Good Bye Sir Andy Murray

Venerdì scorso, in una commovente conferenza stampa in Australia, il campione sportivo, primo dei “normali”, ha annunciato l’addio al tennis. Troppo forti i dolori all’anca, per continuare ad alto livello

La scelta è arrivata a sorpresa, alla fine di un incontro con la stampa indetto in fretta e furia. Andrew Barron Murray ha deciso di dire basta con il tennis. Il suo corpo, frenato da dolori all’anca che si sono fatti troppo forti, ha scelto di fermarsi per lui a poco meno di 32 anni. Una beffa che provoca sofferenza, evidente nelle lacrime versate copiose dal campione scozzese durante la comunicazione ai giornalisti.

«Non sto bene, ovviamente. Sto lottando con il dolore da molto tempo – ha detto Murray in lacrime, a pochi giorni dall’inizio degli Australian Open – probabilmente venti mesi, ed è abbastanza. Ho fatto tutto quello che potevo per provare a stare meglio, ma non ha funzionato. Mi sento meglio di qualche mese fa e c’è ancora molto dolore. È stato difficile. Non si tratta solo del dolore, è semplicemente troppo. Non voglio continuare così».

La volontà è quella di provare a tener duro fino a Wimbledon: «Ho parlato col mio team durante la preparazione di dicembre e ho detto loro che non potevo continuare così. Avevo bisogno di mettere un punto, perché stavo giocando senza avere idea di quando il dolore potesse fermarsi. Ho detto al team che avrei provato a continuare fino a Wimbledon perché è lì che mi piacerebbe giocare. Ad oggi – ha ammesso tra i singhiozzi Murray – non sono sicuro di essere in grado di farlo».

La realtà, dunque, è che l’Australian Open potrebbe essere la sua ultima passerella. Oggi è in campo nella gara d’esordio contro lo spagnolo Bautista Agut, con l’obiettivo di onorare al massimo la competizione. Nonostante il dolore, cercando di andare oltre i limiti fisici. «Esiste la possibilità che quello australiano sia l’ultimo torneo. Non sono sicuro di poter continuare a giocare così per altri quattro o cinque mesi. Al momento sto prendendo in seria considerazione la possibilità di sottopormi a un nuovo intervento chirurgico. Lo farei – sottolinea Murray con grande onestà – non per tornare a giocare, ma solo per avere una qualità di vita migliore. Potrei anche giocare con questi limiti, ma con questo dolore no».

È così che il mondo dello sport è costretto, suo malgrado, a celebrare il lento e al tempo stesso prematuro addio del più giovane dei fantastici quattro che hanno monopolizzato il tennis nell’ultimo decennio. Murray è stato il meno talentuoso del quartetto composto anche da Djokovic, Federer e Nadal. Proprio per questo, però, i risultati raggiunti assumono una valenza ancor più straordinaria.

Murray è riuscito a rimanere in vetta al ranking mondiale per 41 settimane, dal 7 novembre 2016 al 20 agosto del 2017. Lo scozzese ha vinto tre Slam: lo US Open del 2012 e Wimbledon, nel 2013 e 2016. Sarà proprio questo torneo ad elevarlo all’immortalità tennistica. Prima dello US Open 2012, un atleta britannico non vinceva un torneo dello Slam dai tempi di Virginia Wade, nel 1977. Il trionfo di Wimbledon il 7 luglio 2013, contro l’eterno rivale Djokovic, ha permesso a Murray di essere il primo tennista uomo britannico a vincere sull’erba londinese 77 anni dopo il mitico Fred Perry. Senza dimenticare, poi, il doppio oro olimpico conquistato a Londra 2012 e Rio de Janeiro 2016.

Risultati straordinari di una vita fuori dal comune che, nel 1996, ha rischiato di essere drammaticamente stroncata sul nascere. Andy e il fratello Jamie sono infatti scampati al massacro della scuola elementare di Dunblane: il 16 marzo di ventitré anni fa Thomas Watt Hamilton fece irruzione nella scuola del paesino vicino Glasgow, uccidendo 16 bambini e un’insegnante. I due Murray riuscirono a salvarsi barricandosi nella stanza del preside: il campione ha parlato in pubblico dell’episodio soltanto vent’anni dopo.

Sta per dire addio al tennis un grande campione, il primo dei “normali”, uomo mai banale e senza peli sulla lingua e, per questo, considerato da alcuni quasi antipatico. Hanno fatto discutere, soprattutto in patria, le sue posizioni a sfavore della Brexit: lui che, nel 2014, si era apertamente schierato per l’indipendenza della Scozia dal Regno Unito. Il saluto più bello, finora, gliel’ha dedicato Novak Djokovic, rivale di mille battaglie in campo: «Tarbes, Francia 2001, ‘Les Petite As’. La prima volta in cui ci siamo incontrati e sfidati. Qualcosa mi diceva che avremmo avuto una fantastica rivalità e avremmo avuto l’opportunità di sfidarci sui palcoscenici più importanti per molti anni a venire. Qualunque cosa succederà, porterò sempre con me i match spettacolari che abbiamo giocato negli anni e sarò per sempre grato per queste esperienze. Un grosso abbraccio Andy, sii forte».

 

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