«Grazie Napoli, la città è pronta a risorgere»
Più che una visita è stato un tour de force. In una sola giornata, in appena 11 ore, Francesco ha visitato Pompei e Napoli, soffermandosi, per i saluti ufficiali, con le autorità politiche e religiose, e incontrando decine di migliaia di persone provenienti da tutta la Campania. Venuto su invito, e sotto "minaccia" del cardinale Crescenzio Sepe, come ha spiegato scherzando, il papa ha saputo parlare al cuore dei napoletani.
Gioioso, dolce, coinvolgente con le parole e con i gesti, Francesco non ha rinunciato a sottolineare le tante storture da raddrizzare (criminalità, sfruttamento e lavoro nero, corruzione…), ma anche i tanti punti di forza della città. «La vita a Napoli – ha detto a Scampìa (nella foto) – non è mai stata facile, però non è mai stata triste! È questa la vostra grande risorsa: la gioia, l’allegria. Il cammino quotidiano in questa città, con le sue difficoltà e i suoi disagi e talvolta le sue dure prove, produce una cultura di vita che aiuta sempre a rialzarsi dopo ogni caduta, e a fare in modo che il male non abbia mai l’ultima parola. Questa è una sfida bella: non lasciare mai che il male abbia l’ultima parola».
«Napoli – ha sottolineato Francesco, che domenica ha ringraziato la cittadinanza durante l'Angelus – è sempre pronta a risorgere, facendo leva su una speranza forgiata da mille prove, e perciò risorsa autentica e concreta sulla quale contare in ogni momento. La sua radice risiede nell’animo stesso dei napoletani, soprattutto nella loro gioia, nella loro religiosità, nella loro pietà! Vi auguro che abbiate il coraggio di andare avanti con questa gioia, con questa radice, il coraggio di portare avanti la speranza, di non rubare mai la speranza a nessuno, di andare avanti per la strada del bene, non per la strada del male, di andare avanti nell’accoglienza di tutti quelli che vengono a Napoli da qualunque Paese: siano tutti napoletani, imparino il napoletano che è tanto dolce e tanto bello! Vi auguro di andare avanti nel cercare fonti di lavoro, perché tutti abbiano la dignità di portare il pane a casa, e di andare avanti nella pulizia della propria anima, nella pulizia della città, nella pulizia della società perché non ci sia quella puzza della corruzione!».
Dopo Scampìa, dove Francesco ha anche parlato di accoglienza dei migranti e dei senza fissa dimora, la "papa mobile" lo ha portato nel cuore della città, per la messa in piazza del Plebiscito, dove – circondato dai gonfaloni dei comuni campani e da una rappresentanza dei "battenti" che il lunedì in Albis vanno in pellegrinaggio al santuario della Madonna dell'Arco – ha supplicato i criminali di convertirsi.
Poi c'è stato il pranzo con i detenuti del carcere di Poggioreale, nella periferia orientale. Ai carcerati, Francesco ha detto: «A volte capita di sentirsi delusi, sfiduciati, abbandonati da tutti: ma Dio non si dimentica dei suoi figli, non li abbandona mai! Egli è sempre al nostro fianco, specialmente nell’ora della prova; è un Padre "ricco di misericordia" (Ef 2,4), che volge sempre su di noi il suo sguardo sereno e benevolo, ci attende sempre a braccia aperte. Questa è una certezza che infonde consolazione e speranza, specialmente nei momenti difficili e tristi. Anche se nella vita abbiamo sbagliato, il Signore non si stanca di indicarci la via del ritorno e dell’incontro con Lui».
Dopo il pranzo, di nuovo in centro per l'incontro con il clero, i religiosi e i ministri straordinari nel duomo. E lì, tra le strade dei presepi e il quartiere Forcella, una periferia esistenziale nel cuore di Napoli, papa Francesco ha condannato la mondanità, l'affarismo, il "terorismo delle chiacchiere" che può diffondersi tra i consacrati. Non sono mancati sorrisi, come quando è stato circondato dalle suore di clausura, né l'emozione dello scioglimento parziale del sangue di San Gennaro.
Pochi minuti, e di nuovo in auto, per spostarsi, qualche centinaia di metri più in là, nella chiesa del Gesù nuovo, dove ci sono le reliquie di Giuseppe Moscati, il medico santo. Anche l'incontro con gli ammalati è stato commovente e papa Francesco ha dedicato le sue parole non solo ha chi ha ferite fisiche, ma anche a chi ha una malattia nel cuore, nell'anima, nello spirito.
«Si può avvicinare una malattia – ha detto Bergoglio – soltanto in spirito di fede. Possiamo avvicinarci bene a un uomo, a una donna, a un bambino, a una bambina, ammalati, soltanto se guardiamo a Colui che ha portato su di sé tutte le nostre malattie, se ci abituiamo a guardare il Cristo Crocifisso. Lì è l’unica spiegazione di questo “fallimento”, di questo fallimento umano, la malattia per tutta la vita. L’unica spiegazione è in Cristo Crocifisso. A voi ammalati – ha aggiunto il papa – vi dico che se non potete capire il Signore, chiedo al Signore che vi faccia capire nel cuore che siete la carne di Cristo, che siete Cristo Crocifisso fra noi, che siete i fratelli molto vicini a Cristo».
E infine, ancora in auto verso un lungomare affollatissimo di giovani, anziani e famiglie per il saluto finale: «Ai giovani ripeto: non perdete la speranza di andare avanti sempre. Agli anziani: portate avanti la saggezza della vita; gli anziani sono come il buon vino quando invecchia. E il buon vino ha qualcosa di buono che serve sia ai giovani che agli anziani. Giovani e anziani insieme: i giovani hanno la forza, gli anziani la memoria e la saggezza».
Complessivamente, la visita è stata un successo organizzativo della diocesi partenopea, che ha gestito senza intoppi i tanti appuntamenti di concerto con la macchina operativa vaticana. Certo, è stato necessario un ritocco al programma, con l'annullamento dei concerti previsti a Scampìa e al Plebiscito e finanche del saluto finale con i fuochi d'artificio, in omaggio alla sobrietà che distingue questo papa. Un pontefice che, in città, ormai viene considerato "uno di noi!".