Grecia, dopo gli incendi cresce la rabbia
Giovedì sera il vice ministro della Protezione civile, il capo dei vigili di fuoco e altri ufficiali governativi, nel corso di una conferenza stampa straordinaria, hanno cercato di convincere la popolazione greca che gli incendi che hanno provocato quasi 90 morti e innumerevoli danni alle porte di Atene fossero dolosi, senza tuttavia presentare le prove. Non hanno assunto nessuna responsabilità politica, non hanno chiesto scusa e nessuno si è dimesso.
Poche ore prima della conferenza stampa, mentre il bilancio delle vittime continuava a salire e mentre perfino i medici legali si dicevano scossi da quello che hanno visto, il ministro della Difesa Kammenos ha visitato Mati e ha parlato con alcuni abitanti, che si sono lamentati per la mancanza di meccanismi di prevenzione e di gestione dell’emergenza. Una donna ha gridato: «Ci avete abbandonato, ci avete lasciati bruciare come topi».
Quando un cittadino gli ha fatto notare che c’è stato un grave ritardo nell’arrivo delle navi a Kokino Limanaki per salvare gente che era stata costretta a nuotare per ore, il commento poco felice del ministro è stato: «Ma solo cinque sono annegati». E poi ha accusato i cittadini stessi di «avere costruito case abusive nei boschi».
Le parole del ministro lasciano francamente perplessi, anche perché non è normale che sia stata una giornalista a trovare il primo corpo carbonizzato e che sia stata una rete televisiva a sollecitare l’intervento di proprietari di barche e piccole navi per salvare la gente che nuotava da ore. Come non è normale che sempre la stessa rete televisiva abbia dovuto coordinare l’aiuto offerto dai cittadini. D’altra parte è vero che la maggior parte delle case rimaste distrutte era abusiva, ma qualcuno aveva pur allacciato luce, acqua e telefono, il che vuol dire che le autorità avevano riconosciuto de facto la loro legalità, facendo tra l’altro pagare tasse salatissime.
È ugualmente vero che l’estrema austerità che la Troika ha imposto alla Grecia abbia avuto conseguenze sulle diverse strutture dello Stato, costringendo a forti riduzioni di budget, mezzi e personale. Ma questo non giustifica i ritardi e la mancanza di coordinamento nei soccorsi.
Mati stava in quel posto da decenni, con tutte le sue complessità, ma non era mai stata colpita dal fuoco, nonostante i numerosi incendi scoppiati a Penteli. A Mati abitavano persone che con molti sforzi e sacrifici aveva costruito una casa, che la maggior parte di essa usava come casa principale e non di vacanza, visto che per Atene ci vogliono appena 45 minuti. Poi, negli anni Settanta, artisti, industriali e commercianti hanno costruito le loro ville a meno di cento metri dal mare, bloccando di fatto le vie di fuga, ma la stragrande maggioranza degli abitanti di Mati appartenevano alla classe media. Ora la cittadina è una città-fantasma, si sente la morte nell’aria e si capisce che non sarà possibile per i sopravvissuti, ricostruirsi lì una casa e una vita.