Grazie a un piede rotto
Quando un piccolo incidente che ci cambia i programmi risulta un bene.
Quella mattina si era deciso di andare al parco in bici con i nostri quattro nipotini, quand’ecco che al via il mio piede scivola sul pedale e trova il vuoto; cadendo, ho provato un dolore terribile al piede. Speravo che fosse solo una brutta storta, ma poi al pronto soccorso si è evidenziata una rottura del metatarso e della caviglia: quindi gambaletto e niente appoggio del piede per terra.
Non più autosufficiente e invasa da un senso d’impotenza, cercavo di offrire a Gesù ogni momento difficile. La Parola di vita di quel mese era: «Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine». Per metterla in pratica, cercavo di pesare il meno possibile sui miei, dando una mano in cucina per quello che potevo e cercando di non lamentarmi quando il dolore era più forte e il caldo insopportabile.
Finalmente ai primi d’agosto ho tolto il gambaletto, ma anche con le stampelle soffrivo; inoltre c’era da scoraggiarsi di fronte alle faccende di casa che non riuscivo a sbrigare. Ma la nuova Parola di vita – «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» – mi ricordava che avevo un Padre che sapeva ciò di cui avevo bisogno; e quando persone amiche venivano a offrirmi il loro aiuto, lo sentivo come risposta a quel cercare di vivere bene il momento presente, l’unico che mi apparteneva.
Intanto proprio grazie a quella immobilità forzata, avevo più tempo e calma per riallacciare rapporti per telefono o via email con tante persone. Spesso, dimenticando le mie difficoltà per accogliere quelle di altri, scoprivo quale “dono” potevo essere per loro.
Con le terapie il piede ha preso a muoversi un pochino, anche se fare le scale e camminare risultava ancora penoso. Sempre incoraggiante la Parola, che a settembre era: «Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime». Talvolta, infatti, davanti alla preoccupazione che non avrei camminato più come prima, dovendo così rinunciare alle gite in montagna, reagivo con un atto di fiducia in Dio.
Lentamente miglioravo. Finalmente ho ripreso a guidare la macchina, ma camminavo zoppicando. In novembre la Parola di vita faceva l’esempio del cammello che passa attraverso la cruna di un ago più facilmente del ricco che vorrebbe entrare nel regno dei cieli. Ne ricevevo un forte stimolo per rimanere nel “raggio” dell’amore di Dio, staccandomi dal mio io e da tanti attaccamenti.
Ora che sto bene ringrazio Dio per l’esperienza fatta: proprio quando sono stata costretta a “fermarmi”, mi sono sentita condotta per un cammino interiore che mi ha permesso di conoscerlo e amarlo di più.