Grecia. Chi aiuta il popolo “fratello”?

Sono costretti ad acquistare armi invece del pane, mentre la speculazione impazza. Possiamo restare indifferenti?  
Grecia crisi

«Stessa faccia, stessa razza», è il detto popolare che esprime la fraternità esistente tra greci e italiani. Lo dice bene il testo di una canzone di Pythagoras Papastamatiou, che descrive i corpi senza vita di un barbiere napoletano e di un pescatore greco di Etolia, chiamati sotto le armi in quella guerra scatenata, nel 1940, dalla minaccia illusoria del regime mussoliniano di «spezzare le reni alla Grecia».

All’inizio del 2012 il «popolo fratello» è di nuovo sotto attacco, perché costretto a ridursi in povertà per onorare gli interessi del debito pubblico, detenuto in gran parte da mani straniere. Le cronache finanziarie assomigliano sempre più a quelle criminali, come prova il servizio di Claudio Gatti ne Il sole 24 ore del 19 gennaio 2012, in cui è descritta senza veli la spietatezza del fondo speculativo Marathon asset management, con sede nel cuore di Manhattan, che gestisce capitali per miliardi di dollari, non per investire in progetti, ma solo per scommettere sui mercati.

Uno di quei «fondi avvoltoi» tra i tanti, che hanno «conseguito i profitti più spettacolari a seguito di alcuni dei più grandi disastri finanziari della storia». E ora è tutto concentrato sul destino del Paese ellenico, scommettendo sul suo fallimento come opportunità di guadagno. Afferma una fonte anonima di un hedge fund: «Può sembrare impietoso, ma della Grecia, dei greci, e del futuro dell’euro, non importa a nessuno qui. È un investimento come ogni altro: conta solo uscirne con un congruo bottino».

Non diversamente da questi soggetti privati che restano impuniti, è noto che anche i vertici di grandi nazioni europee, come la Francia e la Germania, hanno imposto da anni ai governi greci l’acquisto di materiale bellico in cambio del consenso a nuovi prestiti, concessi a una nazione agonizzante. Lo denunciano, inascoltate da anni, le organizzazioni sul disarmo e lo aveva gridato nel giugno 2010 in pieno Parlamento europeo il verde Cohn-Bendit.

Finalmente, sul Corriere della Sera del 13 febbraio 2012, è apparsa, con la firma di Marco Nese, la ricostruzione, con citazione di altre fonti internazionali, di questo vero e proprio atto intimidatorio, che palesa sempre di più lo scandalo di chi è costretto a comprare carri armati al posto del pane e delle medicine.

Invece di solidarizzare con una Nazione colpita da un cataclisma finanziario che si sta rivelando peggiore di ogni evento atmosferico, finora dall’Italia sono arrivate numerose dichiarazioni rassicuranti, nel senso di marcare la nostra differenza nei confronti della Grecia, fino a magnificare, puerilmente, l’aspetto anglosassone dei nostri nuovi governanti. Probabilmente non è altro che un moto di difesa dettato da una paura che vorrebbe poter cambiare anche le caratteristiche genetiche.

Viene da chiedersi: e se, nel pieno della disperazione, i greci cominciassero a utilizzare le armi acquistate a forza, contro chi si alzerebbero in volo i nostri caccia bombardieri? A quali ordini dovrebbero obbedire? Domande che sembrano assurde ma che, per essere davvero scongiurate, richiedono la riscoperta della fraternità  rimossa per quell’azione politica che sta alla base dell’idea di Europa.

Ελληνες κι Ιταλοί, μία φάτσα, μία ράτσα – Stessa faccia, stessa razza-.
   

 

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