Gran Bretagna, verso la vittoria dei laburisti

I sondaggi per le elezioni parlamentari del 4 luglio prevedono una maggioranza schiacciante per il partito guidato da Sir Keir Starmer, che si prepara a diventare primo ministro.
Il leader laburista Sir Keir Starmer con la moglie Victoria al seggio per le elezioni amministrative a Londra lo scorso 2 maggio. Foto via Ansa/EPA/NEIL HALL

Il 4 luglio, nella memoria collettiva, è associato agli Stati Uniti e al loro Independence Day: quest’anno però è una data significativa anche per la Gran Bretagna, che va ad elezioni parlamentari anticipate.

Secondo i sondaggi, grandi favoriti sono i laburisti, che tornerebbero così al governo dopo 14 anni di maggioranza conservatrice: secondo un sondaggio Techne UK del 2 luglio sulle intenzioni di voto questi si attesterebbero infatti al 40%, contro il 21% dei conservatori, il 16% dei riformisti e l’11% dei liberaldemocratici. In un sistema maggioritario puro come quello britannico – il territorio è diviso in tanti collegi elettorali quanti sono i seggi, e solo il candidato più votato viene eletto – è cruciale anche però vedere come questi voti sono distribuiti: ebbene, secondo le proiezioni di Electoral Calculus in base alle intenzioni di voto sui territori, il Labour potrebbe arrivare a 450 seggi su 650, i liberaldemocratici 71, e i conservatori appena a 60.

Una sconfitta pesante per l’attuale premier Rishi Sunak, che “eredita” i 344 seggi conquistati dal suo predecessore Boris Johnson nel 2019. Proprio Johnson è entrato a gamba tesa nella campagna elettorale in quello che il Times definisce «un tentativo disperato del’ultimo minuto di contrastare il Labour», con espressioni assai colorite come da sua consuetudine: una mossa che però, secondo l’Independent, ha segnato «un nuovo punto basso» nella campagna elettorale dei Tories. Il tutto mentre persino la ministra del lavoro conservatrice ha parlato di previsioni di una «vittoria a valanga» dell’attuale opposizione; e Suella Braverman, ex ministra degli Interni, ha dichiarato al Telegraph che «è finita per i Tories», dando però in parte la colpa dell’emorragia di consensi agli euroscettici di Nigel Farage, con i quali si sarebbe consumata una frattura che ha impedito alle destre di portare avanti i propri progetti in maniera unitaria e quindi di mantenere la fiducia degli elettori.

A far male alla campagna elettorale conservatrice è poi stato un ulteriore “scivolone” di Sunak e di altri esponenti Tory; che, quando il leader avversario Keir Starmer ha dichiarato che anche se fosse diventato primo ministro avrebbe cercato di mantenere i propri momenti con la famiglia (incluso lo shabbat che inizia proprio la sera delle elezioni, dato che lui si dichiara ateo ma la moglie è ebrea), lo hanno attaccato accusandolo di voler essere un primo ministro part time. Una mossa che si è rivelata un vero e proprio boomerang in particolare nell’elettorato femminile, che lo ha di rimando accusato di maschilismo nel voler relegare le donne in casa a prendersi cura della famiglia mentre l’uomo pensa alla carriera. Non parliamo poi degli elettori di religione ebraica, che certamente non hanno gradito.

Keir Starmer si avvia quindi alle elezioni alla stregua di nuovo primo ministro in pectore. Starmer è forte non solo dei sondaggi: secondo il corrispondente economico del Guardian, Richard Partington, gli analisti finanziari della City londinese ritengono che «una vittoria schiacciante del Labour potrebbe stimolare gli investimenti e la fiducia del Regno Unito, in un momento viceversa di incertezza nel resto del mondo […] e dopo anni di incertezza in Gran Bretagna in seguito alla Brexit del 2016». Per quanto Starmer abbia chiaramente affermato che non metterà in discussione la Brexit, infatti, è però visto come l’uomo giusto per riallacciare i legami con l’Ue a beneficio del Regno Unito.

Starmer viene comunque descritto dagli osservatori come estremamente cauto, senza atteggiamenti già da vincitore e invitando gli elettori a non dare nulla per scontato e a recarsi alle urne. Non mancheranno comunque le sfide: la gestione dell’immigrazione, il paventato aumento delle tasse se la maggioranza passerà ai laburisti, l’inflazione che pur in calo ancora pesa nelle tasche dei britannici.

Al di là delle previsioni, la parola passa quindi ora agli elettori.

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