Nuovo governo e coalizione Ursula
L’apertura della crisi del primo governo Conte a forte trazione leghista e le trattative in corso per un Conte 2 basato su un accordo di programma condiviso tra M5S, primo partito in Parlamento, e Partito democratico, con l’appoggio di Liberi e Uguali, suscita un vasto dibattito su alcuni temi, lasciandone alcuni in sospeso. Di alcuni di questi ne abbiamo parlato, contattandolo dall’Albania, con Raul Caruso, professore associato di politica economica presso l’Università cattolica di Milano, nonché direttore del Cespic (European Centre of Peace Science, integration and cooperation) che ha sede presso l’ Università cattolica “Nostra Signora del Buon Consiglio” di Tirana.
Caruso è anche editorialista del quotidiano Avvenire ed è autore di numerose pubblicazioni in campo scientifico, tra le quali “Economia della pace”, Il Mulino 2017, e “Chiamata alle armi. I veri costi della spesa militare in Italia”, Egea(Università Bocconi) 2018.
Secondo lei, il messaggio di sostegno a Conte da parte di Trump è legato più alla questione dei rapporti comuni di apertura con la Russia di Putin, oppure alla commessa dei caccia bombardieri JSF35 della Lockheed Martin e, quindi ai nostri obblighi, come Paese Nato, di rispettare il 2% del pil in spese militari?
Il caso Russia è stato decisivo in questi ultimi mesi. Dobbiamo ricordare che già da diversi mesi l’attenzione sui partiti xenofobi di estrema destra era aumentata a causa dei loro rapporti con la Russia. Basta ricordare lo scandalo in Austria per avere un’idea di quanto questa attenzione non fosse solo sull’Italia. Il fatto che la Russia di Putin sostenga forze che mirano a indebolire se non addirittura a frammentare l’Unione Europea è discusso apertamente sui principali media internazionali. È quindi evidente il motivo per cui all’estero i nostri alleati vedano con favore un nuovo governo che allontani questo pericolo di autoritarismo e di frammentazione europea.
Il messaggio di Trump, ma direi dell’amministrazione americana, nasce esattamente per confermare questa necessità di avere in Italia un governo diverso, scongiurando la deriva antidemocratica e anti-atlantica di un governo a guida Salvini. Per capire questo fatto bisogna ricordare che l’amministrazione Usa ha sofferto in maniera sostanziale il fatto che un membro della Nato come la Turchia sia praticamente (anche se non formalmente) uscita dall’alleanza atlantica e quindi la paura che Paesi guidati da leader autoritari e xenofobi in Europa possano seguire le orme di Erdogan è fortissima. I nostri impegni sul piano militare al momento non sembrano rilevare. Negli Usa finora non hanno avuto alcun dubbio rispetto al fatto che gli impegni in merito agli F35 sarebbero stati mantenuti. Per quanto riguarda la quota Nato del 2% di spese militari sul Pil la dichiarazione congiunta dei capi di governo della Nato del settembre 2014 indicava l’obiettivo di raggiungere tale quota solo nel 2024 e quindi il percorso finora non sembra deviare da questo obiettivo.
Vede possibile un programma comune di riconversione dell’industria della difesa nell’ambito di una politica economica in senso ambientalista?
Io al momento, purtroppo, non vedo la riconversione industriale come un obiettivo nell’agenda di un futuro governo per due motivi. In primo luogo, la commissione uscente dell’UE ha favorito l’industria militare attraverso una serie di linee di finanziamento. Il problema è, in primo luogo, culturale. Finché non sarà accettata l’idea che la spesa militare non è foriera di benessere economico, non vi sarà la cultura politica di lavorare per una riconversione delle nostre industria militari. Nel contempo, la riconversione industriale è un processo di investimento e quindi come tutti i processi di investimento è caratterizzato da costi fissi iniziali elevati, incertezza e ritardo dei risultati. Il costo “politico” di un vero investimento è ingestibile per una classe politica che al momento vive in perenne campagna elettorale. La riconversione ha bisogno di tempo, oltre che di tanti altri fattori. In questo momento in Italia, il tempo sembra essere calcolato in distanza tra i tweet lanciati in un giorno e non in anni come un serio processo di investimento richiederebbe.
Quali scelte vede necessarie anche come nomine pesanti come quella dei vertici di Leonardo – Finmeccanica?
Le nomine alla guida di Leonardo sono rilevanti sicuramente ma lo è di più la natura stessa di Leonardo. È una società quotata in borsa e questo comporta che ogni amministratore avrà l’incentivo e anche la mission di “sostenere il titolo” per quanto possibile e quindi non sarà un nuovo amministratore a cambiare Leonardo ma solamente il delisting ( cioè la revoca della società dalle negoziazioni di Borsa, ndr)
La “coalizione Ursula”, evocata da Prodi come scelta europeista (Ursula von der Leyen, esponente dalla Cdu tedesca è la nuova presidente della commissione europea), rimanda a una donna che, da ministro della Difesa in Germania, ha fatto scelte importanti in quel settore e si appresta a farle a livello di Difesa europea. È un buon viatico secondo lei?
Personalmente sono d’accordo con Romano Prodi, la coalizione deve essere la più ampia possibile perché in ballo ci sono la democrazia e la pace. L’Italia ha bisogno di un governo di salvezza democratica. Per quanto riguarda la nuova Commissione europea è chiaro che la vera sfida per portare avanti l’integrazione europea è quella dell’integrazione nell’ambito della difesa e delle relazioni internazionali. Una volta disinnescate le forze di estrema destra, il compito della nuova Commissione dovrebbe essere finalmente quello di lavorare per una convergenza nell’ambito della difesa e della politica estera che sia in linea con la nostra storia democratica comune.
In che modo? E quali ostacoli si devono superare in tal senso?
Ènecessario comprendere che bisognerà cedere altri pezzi della sovranità nazionale. In un mondo in cui i sovranisti hanno riportato l’odio, la discriminazione e la violazione dei diritti umani nella nostra quotidianità è necessario allora anche culturalmente “smitizzare” la sovranità nazionale per poi cederne un altro pezzo politicamente. Il segnale dato dal presidente francese al G7 è, ad esempio, decisamente negativo in questa prospettiva. Macron, in maniera unilaterale, pone la Francia alla guida di una coppia di Paesi (Francia e Germania) che siano leader anche nella risoluzioni di crisi internazionali (es. il conflitto in Ucraina). È evidente che questo comportamento oltre a non portare frutti è contrario all’idea di una UE davvero presente come unico attore nelle questioni internazionali. Il nuovo governo in Italia, dovrà essere appoggiato da una grande coalizione non solo per durare, ma anche per sposare una linea pienamente europeista anche a Bruxelles, in Commissione e nel Parlamento.