Goldoni mattatore

Alle prese con un Goldoni solare e fantasioso c’è Glauco Mauri con Il bugiardo. Niente calli, campielli e nebbie, ma cieli azzurri, altalene e passerelle per gondole motorizzate. Le bugie come le concepisce il protagonista Lelio sono spiritose invenzioni della fantasia di un poeta della vita che, in fondo, suscita simpatia. Saranno i suoi stessi intrecci, alla fine, a smascherarlo e punirlo, isolandolo dalla società come un corpo malato. La sua mitomania lo porta a reinventare la realtà, a seconda della situazione che lo vede corteggiare due sorelle e approfittarsi dell’ingenuità dei loro rispettivi innamorati, creando guai per tutti. Roberto Sturno conferisce una comicità malinconica nel far emergere la componente quasi patologica d’una tale millanteria. Mauri ha riservato per sé la parte gustosa e amara del padre Pantalone, dibattuto tra amore e inflessibilità verso il figlio. Al Quirino di Roma. In tournée. Nei panni di un Goldoni anziano, nel bilancio di un’esistenza in terra straniera, è un ultraottantenne ancora combattivo: Mario Scaccia. Nella messinscena di Mémoires di Maurizio Scaparro e Tullio Kezich, l’aria trasognata, il trascinarsi lento, l’improvviso infervorarsi e la paura della morte, lo rendono memorabile. Seduto su una poltrona dialoga, evoca e si sdoppia nel giovane suo alter ego Anzoletto, il protagonista di Una delle ultime sere di Carnovale, a cui dà scattante grinta Max Malatesta. Nel finale di quest’ultima commedia egli, come l’autore, abbandonava Venezia. Qui col sacco sulle spalle arriva a Parigi dove incontra Goldoni ridotto in povertà, alle prese coi suoi ricordi da trascrivere sulla carta. Prendono vita, sfumando tra passato e presente, i personaggi delle sue commedie. Nel mezzo affiora la sua vita spezzata, con le umiliazioni e i rimpianti, l’ostinata volontà di un nuovo modo di fare teatro; ma anche frammenti divertenti di vanità, come le ripicche degli attori. Nel loro iniziale avanzare dal fondo affermando il diritto di operare la loro magia, vi si scorgono i Sei personaggi pirandelliani. Citazione non gratuita dato che Mémoires rappresenta per Scaparro un altro viaggio nel mito del teatro. A illustrarlo è la scenografia di Roberto Francia: delle quinte in legno sullo sfondo di atmosfere colorate dove, in ultimo, vedremo la compagnia di comici salpare su una barca e Anzoletto unirsi a loro forse per ritornare verso l’Adriatico, lasciando aperta la domanda Perché non sono più tornato? che Scaparro immagina aver detto Goldoni. Al Valle di Roma. In tournée. Winnie felice Non è cambiato nulla nella giornata tipo di Winnie, interrata a mezzo busto e poi sino al collo in un monticello di terra, ancora intenta in un torrentizio parlare e, a tratti, conversare con l’invisibile marito Willie. Il rapporto con gli oggetti più cari della sua femminilità coi quali si balocca, convinta di riempire di senso il trascorrere del tempo; e quello stupore per una scoperta di felicità ogni giorno nuova, conservano ancora una forza dirompente. Personaggio gigantesco nella sua fragilità, la Winnie di Giorni felici ci ha abituati a magistrali esibizioni d’attrici, impegnate a trovarsi a proprio agio nella vacuità, solo apparente, che Beckett compone con maestria. L’ineccepibile incarnazione che ne dà Giulia Lazzarini è pura emozione. Ella dipinge una vera tavolozza di notazioni psicologiche coi suoi trasalimenti sottili, smarriti: soprattutto dopo che ogni gesto viene meno e s’ingigantiscono le rare smorfie ancora possibili. Immersa nel bianco abbagliante della sabbia, a vincere in questa regia storica di Giorgio Strheler – ora ripresa da Giorgio Battiston – è la luce, facendo di questa figura indomita un simbolo di resistenza nei confronti della notte e del nulla che stanno per sconfiggerla.

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