Grandezza di Bisanzio

L’antica capitale dell’Impero romano d’Oriente ha lasciato tracce indelebili nella Istanbul di oggi e nella civiltà europea. Una vicenda millenaria ora riproposta da un illustre storico piemontese
Istanbul © Michele Zanzucchi 2004

Avevo 22 anni ed era la prima volta che uscivo dai confini dell’Italia con alcuni miei coetanei. Una delle tappe del nostro avventuroso viaggio in pullmino era Istanbul, la favolosa Bisanzio, poi Costantinopoli fino alla conquista ottomana del XV secolo. Il breve soggiorno in questa megalopoli ancora europea ma con caratteri più orientali non aveva tanto uno scopo turistico, anche se non mancammo di visitare la basilica-museo di Santa Sofia, eretta da Giustiniano tra il 532 e il 537; la vicina Moschea Blu, voluta dal Sultano Ahmed I e terminata nel 1616; e la piazza Sultanahmet, sito dell’antico ippodromo con l’obelisco di Teodosio. Volevamo infatti conoscere e portare il saluto di tanti nostri amici rimasti in Italia ad una personalità della Chiesa cristiana ortodossa che in quegli anni – era la fine dei Sessanta – si segnalava tra i leader religiosi mondiali per aver dedicato l’intera vita alla causa dell’unità delle Chiese e della pace tra i popoli: il patriarca ecumenico Atenagora I.

Gli rendemmo visita nella sua residenza presso la chiesa di San Giorgio al Fanar, quartiere storico di Istanbul affacciato sul Corno d’Oro. Lo studio nel quale ci accolse era già affollato da altri gruppi di visitatori. Di Atenagora subito ci affascinarono la ieratica figura in tonaca nera, la fluente barba bianca, gli occhi penetranti che esprimevano ben più delle parole che ci venivano tradotte, ma anche la semplicità e l’affetto con cui si rivolgeva ai presenti, tra i quali il patriarca sembrava privilegiare proprio noi venuti dall’Italia: aveva infatti un amore speciale per i giovani, futuro di un mondo che egli sperava migliore e più fraterno. Fu tale l’impressione suscitata in noi da questo profeta dei nostri tempi da far sbiadire tutte le meraviglie viste e intraviste a Istanbul, città riassunta in una sola persona che sembrava esserne l’anima: Atenagora I.

Da allora il fascino di questa metropoli che fu crocevia del mondo per più di mille anni, faro di cultura e punto d’attrazione per diversi popoli con lo splendore dei suoi monumenti e le ricchezze dei suoi commerci e delle sue industrie, ha continuato a lavorare in me nel profondo. Alimentato non più dalla conoscenza diretta (non sono più tornato a Istanbul), ma dai reportage in video o stampati e dai libri. E proprio un libro, ultimamente, ha ravvivato in me il ricordo di quella lontana visita: Bisanzio. Storia di una civiltà, pubblicato da Odoya. L’autore Francesco Cognasso (1886-1986) è stato uno dei maggiori medievisti italiani, che alla puntuale ricostruzione storica univa l’attraente stile narrativo.

In questo volume di oltre 500 pagine, la cui prima edizione risale al 1976, lo studioso piemontese ripercorre le vicende della Nuova Roma di Costantino, custode imbattibile per ben undici secoli dei princìpi del neonato cristianesimo in opposizione alla violenza barbarica, per poi soccombere davanti agli invasori turchi. Ma la scomparsa nel 1453 della capitale imperiale avrebbe lasciato in eredità all’Occidente, nel Rinascimento italiano ed europeo, lo spirito della filosofia platonica, e in Oriente la fede per il mondo slavo e russo.

L’opera di Cognasso non considera soltanto il succedersi, spesso turbinoso, di regnanti, intrighi di corte, dispute teologiche e battaglie, ma ci fa rivivere anche gli usi e costumi di Bisanzio, la sua magnifica arte che possiamo ammirare ancora nella odierna Istanbul, il vivere sociale di una metropoli che per la sua posizione strategica sul Bosforo è stata sempre “di confine”, in grado di evocare la grandezza romana e al contempo di incontrare civiltà arabe e slave con una capacità di integrazione culturale che non ha pari nel corso della storia.

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