Grande danza in estate
La danza torna sempre grande protagonista dell’estate sui palcoscenici della Penisola. Come al Festival di Spoleto dove si è esibito l’Alonzo King’s Lines Ballet. Creata dal coreografo afroamericano di cui porta il nome, l’eccellente compagnia di San Francisco ha presentato Migration e The Moroccan Project. Nel primo, gruppi e singoli s’intrecciano componendo un catalogo impressionante di stilizzati volatili con movimenti vicini ai moti dell’animo umano. Nel secondo la gestualità contemporanea sviluppa un inusuale connubio con musiche tradizionali africane Il Festival Internazionale di Villa Adriana ha ospitato Sidi Larbi Cherkaoui, col pretenzioso Myth: dodici danzatori e sei musicisti, chiusi dentro una stanza del tempo composta da scale, porte, panche, e una biblioteca del sapere umano delle differenti culture. L’approccio col mito attraverso la danza, la recitazione, il canto, secondo lo stile del coreografo belga-marocchino, non riesce a mantenere viva l’attenzione perché di ardua lettura: causa il sovrapporsi di troppi elementi concettuali, e l’eccessiva durata dello spettacolo. Molti, comunque, i momenti di grande danza – fluida, strisciante a terra, contaminata di stili – e d’invenzione teatrale. I ballerini hanno parvenze di cani ringhiosi messi a guardia della grande porta tenuta chiusa che infine si aprirà all’arrivo di un pellegrino- salvatore, giunto a lottare e ad aprire all’esterno e dando compimento alla frase d’apertura A chi sa attendere, il tempo apre ogni porta. Al RavennaFestival Micha van Hoecke ha festeggiato i venticinque anni dell’Ensemble ricreando Monsieur, monsieur, il primo spettacolo nato per la sua compagnia, ispirato alle poesie di Tardieu. In questa sorta di cabaret metafisico di poesia, musica, danza e pantomima, ritro- viamo quelle forme care all’artista russo-belga formatosi con Béjart, che ha sempre prediletto il racconto, la memoria, l’idea del viaggio. Da una porta dipinta di nuvole entrano i surreali personaggi dopo averci accolti muti all’ingresso, con lo stesso Micha intrattenitore, poi sulla scena, in un gioco di movimenti e azioni che però risulta datato. Alla Fenice di Venezia grande successo per Pina Bausch e il suo Tanztheater Wuppertal che con Água, ulteriore omaggio alle città del mondo, continua a parlarci di sentimenti e di persone attraverso luoghi geografici. Água nasce nel 2001 da un soggiorno in Brasile. Di esso ritroviamo le immagini di una natura lussureggiante – palme al vento, foresta, oceano, animali – proiettata sul grande schermo che aprendosi rivelerà enormi ficus tra divani bianchi sui quali sosta un’umanità agiata. Da questo e molto altro ancora la Bausch, nel tipico linguaggio gestualeparlato, fa scaturire folgoranti scene di danza collettive e di assoli, sui ritmi percussivi del samba o di malinconiche ballate di Caetano Veloso. Una grandiosa lievità di luce e acqua sembrano plasmare lo slancio vitale che scorre in Água, consegnandoci un nuovo, riconciliante approdo dove sostare dalla fatica del vivere.