Gmg, in cammino verso Lisbona
Nel corso della celebrazione eucaristica presieduta dal santo padre Francesco in occasione della Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, 5 persone anziane hanno consegnato la croce della Giornata mondiale della gioventù a 5 giovani che si preparano a partire per Lisbona. Un gesto fortemente simbolico che indica la trasmissione della fede di generazione in generazione.
Tra i giovani che hanno ricevuto la croce c’è Mateja Dugandžič, 29 anni, di nazionalità croata, che vive a Roma da un anno, svolge il suo apostolato nel Centro Internazionale Giovanile San Lorenzo – il centro che custodisce la Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù – e si occupa dell’accoglienza dei pellegrini. «È un luogo dove si può fare esperienza della preghiera e del perdono davanti alla croce», spiega Mateja, che ricorda la sua prima esperienza come volontaria alla Gmg del 2016 a Cracovia: «È stata un’esperienza bellissima incontrare giovani di tutto il mondo, ci siamo sentiti parte di una Chiesa giovane e viva. Questo senso di appartenenza alla Chiesa mi ha dato tanto, ha rinnovato la fede nell’amore di Dio per noi».
Mateja, puoi raccontare l’emozione che hai vissuto nel momento della consegna della croce? Che significato ha avuto per te il fatto che siano state le persone anziane a darvi questa consegna?
Nel momento della consegna della croce l’emozione è stata grandissima perché mi sentivo come un piccolo granello davanti alla grandezza del Signore, davanti a questa grande opportunità che il Signore mi ha dato di essere là, rappresentando tutti i giovani della Chiesa e del mondo, soprattutto quelli che andranno alla Gmg ma anche quelli che non potranno andare perché sono malati, soli, o non conoscono Dio. È molto simbolica questa croce, è la nostra speranza, è la croce di Cristo con la quale è tutto molto più facile. È stata un’esperienza molto forte essere davanti a papa Francesco, il successore di san Pietro, accanto ai giovani di tutto il mondo. Il fatto che siano state le persone anziane a darci la croce è stato gesto molto significativo perché è grazie a loro, a quello che loro hanno fatto prima di noi, che siamo qua, grazie a quel seme che hanno gettato, all’eredità che ci hanno lasciato perché anche loro da giovani hanno preparato il terreno a noi che siamo giovani oggi. È stato bello perché è proprio il segno della speranza che vale la pena vivere questa vita per gli altri, per Cristo, per la Chiesa, per tutta l’umanità. È stato un momento molto emozionante per me e sono davvero grata a Dio e alla Chiesa.
Nell’omelia della Messa il papa ha parlato della «pedagogia misericordiosa, che c’invita ad avere pazienza verso gli altri, ad accogliere – in famiglia, nella Chiesa e nella società – fragilità, ritardi e limiti: non per abituarci ad essi con rassegnazione o per giustificarli, ma per imparare a intervenire con rispetto, portando avanti con mitezza e pazienza la cura del buon grano». Come vivi questa esperienza nel quotidiano?
Nell’incontro con le persone imparo sempre ad accogliere l’altro, ad avere pazienza, ad accettare l’altro con amore, con bontà e avere rispetto. È un processo che durerà per tutta la vita, un cammino. Soprattutto in comunità è un continuo uscire da me stessa e questo secondo me è molto importante: cercare di avere misericordia verso gli altri come Dio che è sempre misericordioso con noi. Questo è stato il tema della Gmg a Cracovia e da allora questo messaggio mi accompagna sempre e cerco di avere questo sguardo misericordioso verso gli altri, che non è facile perché siamo deboli e abbiamo i nostri limiti. Solo nell’incontro con l’altro posso imparare a cambiare me stessa e poi accettare l’altro che è fatto a immagine di Dio e imparo questo ogni giorno. È sempre un tornare a questo sguardo misericordioso che Dio ha per noi e avere lo stesso sguardo per gli altri. Accettare gli altri è un gesto che cura le persone, solo l’amore ha questa potenza.
Nell’omelia il papa ha inviato tutti a non chiudersi pensando di farcela da soli. Ti ritrovi in queste parole? Hai fatto esperienza del camminare insieme, in famiglia o in comunità?
È un rischio continuo, davanti alle sfide e alle difficoltà, quello di chiudersi agli altri, pensare di farcela da sola, credere che l’altro non mi serve o è un disturbo perché è difficile accettarlo e chiudere il mio cuore. Questa chiusura è un pericolo nella società di oggi ma adesso che abito in comunità con i missionari, ho imparato a camminare insieme rispettando il ritmo e la personalità di ognuno. Ogni giorno è un uscire da me stessa. Anche nelle faccende quotidiane ho imparato a chiedere aiuto, ad esempio per cucinare; per la preghiera, ho imparato a pregare pregando con gli altri. Ho riconosciuto che ho bisogno degli altri, della comunità.
Guardando alla Giornata mondiale della gioventù quale, tra le parole del papa, vi potrete in viaggio e orienterà il vostro cammino?
Il papa ha detto più volte di camminare insieme, crescere insieme, di «mescolarsi». Porto questo alla Gmg perché la possibilità di crescere con gli altri nella fede, nell’amore, nel servizio, nell’aiuto, nel non vivere per se stessi ma per gli altri è qualcosa che crescerà anche dopo la Gmg e ci darà la forza di crescere con tutta la Chiesa, con la Chiesa giovane, che è viva.
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