Grandi direttori a Roma

La Bohème al Teatro dell’Opera al Circo Massimo.

La stagione estiva del Teatro dell’Opera al Circo Massimo sta proseguendo con La Bohème. Ma ci sono stati due eventi di cui è indispensabile raccontare. Due grandi bacchette, il coreano Myung-Whun Chung e il nostro Donato Renzetti si sono susseguite, rispettivamente nella Messa da Requiem di Verdi e nella Madama Butterfly di Puccini. Nei giorni in cui Riccardo Muti, star internazionale italiana, viene festeggiato giustamente per i suoi 80 anni, è bello constatare che insieme a lui esistono altri grandi interpreti, capaci di dare vita a musiche note, eppure sempre nuove, se chi se ne occupa ha l’anima ancora fresca.

Quando Chung, dal bellissimo gesto calmo e sobrio, attacca le prime note, così soffuse di implorazione, del Requiem è come si aprisse il sipario della vita umana. Il teatro drammatico verdiano, fatto di accesi contrasti chiaroscurali, si dipana dall’implorazione allo scatenamento tempestoso del lungo Dies irae, passa dal Libera me affannoso al finale sospeso come sulla porta di un cielo.

Certo, il Dio di Verdi è più simile ad una terribile divinità di cui aver terrore, e la paura della condanna finale e del giudizio attraversa l’opera. Sembrerebbe l’uomo solo davanti a qualcuno di tremendo che angoscia, ma Verdi sa aprire spiragli di dolcezza infinita, squarci di luce consolante, come ad esempio nella trasfigurazione dell’Offertorio, nel brano “Hostias” o nella compassione universale della processione umana del Lacrimosa, anche se le durissime parole mute “nihil”, “mors”, ripetute, fanno pensare ad un autore dalla fede oscillante fra speranza e terribilità, ancora non risolta.

Una simile partitura necessita di concentrazione assoluta e Chung per primo la vive, ascoltando una orchestra fatta docile al suo debutto romano, ora pastosa ora tesissima e un quartetto di solisti, tra cui emerge la straordinaria limpidezza del soprano Krassimira Stoyanova, insieme al mezzosoprano Daniela Barcellona, al basso Michele Pertusi e al tenore Saimir Pirgu, quest’ultimo ormai voce di lirico-spinto, un po’ affaticato nei brani più delicati. Coro splendido, esecuzione nel silenzio del pubblico – non dei veicoli, purtroppo –, e gran merito della direzione misurata, energica ma anche soffice, del maestro coreano.

I tre atti di Madama Butterfly, la geisha giapponese Cio-cio-san sposa ingannata dall’avventuriero americano Pinkerton, sono parte del repertorio lirico internazionale da oltre un secolo. Ripresentarla ancora una volta, è perciò sempre una sfida. Tanto più che la regia di Alex Ollé (La Fura dels Baus) oscillante tra schermo, allestimento contemporaneo e tradizione potrebbe sciupare la delicata tragedia della vittima d’amore quale è Butterfly “tenue farfalla”.

La musica pucciniana si è fatta raffinatissima, quasi frange la melodia, i leit-motiv in mille pulviscoli, l’orchestra è ricca di sfumature udibili solo ad un ascolto attento ad una concertazione precisa e dedita ai “passaggi” quale è quella di un maestro come Donato Renzetti, capace di sollevare e abbassare il suono dell’orchestra per unire l’atmosfera agrodolce del dramma al femminile ad una sonorità, anche vocale, di brevi incisi melodici, di un canto di conversazione declinato in modo oscillante e a sinuosità orientaleggianti tra il vaporoso e l’ambiguo.

Partitura quindi difficile, allestimento e regia però equilibrati nel rapporto modernità-tradizione, cast all’altezza, in particolare il soprano Corinne Winters, cantante-attrice di pungente qualità, cosa rara, insieme allo squillante tenore Saimir Pirgu, alla bella voce di Andrzej Filòczyk (Sharpless) e di Adriana Di Paola (Suzuki). Spettacolo davvero bello, direzione calma, gesto musicalissimo di Renzetti, in linea con il mondo femminile pucciano di dolore-amore,sospiro-gioia.

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