Governo Draghi, un programma di lungo termine

Con una vasta maggioranza parlamentare prende avvio il governo Draghi. Un “discorso manifesto” di impronta repubblicana in attesa del confronto con i problemi aperti della società italiana
Draghi (Alberto Pizzoli/AP)

La fiducia delle due Camere al governo Draghi segue le procedure istituzionali, ma nella sostanza è assicurata la quasi unanimità favorevole da parte dei parlamentari, dalla Lega a Leu. In qualche modo sembra realizzarsi la tesi del M5S sull’eclisse dei concetti di destra e sinistra davanti ad un programma di patriottismo “repubblicano” che pone l’unità come un dovere e non una opzione.

Parole d’ordine che fanno scattare il meccanismo automatico del consenso istintivo di chi soffre le divisioni e cerca sicurezze davanti all’incertezza della pandemia da Covid 19 in corso, con tutte le sue varianti. È questo il nemico davanti al quale nasce un esecutivo d’eccezione come avviene durante o subito dopo una guerra. Il paragone con il 1917 (disfatta di Caporetto) o il 1946 è stato invocato più volte per giustificare l’accordo sul come usare bene le “munizioni”, in questo caso i soldi che l’Unione europea si è decisa a mettere in campo per quello che viene definito il nuovo piano Marshall, come quello cioè ideato dagli Usa per ricostruire l’Europa del secondo dopoguerra ponendo le basi per una forte alleanza atlantica in un mondo diviso in due.

Sono prevalenti le lodi e i consensi ricevuti dall’ex governatore della Banca D’Italia e poi della Bce per il suo lungo e articolato intervento dove, dopo tanto riserbo, si è udita la sua voce, anche emozionata in alcuni passaggi, che ha indicato le linee programmatiche di un’azione di governo che non può considerarsi affatto di breve durata. Non può esaurirsi con l’elezione o rielezione del presidente della Repubblica e neanche con la fine della legislatura.

Il piano di ripresa definitivo che Draghi elaborerà con i suoi ministri tecnici di fiducia prevede una linea di intervento almeno di 6 anni con effetti di lungo termine. Annuncia riforme strutturali che solo un governo con i pieni poteri può mettere in campo realizzando l’aspettativa di chi può pensare alle nuove generazioni e non solo alle prossime elezioni, secondo la famosa frase di Alcide De Gasperi. Anche lo storico leader della Dc non riuscì tuttavia a far passare la legge elettorale che avrebbe consegnato al suo partito una maggioranza stabile per poter governare, nonostante il grande consenso, senza intralci e compromessi.

Un forte consenso iniziale da mettere alla prova


Il grande consenso tributato inizialmente a Mario Draghi dovrà fare i conti con le possibili spaccature che si produrranno davanti a degli scogli prevedibili tra i partiti che hanno deciso di sostenerlo dopo il pressante invito di Mattarella. Il centrodestra sembra partire favorito in questo percorso perché, grazie alla decisione di Fratelli d’Italia di esercitare una opposizioni costruttiva, può presentarsi unito alle prossime elezioni locali e a quelle nazionali del 2023 come una realtà “di lotta e di governo”.

Dall’altra parte il perno del governo Conte 2, e cioè l’alleanza Pd M5S e Leu, prova a costituire un gruppo coeso interparlamentare per far valere il maggior peso delle quote nel condominio governativo. Resta fuori una parte del M5S che dovrà scegliere se formare un nuovo gruppo politico, anche in Parlamento, oppure restare, se non verranno espulsi tutti i dissidenti, come una fronda interna che potrà capitalizzare tale coerenza in futuro.

Anche Sinistra italiana, il partito che fa parte di Leu, ha deciso di votare contro il governo Draghi, ma seguirà tale direttiva solo il segretario Nicola Fratoianni che non chiude a futuri accordi elettorali con i compagni “governativi”. L’opposizione di sinistra avverrà con i soggetti sociali extraparlamentari, alcuni dei quali hanno iniziato a manifestare davanti ai palazzi istituzionali contro un governo definito dei “banchieri e dei padroni”.

Intanto sono già sotto le finestre del ministero dello Sviluppo economico, affidato al leghista Giorgetti, i lavoratori della Whirlpool che rappresentano una vertenza simbolo di tutte quelle crisi aziendali che possono condurre a licenziamenti a catena da fine marzo, innescando quella “bomba sociale” prevista e temuta da molti.

Il discorso programmatico del professor Draghi è già un testo di studio che si presta alle esegesi più diverse. Al piano del governo Conte si rimproverava, da parte dei critici più duri, di non avere una visione complessiva, ma di giustapporre progetti di ripresa non coordinati tra loro.

Quello annunciato da Draghi, oltre ai temi molto gettonati come la parità di genere e l’attenzione ai giovani, prende posizione in maniera netta sulle alleanze internazionali, togliendo ogni riferimento alla collaborazione con la Cina, citata per le tensioni in corso in Asia, per confermare la natura di un governo «convintamente europeista e atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia: Unione europea, Alleanza Atlantica, Nazioni Unite».

Anche se resta tutto da capire come privilegiare, in concreto, il multilateralismo dell’Onu davanti allo spazio ormai occupato dalla Nato proprio nelle aree di interesse prioritario come il Mediterraneo, i Balcani, il Medio Oriente allargato e l’Africa.

Nel discorso di Draghi si esprime l’impegno per il dialogo con la Federazione russa, della quale cita la violazione dei diritti umani. Preoccupazione che non compare nei riguardi della Turchia, che fa parte della Nato, e con la quale si auspica «l’avvio di un dialogo più virtuoso» con la Ue. Draghi ha fatto un implicito riferimento alla gestione dei flussi migratori che rientrano, poi, nell’impegno del governo per un nuovo Patto Ue sulle migrazioni e il diritto d’asilo a favore di «una politica europea dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale, accanto al pieno rispetto dei diritti dei rifugiati».

Ma è sull’Europa che Draghi ha espresso i concetti più intensi e quasi poetici: «Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere».
A scanso di ogni equivoco ha inoltre precisato che «sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune, capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione».

La prossima uscita di scena della Merkel in Germania e l’alternarsi del consenso per Macron in Francia lasciano prevedere, secondo molti osservatori, un ruolo crescente e centrale dell’Italia di Draghi nell’Unione europea, rompendo l’egemonia di fatto franco-tedesca. In questo senso l’ex governatore esprime idee molto chiare in termini di sStato e di sovranità: «Gli stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa».

Le urgenze

Tale architettura, così ben definita, dovrà fare i conti con i problemi assillanti del tempo presente. Dalla gestione dell’emergenza sanitaria dei vaccini alla riforma della Pubblica amministrazione e alla rivoluzione digitale, dalla ripartenza della scuola alla scelta degli investimenti nei settori produttivi trainanti in linea con la transizione ecologica necessaria secondo il green new deal europeo. E poi la povertà che avanza, la crisi del lavoro che chiede una riforma radicale del welfare senza facili battute sull’eccesso di sussidi, le moratorie che scadono sugli sfratti e i licenziamenti, mentre si annuncia una commissione tecnica su una questione strutturale, l’architrave della politica economica e cioè la riforma fiscale.

Un compito immane che chiede in questo momento non certo la delega in bianco ai tecnici competenti, ma un supplemento di dialogo e partecipazione nel merito delle singole questioni. Senza affermazioni generiche o istintuali.

Draghi non è certo un “marziano” arrivato a Roma da chissà dove. Fa parte, almeno dagli anni ’90, della storia del nostro Paes,e verso il quale ha invitato ad esprimere “amore”. Ed in questo accenno conclusivo del suo discorso, che appare così insolito per un super banchiere, si può almeno concordare esercitando quel confronto esigente, anche conflittuale ma senza odio, che in apertura di seduta del senato del 17 febbraio è stato evocato per ricordare Franco Marini. La memoria della nostra storia comune è sempre necessaria per chi vuole costruire un futuro migliore.

Qui il testo integrale del discorso al Senato pronunciato il 17 febbraio 2021 dal presidente del consiglio Mario Draghi.

 

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