Gli uomini-ombra in politica
Esistono, i vice dei Grandi della terra. Persone che non contano nulla – un vice chi è? – ma che manovrano fili sotterranei quando il capo è occupato in altre cose, distratto oppure semplicemente perché non ne ha voglia come George W. Bush. Talleyrand fu un’ombra dietro la Rivoluzione francese, poi dietro Napoleone e poi i re borghesi, ma rimase potentissimo. Dick Cheney, era un ragazzone banale ma che lentamente, spinto dalla moglie ambiziosa e intelligente, fece carriera in politica: ha lavorato per Ford, per Nixon e papà Bush. Sfuggente, affettuoso in famiglia, lavoratore accanito, scaltro e con scarso senso morale, o meglio una morale tutta sua. Ma ha fatto strada, sapendo stare in silenzio: la dote degli uomini-ombra, arrivisti nascosti.
Vice-L’uomo nell’ombra, diretto con puntigliosità da Adam McKay (passato da regista di film demenziali all’Oscar 2017 per La grande scommessa), ripercorre vita e miracoli – morte non ancora perché l’uomo è vivo –, di Dick, che molti dicono sia stato il vero presidente negli otto anni di George W. Bush. È lui che ha inventato la guerra in Iraq e la fine di Saddam Hussein, l’invasione in Afghanistan, le torture a Guantanamo, e così via. Bush firmava, nulla di più. Sarà vero? Cheney, che soffriva di cuore – ha avuto un trapianto nel 2012 –, sapeva il fatto suo, e lo sa ancora, visto che tanti segreti se li tiene dentro e dato che ha avuto la furbizia di far sparire migliaia di e-mail degli anni di Bush, compromettenti. Così il film ha dovuto ammettere che di parecchie cose si sa poco e Dick può tuttora presentarsi come uno che ama la nazione e ha salvato dalla guerra migliaia di giovani americani.
Christian Bale, ingrassato di venti chili, irriconoscibile è un Dick efficacissimo: cinico, ladro, affettuoso, paterno, sornione, deciso. Una recitazione globale, un altro Cheney. Che riesce a far eleggere alla Camera alla fine una figlia e a non andare mai sotto processo. Miscela tra biografia documentario, dramma e commedia, pur con qualche pesantezza, il film regge benissimo, soprattutto per i l cast superlativo: Amy Adams, Sam Rockwell, Steve Carrell. È intrigante perché “spia” i meccanismi che la politica – in America ma anche da noi – può usare per presentarsi come democrazia, amore per il popolo e la nazione, nascondendo interessi di cordate e personali di grande egocentrismo dietro slogan ideali. La storia di un oscuro burocrate che manovra dietro le quinte un potere quasi infinito, reale, dovrebbe far pensare.