Governo in bilico in Italia

Le tensioni interne alla maggioranza sono arrivate ad un punto di rottura che potrebbe portare a nuove elezioni, un nuovo governo o un “rimpasto” del Conte 2. Attenzione puntata sul contenuto del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
crisi di governo Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

La crisi del governo Conte 2, le transazioni e gli accordi sotterranei per evitare la verifica del voto in Parlamento, appaiono delle sottigliezze bizantine di fronte all’assalto dei devoti di Trump al palazzo del Congresso Usa. L’instabilità della superpotenza statunitense, associata all’allarme per lo stato di pandemia che non accenna ad attenuarsi, dovrebbe compattare le forze di maggioranza dell’esecutivo italiano alle prese con sfide titaniche. Dalla definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza al contenimento del contagio da Covid 19.

Ma evidentemente l’emergere del dissidio in corso non può ridursi ad una questione di poltrone da occupare. Si confrontano diverse strategie e visioni come era prevedibile fin dalla nascita del secondo governo guidato da Giuseppe Conte, avvocato e docente universitario indicato dal M5S a ricoprire, da indipendente, la carica di presidente del consiglio.

La scissione di Renzi

Con la fine traumatica dell’alleanza tra Lega e pentastellati, il nostro sistema parlamentare ha offerto la possibilità di trovare un’altra maggioranza possibile tra forze fino ad allora in contrasto tra loro. Come è noto l’attuale segretario dem, Nicola Zingaretti, non è stato entusiasta di entrare in una coalizione M5S, Pd e Leu dovendo gestire dei parlamentari eletti in gran parte su designazione del suo predecessore Matteo Renzi. Quest’ultimo, poi, da ex segretario Pd ha fondato, a settembre del 2019, un diverso partito, Italia Viva, che non ha attratto tutti i dem della sua corrente, rimasti anche nella “ditta” con compiti di primo piano. Renzi ha fatto una cosa di sinistra, cioè una scissione, per dare vita ad una formazione politica di impronta liberale sul modello di Macron che ha ridotto il partito socialista francese ai minimi termini.

Da noi Italia Viva si è dovuta affiancare all’unico socialista presente in Senato (Riccardo Nencini) per poter formare un gruppo autonomo di 18 senatori che ora minaccia di votare contro il governo decretandone la fine. I numeri della maggioranza sono incerti al Senato così come nel governo Prodi che cadde nel 2008 con il voto contrario di Clemente Mastella e di altri senatori legati all’ex ministro Lamberto Dini. Anche oggi si cercano voti tra i cosiddetti “costruttori” cioè tra coloro che, per varie ragioni, sono slegati dai partiti che li hanno eletti. Ma la soluzione è troppo aleatoria per andare avanti seriamente.

Le ipotesi possibili

Andremo a nuove elezioni? La prospettiva appare possibile concretamente nel caso in cui il Presidente della Repubblica dovrà accertare la mancanza in Parlamento di una nuova maggioranza solida e credibile per governare la fase più difficile della storia italiana del dopoguerra.
In caso di ricorso alle urne non ci sarebbe il tempo di mettere mano alla riforma elettorale ma solo alle norme di adattamento di quella attuale in funzione della riduzione del numero dei componenti di Camera e Senato. Un meccanismo che potrebbe consegnare alla coalizione vincente, probabilmente di centro destra secondo i sondaggi, una solida maggioranza eliminando le formazioni più piccole.

Per avere un’idea, il candidato di Italia Viva, sostenuto pure da Azione di Carlo Calenda e Più Europa di Emma Bonino, ha raggiunto nelle ultime elezioni regionali pugliesi l’1,6 %. Anche in quelle regionali della Toscana il partito di Renzi, qui più radicato, non ha superato il 4,5% pur sostenendo il candidato vincente del Pd. Il M5S è in fase di evidente declino di consensi, il Pd sembra in leggera ripresa dal crollo del 4 marzo 2018, mentre la sinistra è debole e divisa. Andare alle urne appare rischioso ma aperto comunque ad eventuali sorprese legate al periodo straordinario che stiamo vivendo. Giuseppe Conte gode di una certa fiducia secondo i sondaggi e potrebbe fondare quel partito che finora non ha avuto a proprio sostegno. Una formazione probabilmente più solida dall’esperimento di Scelta Civica creata da una molteplicità di soggetti per sostenere Mario Monti.

L’altra ipotesi di soluzione resta quella di un governo di unità nazionale, una sorta di gabinetto di guerra con tutti i partiti, guidato da Mario Draghi, considerato il personaggio più autorevole spendibile dall’Italia a livello mondiale. Ad un suo conciso intervento sul Financial Times si deve, secondo alcuni, il diverso orientamento “solidale” preso dall’Unione europea. Ma Draghi dovrebbe gestire una compagine che si preannuncia fortemente conflittuale davanti a misure necessarie per evitare, come ha già avvertito, di cadere nel precipizio del debito pubblico non più sostenibile. Altri candidati a svolgere tale ruolo di garanzia sarebbero l’economista Carlo Cottarelli, che con il suo osservatorio sui conti pubblici sembra esercitare una funzione di governo ombra, e l’ex presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia.

La soluzione più probabile, che si annuncia nei giorni coincidenti con la presentazione della versione definitiva del piano di ripresa e resilienza, è quella di un cosiddetto “rimpasto”, termine della prima Repubblica che indica la ricomposizione del governo con nuovi ministri e/o la comparsa di altre figure, tipo uno o più vicepresidenti del consiglio, utili a rimarcare una conduzione più collegiale dell’esecutivo. L’accusa di Renzi verso Conte è quella di un esercizio solitario della sua funzione. Rilievo condiviso anche da altri come ha espresso apertamente Luigi Zanda, senatore di grande influenza nel Pd nonché presidente del gruppo editoriale di Carlo Debenedetti che ha lanciato il nuovo quotidiano “Domani”.

Servizi segreti e Recovery plan

Il dossier più sensibile in discussione riguarda la mancata delega alla gestione dei servizi segreti che Conte invece intende mantenere direttamente come responsabile della sicurezza nazionale lasciando il controllo al competente organo parlamentare (il Copasir). L’intelligence è un assetto strategico con effetti a cascata nell’amministrazione pubblica. La delega ai servizi segreti è meno appariscente di quella di ministro ma molto più pesante. L’hanno ricevuta Gianni Letta, Marco Minniti e l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, transitato direttamente alla presidenza di Leonardo Finmeccanica, grande società della difesa che gestisce commesse miliardarie.

Quindi, piuttosto che ridurre la tensione interna al governo solo ad una questione di carattere personale, con tanto di gossip, occorre prestare attenzione ai contenuti concreti che sono in gioco. In tal senso è utile leggere nella sua interezza la lunga lettera di 62 indicazioni sul Recovery plan indirizzata da Italia Viva al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri dove, ad esempio, si chiede l’impegno per 200 mila case popolari (punto 30) ma anche, al punto 32, quello a favore della realizzazione del ponte sullo stretto di Messina tra le infrastrutture per l’alta velocità.

È poi dirimente la questione dei 36 miliardi di euro di prestiti che, secondo Renzi, dovremmo chiedere all’Europa tramite il Mes. Scelta osteggiata decisamente da parte dei 5Stelle, e non solo, perché considerata una trappola per mettere sotto controllo esterno i nostri conti pubblici e tagliare le spese sociali.
Molte delle analisi e proposte di Italia Viva, poste nell’orizzonte del 2030, sono simili a quelle elaborate da realtà come “Base Italia”, l’organizzazione coordinata dall’ex sindacalista della Cisl Marco Bentivogli e presieduta dallo studioso Luciano Floridi. Non si tratta di un nuovo collateralismo ma della condivisione di un sentire comune che attraversa più ambienti o partiti.

Emergono, quindi, posizioni inconciliabili interne alla maggioranza se non attraverso la scelta di una mediazione necessaria per non giungere alla rottura. Ma ogni mediazione si può ridurre ad una questione di tattica se si immesrisce il dibattito politico a degli slogan senza poter comprendere le ragioni e le finalità di certe scelte come quelle operate nella legge di bilancio che, tuttavia, è stata approvata in Senato il 30 dicembre in tutta fretta, con il voto di fiducia, per evitare le lungaggini e i limiti dell’esercizio provvisorio.

Si spera, ora, che si renda pubblico e aperto al confronto la versione definitiva del piano nazionale di ripresa e resilienza che l’Italia deve presentare entro aprile per ottenere le risorse previste dal Next Generation Ue. Già il ministro dell’Economia, Gualtieri, ha fatto sapere che si tenderà ad usare per interventi strutturali solo la parte dei 209 miliardi previsti come sovvenzioni a fondo perduto (82 miliardi euro) oltre a 40 miliardi di prestiti agevolati, destinando il resto (87 miliardi di euro) a sostituire i debiti già esistenti ma contratti a tassi superiori.

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