Grandi mostre a Firenze

Due esposizioni da non perdere nella città toscana

Dialoghi fra antico e moderno

È la caratteristica della rassegna in cui Wolfgang Laib, uno dei maggiori esponenti attuali della ricerca artistica, dialoga con i grandi maestri del passato, da Brunelleschi ad Alberti, da Benozzo Gozzoli all’Angelico. Nel centro storico cittadino egli dà vita ad un percorso molto originale.

Laib ha uno stile minimale, raffinatissimo, fondato sulla luce, realizzato con materiali naturali come la cera d’api, il polline, installati in quattro luoghi mitici: il Museo di san Marco, la Cappella dei Magi in Palazzo Medici, la Cappella Rucellai in san Pancrazio e la Cappella Pazzi in Santa Croce.

La voce di Laib, preziosa, esprime la poesia delle piccole cose, dell’essenziale ed ha la qualità di non stonare mai con l’ambiente dove si pone. Penso alla cella in san Marco con la minuscola piramide di polline o all’interno della cappella di Benozzo con i suoi affreschi festosi.  La scultura “materica” di Laib è un raggio di luce, un piccolo sole che nella sua minimalità attira subito l’attenzione come qualcosa di vitale che non è materia, non è sostanza vegetale, ma espressione di una luminosità grande racchiusa nel piccolo. Si potrebbe dire che il dialogo di Laib con i grandi maestri è un colloquio costante di luci fra di loro. Quelle degli affreschi o delle tavole e quella fresca, solo anima, del nostro poeta. Perché di poesia si tratta, quella di uno dei creatori più puri della contemporaneità.

Without Time, Without Place, Without Body. A cura di Sergio Risaliti. Fino al 26 gennaio.

 

aretinoDa un artista molto spirituale ad un grande letterato nella rassegna agli Uffizi su Pietro Aretino e l’arte del Rinascimento.

Oggi sarebbe un politologo, un polemista, un opinionista su tutto. Nel secolo XVI, Pietro da Arezzo, pittore mancato, divenne con la sua penna “il flagello dei principi” e di quanti non la pensassero come lui.

Ne seppe qualcosa addirittura il “divino” Michelangelo che non tenne in conto i suoi consigli artistici e divenne una vittima della sua penna terribile.

Tiziano invece, più astuto, fu celebrato da lui al massimo grado, umiliando ferocemente ad esempio il “rivale” Lorenzo Lotto, e aprendogli la strada verso i potenti, da Paolo III a Carlo V.

Ecco perché in mostra campeggia il ritratto che il Vecellio gli fece: una figura grandiosa, lo sguardo aperto al futuro in dialogo con i grandi uomini solamente, pronto a parlare e a scrivere. Di tutto: dai sonetti erotici alle lettere ai potenti, dalle opere devote all’intrigo per diventare cardinale.

Aretino annusava il vento della fama e vi si immergeva nella sua direzione. Certo poteva essere un uomo pericoloso ma aveva fiuto culturale e gusto sicuro. Ecco il motivo per cui in mostra sfilano opere di Sebastiano del Piombo (il superbo ritratto di Clemente VII), Raffaello (Ritratto di giovane donna), Parmigianino, Tintoretto, Pordenone, Schiavone, Giulio Romano e poi libri, disegni, sculture antiche.

Tutto il Rinascimento maturo del secolo XVI i n qualche modo è racchiuso in questo personaggio imponente fisicamente e culturalmente.

Divenne il “segretario del mondo”, si considerava quasi un “oracolo della verità”. Ha preceduto i grandi opinionisti del nostro tempo.

Fino al primo marzo (catalogo Giunti) A cura di Anna Bisceglia, Matteo Ceriana, Paolo Procaccioli.

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