Grazie Francesco Nuti!

Ci lascia a soli 68 anni un attore e autore di un cinema semplice e grande, dal tocco inconfondibile e immortale
Francesco Nuti
Francesco Nuti in una scena del film "Tutta colpa del Paradiso", 1985. (Foto di: Fabio Matteo, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=4848350)

Se un autore cinematografico si riconosce dal tocco, dalla capacità di pennellare cinema in modo inconfondibile, facilmente riconoscibile e inimitabile, allora Francesco Nuti autore lo è stato: con la sua comicità stralunata, sospesa, malinconica e sottilmente poetica, modellata dal suo fiorentino ammaliante, dai suoi silenzi e dai suoi sorrisi irresistibili, dalle sue canzoni e dai suoi monologhi surreali, a volte folleggianti, dalle sue espressioni smarrite, dolci o inquiete.

Autore lo è stato, in qualche modo, accompagnato spesso da attrici molto brave, anche per la tematica dei sentimenti, per il rapporto uomo/donna in coppia spalmato nei suoi film: faticoso, appassionato, difficile. Autore lo è stato alla stregua di Troisi, Benigni e Verdone: inseparabili compagni di un viaggio in parallelo dentro quel nuovo cinema italiano degli anni ’80 sospeso tra comico e commedia. Un cinema semplice e grande, ormai diciamolo pure senza tentennamenti, seppure diverso dalla commedia all’italiana allora in crisi irreversibile. Non tanto suo erede, quanto suo (più) degno sostituto, grazie al talento limpido e profondo dei suoi 4 cavalieri solitari, tanto distanti, per caratteristiche espressive, quanto simili nel produrre un cinema con loro straordinariamente al centro.

Cavalli di razza uniti anche dall’essere, chi più chi meno, influenzati dall’esperienza televisiva. Quella di Non stop, per esempio: il mitico programma Rai di Enzo Trapani, dove Francesco Nuti, scomparso ieri a 68 anni, dopo una lunghissima e dolorosa malattia, dopo tanta sofferenza, passò col trio dei Giancattivi, alla fine degli anni ’70. Aveva accanto Athina Cenci e Alessandro Benvenuti, coi quali tempo dopo incontrò il cinema col film A Ovest di Paperino (1981): la giornata di tre tizi spaesati in giro per Firenze.

Dopo quell’avventura Nuti si mise relativamente in proprio, esordendo – attraverso il sostegno alla regia di Maurizio Ponzi – col folgorante Madonna che silenzio c’è stasera (quello della canzone “Puppe a pera”), seguito da Io, Chiara e lo scuro (1982), sul mondo del biliardo, che valse a lui e alla protagonista femminile, Giuliana De Sio, il David di Donatello e il Nastro d’argento. Arrivarono uno dopo l’altro ulteriori successi: Son contento (1983), Casablanca Casablanca (1985), di nuovo sul biliardo amato dall’autore, e l’incantevole Tutta colpa del paradiso, diretto dallo stesso Nuti sul tema di una sofferta e complessa paternità: gioiellino tra i monti, con lo stambecco bianco, il piccolo Lorenzo, la bravura di Ornella Muti e la bellissima canzone originale Lovelorn man, scritta dal fratello Giovanni Nuti. Anche Stregati, il film successivo, aveva Ornella Muti al fianco di Francesco e una bella canzone scritta da Giovanni. C’era anche Novello Novelli, caratterista fedele, spalla preziosa dell’attore nato a Prato. A lui Caruso Pascoski (protagonista di un altro film di successo di Nuti) chiedeva tre volte di dargli “un bacino”, e lui, presenza immancabile, c’era anche nel costosissimo, sofferto, ambizioso e deludente OcchioPinocchio, uscito, dopo un lunghissimo tempo di lavorazione, nel 1994.

La strada da allora non fu più luminosa, il declino sempre più concreto, la depressione in agguato. Fino alla caduta del 2006: l’incidente domestico che gli procurò il coma e serie conseguenze neurologiche. Oltre le cadute e oltre il dolore personale, rimane oggi, e rimarrà domani, il suo cinema ancora vivo e godibile, il misto di gag e sentimenti,di brillantezza e mestizia, di genio e tenerezza di Francesco Nuti: il suo touch, appunto, la sua autentica e immortale autorialità.

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