Grazie Teresa di Calcutta

Teresa santa dei nostri giorni, santa con le mani in pasta, santa senza aureole. Continueremo a chiamarla Madre Teresa
Madre Teresa

Ci sembra di vederla, nascosta nel suo sari bianco a righe blu, il suo corpo minuto e curvo, il volto sorridente solcato dalle rughe, che si schermisce, quando papa Francesco pronuncia la certificazione che la iscrive nel libro dei santi. «Se mai diventerò una santa, sarò una santa "dell’oscurità" – ebbe a dire un giorno –; sarò sempre assente dal Paradiso per accendere la luce di coloro che sono nell’oscurità sulla terra». Senz’altro anche domenica scorsa Santa Teresa l’avranno cercata in Paradiso, ma lei si sarà assentata pure nel giorno della festa tutta per lei. Sarà stata impegnata in qualche anfratto sperduto di questo mondo a dispensare la misericordia di Dio. Sarà stata impegnata a dare accoglienza e a difendere la vita umana, quella più abbandonata e scartata. Come durante la sua vita si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato. «Ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini – dinanzi ai crimini! – della povertà creata da loro stessi. La misericordia è stata per lei il “sale” che dava sapore a ogni sua opera, e la “luce” che rischiarava le tenebre di quanti non avevano più neppure lacrime per piangere la loro povertà e sofferenza», ha detto papa Francesco nell’omelia della canonizzazione.

 

Teresa, umile e fragile creatura che ha parlato ai potenti, che parla tutt’oggi con la sua sola presenza. Teresa esempio di semplicità disarmante e di forza sconcertante. Teresa santa dei nostri giorni, santa con le mani in pasta, santa senza aureole, ma con le mani e il corpo consumato dalle sue instancabili opere di misericordia. È il fiore più bello dell’Anno santo della misericordia. Un fiore rigoglioso, non una statua nella nicchia. Perdonaci Teresa, ma non vorremmo vederti in una nicchia, illuminata da un faretto, in una navata di una chiesa. No, Teresa per noi tu sarai sempre un fiore, mischiato tra i germogli e le erbacce. Un fiore che tutti cercheremo, per il tuo profumo. Per la tua bellezza. Un fiore a cui guarderemo, quando le erbacce ci soffocheranno, un fiore il cui profumo ci darà la forza per risanare, curare, abbellire l’umanità più misera e nascosta. Piazza San Pietro domenica era il giardino della creazione colorato di una bellezza unica, dove non esistevano distinzioni di razza, di cultura, di credo. C’era un campionario dell’umanità intera, segno che la santità vera va ben al di là dei confini ecclesiali.

 

La vera santità del XX e XXI secolo è in effetti laicissima. E ha ragione Bergoglio quando afferma: «Penso che avremo difficoltà a chiamarla santa Teresa: la sua santità è tanto vicina a noi, tanto tenera e feconda che spontaneamente continueremo a dirle Madre Teresa. Continueremo a chiamarla Madre Teresa». E se ci permetti Teresa una piccola raccomandazione te la vogliamo fare: non stare mai per periodi troppo lunghi in Paradiso. No, assentati pure sovente per tornare spesso ad accendere la luce di coloro che sono nell’oscurità sulla terra.
 

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