Globalizzazione e fraternità

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L’umanità non è nuova a cataclismi o calamità micidiali, l’aspetto oggi più incredibile è che tutto è ormai vissuto in diretta e ci si rende conto di quanto siamo diventati veramente un villaggio globale. I paesi europei piangono morti, insieme a quelli dell’Asia e ad un paio dell’Africa: e qui i numeri contano fino ad un certo punto. La morte è sempre morte, un fatto terribilmente personale ed irrimediabile. Ma oltre alla diretta, quanti di noi hanno pensato ad amicizie fatte con persone di quei paesi! Quanti hanno cercato notizie di container che trasportavano merce acquistata o prodotta in Asia per battere una concorrenza di mercato sempre più spietata. Il mondo in questi giorni si è accorto di essere diventato piccolo, davvero piccolo. Ogni cosa succeda non tocca solamente quei poveretti, ma finisce per riguardare ciascuno essere umano sul pianeta. Anche i cataclismi o le grandi calamità naturali sono ormai un fatto globale. Ed è proprio nell’ora del villaggio globale che anche altri fenomeni fanno capire come l’umanità viva questi momenti allucinanti in una prospettiva diversa. Senza dubbio ci sono stati episodi di sciacallaggio o di violenze gratuite a persone inermi, ma soprattutto si nota una costante che fa pensare ad una categoria nuova quanto la globalizzazione: la fratellanza universale. Non si contano gli episodi che richiamano quest’idea. Nello Sri Lanka, da vent’anni dilaniato dalla guerra civile fra tamil e singalesi, in un momento in cui le tensioni stavano nuovamente crescendo, si sono visti guerriglieri e agenti del governo lavorare insieme nelle operazioni di soccorso delle aree tamil colpite dall’ondata. La signora Kamaratunga, presidente della repubblica, si è dichiarata pronta, per la prima volta, a stringere la mano a persone della fazione opposta. Nella parte meridionale dell’India, dove spesso si è assistito a tensioni e scontri fra mussulmani e indù, le moschee hanno aperto le porte a rifugiati e, insieme ai templi e chiese, si sono riempite di gente, senza una connotazione religiosa, che potesse diventare discriminante. Sono saltate le regole ferree, nascoste ma vivissime, del puro ed impuro che regolano la società indiana e che ancor oggi giustificano la struttura castale. In tutti i paesi con forte afflusso turistico, gente del luogo e stranieri lavoravano insieme a salvare vite e a recuperare il recuperabile. A Coimbatore, ricca città dello stato del Tamil Nadu, il più colpito in India dalla catastrofe, i magnati e gli industriali hanno convocato un’assemblea cittadina per stabilire una linea d’azione per aiuti alle zone colpite. Alla proposta di un facoltoso ed anziano industriale della zona di raccogliere soccorsi, fondi ed aiuti come cittadinanza, piuttosto che come aziende o istituzioni per assicurarsi un’immagine a proprio uso e consumo, c`è stata un’ovazione generale e sul momento si sono raccolti impegni pari a 20 milioni di rupie (400 mila euro). A Chennai un’amica mi raccontava di come lei, brillante funzionario di una banca multinazionale, con il fratello e la cognata, medico, abbia accolto in casa vari bambini che semplicemente non sanno dove siano i loro genitori. I tre minuti di silenzio nelle capitali europee hanno suonato come un potente richiamo all’idea che ogni morto è mio fratello, al di là della nazionalità e della lontananza. È bene, tuttavia, tener presente un altro aspetto: la dignità che ogni popolo sta testimoniando in questo momento. Ci stiamo rendendo conto che globale non significa appiattito o venduto al più forte, o presunto tale. Se si chiede aiuto non lo si fa per poi indebitarsi con i paesi più ricchi. Fa pensare un paese come l’India, protagonista con la Cina di uno dei balzi economici più incredibili degli ultimi decenni, ormai riconosciuto come un gigante sulla scena economica mondiale, che annuncia di essere in grado di gestire la situazione per conto suo. La decisione si scontra con l’immagine stereotipa che l’opinione pubblica occidentale ancora ha di questo miliardo di persone. In definitiva ci si deve rendere conto, se non lo si è già fatto, che gli equilibri stanno cambiando. Certo gli aiuti sono necessari, ma si è ben coscienti che aprire la porta a soccorsi ed aiuti non dev’essere un compromesso per una colonizzazione nuovo stile. I paesi occidentali hanno lanciato raccolte, stanziato milioni di dollari ed euro, una manifestazione di solidarietà internazionale come mai ce n’erano state. È la categoria della fratellanza universale che sposa quella della globalizzazione. Tuttavia le nazioni asiatiche più colpite, anche se bisognose di tutto, pur lanciando appelli, hanno fornito prova di una dignità forse inattesa e di desiderio di non venire a compromessi. Stiamo assistendo da un paio di decenni ad un processo di rivoluzione negli equilibri socio-politici mondiali. I tempi di assestamento non sono così brevi. Senza dubbio anche lo tsunami è entrato in questo gioco e, forse, fra qualche decennio gli osservatori potrebbero leggere lo sviluppo dell’umanità in chiave diversa anche per quanto abbiamo visto accadere sotto i nostri occhi in questi giorni.

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