se Tsipras e Syriza si fossero piegati nell’estate e nell’autunno del 2015 di fronte a Schauble e ai suoi ortoliberisti, l’Europa avrebbe preso un’altra strada, specialmente per i Paesi indebitati del Sud. Per non parlare dell’invito di Tsipras ai suoi connazionali colpiti e stremati dalla crisi: tutti a salvare le vite delle persone in mare. Alla fine l’unico che ha gradito veramente il suo gesto in Europa è stato un papa venuto dall’Argentina, la persona più autorevole che si è scomodata di andare visitare Lesbos.

Dalle macerie dell’austerità

Ora la Grecia sembra decisa ad “inventarsi una società più equa e più giusta” che venga fuori dalle macerie dell’austerità. Un esempio emblematico: il giorno della fine dei memorandum è ritornata in vigore la contrattazione collettiva, che permetterà tra qualche settimana i primi aumenti dei salari più bassi a tutti i lavoratori con 27 contratti settoriali e 13 contratti di altre mansioni. Una buona notizia per i lavoratori del settore alberghiero, delle banche e del settore marittimo, perché saranno i primi a vedere il loro salario arrivare anche sopra gli 800 euro dallo stipendio minimo dagli attuali 585 euro, il vergognoso tetto a cui lo avevano portato i governi di Samaras e Venizelos negli anni in cui governavano seguendo le “indicazioni” della Troika.

Ma cosa vuole dire questa affermazione e come si colloca nel più ampio quadro non solo europeo?

L’effetto positivo della reintroduzione della contrattazione collettiva può essere stigmatizzata nell’affermazione di Andreas Neferoudis: «Oggi in media nei diversi settori soltanto il 50/60% dei lavoratori rientra nel contratto settoriale, mentre tutti gli altri sono completamente senza protezione. Per questo molti lavoratori prendono 586 euro mentre nei rispettivi contratti settoriali i salari superano gli 800 euro». Dopo la decisione del Consiglio superiore del Lavoro e la convalida della decisione con la firma della ministra del Lavoro, i datori di lavoro saranno obbligati ad aumentare lo stipendio a decine di migliaia di lavoratori.

Nella discussa, discutibile, ma per molti versi non ancora troppo nota vicenda del braccio di ferro tra il governo greco e le istituzioni europee, un aspetto poco conosciuto è quello delle piccole “conquiste” estorte da parte greca rispetto ai contenuti severi delle misure di austerità, imposte dalla più forte controparte. La tattica adottata dai greci fu quella di introdurre qualcosa che avrebbe poi consentito uno sviluppo positivo. Come tanti piccoli cavalli di Troia vennero “piazzati” alcuni elementi, piccole crepe nel muro invalicabile delle condizioni stabilite dalla forte Troika per le erogazioni degli aiuti. La possibilità di reintrodurre la contrattazione collettiva, come alcune dilazioni nei termini di introduzione delle misure più odiose, la maggioranza delle partecipazioni statali nelle aziende erogatrici di servizi pubblici, alcune poco significative concessioni per i creditori bramosi di recuperare i debiti ingenti come pure di far pagare a Tsipras e compagni l’ardire di aver voluto protrarre la trattativa cercando di prendere tempo anziché arrendersi al primo stop.

Da quel momento la sfida dichiarata dal governo greco è stata quella di arrivare al fatidico agosto del 2018 “salvando tutto il salvabile” con “con la società in piedi!”. In Grecia non esiste una casa senza elettricità e acqua, 700 mila persone ricevono il reddito sociale di solidarietà, la metà degli studenti delle elementari e medie inferiori hanno un pasto caldo gratuito al giorno e 2,5 milioni di greci sono rientrati nel sistema sanitario nazionale insieme a tutti gli immigrati e 8 mila tra infermieri e medici assunti. Inoltre lo Stato garantisce i debitori verso le banche private da pignoramenti delle loro case. Il 97% dei mutui sono protetti da pignoramenti. Il governo ha fatto una dura battaglia per cambiare i contratti delle privatizzazioni di porti, aeroporti, ferrovie e altre strutture che aveva venduto il precedente governo di Samaras e Venizelos, mentre difende ancora il carattere pubblico delle società di acqua di Atene e Salonicco e di DEH, la Enel greca. Solo dalla battaglia per la trasparenza dei contratti della costruzione delle autostrade il governo greco ha risparmiato 700 milioni, mentre le liste degli evasori finiscono in coppia duplice… al fisco e alla magistratura.

I dati da conoscere

La lettura di alcuni importanti indicatori economici dimostra che molto è stato fatto.

Secondo i dati del 2017 la disoccupazione è scesa al 19,5%, dal 29% a cui era arrivata nel gennaio del 2015, è stato registrato il più alto livello occupazionale degli ultimi 5 anni, con la creazione di 144 mila nuovi posti di lavoro nel saldo tra lavoratori nuovi e coloro che sono stati licenziati, mentre il numero delle assunzioni totali, cioè il lavoro a tempo indeterminato o fisso, ha registrato un favoloso aumento del 40%, secondo i dati del Sistema Erganis del ministero del Lavoro. Oggi in Grecia si crea più lavoro fisso che precario.

Il ministero del Lavoro ha combattuto una vera guerra contro il lavoro nero o non dichiarato e ora offre la possibilità alle aziende di vedere diminuire le loro multe salate se assumono con contratto a tempo indeterminato i lavoratori in nero.

L’economia reale, secondo stime del governo, crescerà nel 2018 tra il 1,5% – 2% rispetto al 2017. La Commissione europea prevedeva a fine 2017 addirittura un aumento del 2,5% per il 2018. La produzione industriale è in costante crescita come le esportazioni, che corrono a ritmi inimmaginabili, il settore della lavorazione dei prodotti ha raggiunto nel 2017 i livelli più alti degli ultimi 9 anni e mezzo, mentre le entrate dal settore turistico sono aumentate del 12-13% sempre lo scorso anno rispetto al 2016 e per quest’anno le visite dei turisti stranieri saranno almeno tre volte la popolazione greca, superando i 32-33 milioni.

La Grecia si è posizionata al 3° posto in Europa nell’assorbimento degli investimenti offerti dal cosiddetto “Piano Juncker” portando nel Paese 1,7 miliardi dal Fondo europeo di investimenti strategici, mentre ogni fine anno il governo greco distribuisce il surplus di bilancio alle persone più deboli. Per questo fine anno almeno 1,7 miliardi del surplus finiranno a sgravi fiscali per i deboli e la classe media e lo stato sociale.

Moltissime sono le contraddizioni tuttora esistenti e moltissimo quello che c’è da fare dopo la lunga Odissea dal 2010 a oggi. Lo stesso Tsipras nel discorso in cui celebrava simbolicamente da Itaca l’uscita dal memorandum ha ricordato che dal 2010 in Grecia «si è perso il 25% della ricchezza nazionale, 3 persone su 5 sono rimaste senza lavoro (per i giovani 6 su 10), sono state applicate misure di austerità per 65 miliardi di euro, la violenza e l’oppressione sono diventate parte della quotidianità, la democrazia si à svalutata, sono stati fatti diventare primi ministri dei banchieri, e i ministri sono diventati banchieri… un Paese in un continuo stato di emergenza». Ma il popolo greco con la fierezza che lo contraddistingue «non ha mai accettato la sorte che gli avevano preparato i potenti e ha scritto nuove pagine di resistenza».

Naturalmente con grande onestà ha riconosciuto che «nuove battaglie sono ora davanti a noi». Tsipras aveva ripetuto in più occasioni che «non c’è dubbio che abbiamo fatto scelte difficili che non erano le “nostre”, perché le chiavi di sicurezza del nostro Bilancio non appartenevano al governo greco, ma ai nostri creditori». Il giorno della restituzione di quelle chiavi dai creditori diventa un giorno “miliare”.

Quali saranno gli sviluppi prossimi e futuri non è dato saperlo, come detto nel finale del discorso di Tsipras: «Da oggi, partiamo con una visione e una determinazione, per la nuova era del nostro Paese. Con cautela e responsabilità per non tornare alla Grecia dei deficit e del fallimento. Ma anche con l’audacia per la rinascita della Grecia. Per una patria di uguaglianza, di democrazia e di giustizia sociale. Perché Itaca è solo l’inizio».

I memorandum

L’epoca triste dei memorandum è iniziata ufficialmente il 2 maggio del 2010 con l’approvazione da parte dei Paesi dell’Eurozona e del Fondo monetario Internazionale del primo prestito di salvataggio per la Grecia da 110 miliardi di euro, subordinato alla realizzazione di severe misure di austerità. Questo in sintesi il primo memorandum, che traeva origine dalle rivelazioni dell’allora primo ministro George Papandreou della falsificazione dei bilanci greci effettuata per garantire l’ingresso della Grecia nell’Unione europea e dal conseguente allarme circa la solvibilità dello Stato ellenico, questo da parte degli investitori e delle banche in gran misura straniere che avevano interessi a che venissero rispettati gli obblighi del debito sovrano…

Il salvataggio ventilato non solo non si realizzò in alcun modo, ma la situazione economica peggiorò tanto che si arrivò a siglare un secondo memorandum nell’ottobre del 2011, con un ulteriore prestito/debito di 130 miliardi di euro per la Grecia, condizionato non solo dall’attuazione di un altro duro pacchetto di austerità, ma anche dalla decisione di tutti i creditori privati per una ristrutturazione del debito greco, riducendo il peso del debito previsto da un 198% del Pil nel 2012 a solo 120,5% entro il 2020.

Ma la crescita del debito pubblico non si arrestò, come l’aumento dello spread, e il conseguente crescente spettro del default…

All’inizio del 2015 il popolo greco, ferito e colpito dalla distruzione del suo tessuto sociale, dalla disoccupazione che arrivava al 27% (quella giovanile al 50%), con una emorragica immigrazione dei giovani, del rapido impoverimento di gran parte del mondo del lavoro (in una nefasta notte del 2012 venne operata una drastica riduzione del salario minimo del 22% arrivando a un meno 32% della retribuzione per i giovani sotto i 24 anni), dalla perdita del Pil come nei periodi dei tempi di guerra, dalla chiusura dei negozi, delle imprese, dalla perdita di qualsiasi prospettiva per il futuro, volle consegnare il timone della barca al giovane Tsipras e al suo partito Syriza, nato dalla volontà di diverse componenti della sinistra greca di aggregarsi per dare un’alternativa al Paese.

Il 25 gennaio 2015 Syriza ottiene il 36,34% dei suffragi e 149 seggi. Non sufficienti per la maggioranza parlamentare e, come prospettato in campagna elettorale, propone al partito di Anel, partito di minoranza contrario all’austerità imposta alla Grecia dai memorandum, l’alleanza di governo. Da quel momento è iniziato un percorso a dir poco in salita per provare a impostare un diverso rapporto con le istituzioni europee per ribaltare la bilancia dei rapporti di forza.

La Grecia si sottrae alla restituzione di un prestito al Fmi, in scadenza a fine giugno 2015 e con il novello governo entra nel tunnel delle trattative concitate per ottenere nuovi aiuti e una decurtazione del debito. La Bce smette di erogare credito alla Banca centrale greca. Le conseguenze sono immediate: le banche chiudono gli sportelli, i prelievi vengono contingentati (massimo 100 euro prelevati tramite bancomat, a parte poche eccezioni).

Tsipras decide di ridare la parola al popolo, agisce la democrazia per la seconda volta nello stesso anno. È un rischio. Non fa calcoli, nel referendum di luglio la popolazione greca, esasperata, vota contro il piano presentato dai creditori. Su questo passaggio molto potrebbe essere detto e tanti i punti di vista da cui affrontare la questione, ma l’aspetto dal quale non si può prescindere è che nel mandato espresso a Tsipras era comunque compreso quello di rimanere dentro l’Euro.

La trattativa con i partner europei sfocia infine nell’accordo siglato nella notte fra il 12 e il 13 luglio 2015, Tsipras e i creditori raggiungono finalmente un accordo, il terzo terribile memorandum (per molti una vera e propria rappresaglia perché ancora più severo e aspro delle misure rispetto al testo respinto al mittente dai greci nel referendum). Da quel momento, dopo aver affrontato una spaccatura all’interno di Syriza, inizia l’avventura di governo con la doppia sfida di “rialzare in piedi la società” traghettando la Grecia fuori dall’epica crisi economica.

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