Gli ultimi saranno ultimi
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Il regista Massimiliano Bruno, portando sullo schermo la piece teatrale omonima, opera una svolta nel suo fare cinema, virando dalla commedia disimpegnata alla denuncia di un grave disagio attuale: quello della precarietà del lavoro e, in particolare, quello dovuto al licenziamento delle donne che restano incinte.
La protagonista è una di queste lavoratrici, che passa gradualmente dalla filosofia di vivere in silenzio, accontentandosi di quello che si ha, alla ribellione che arriva fino a compiere un gesto sconsiderato. La sua crisi è mostrata in tutta la sua drammaticità e fino in fondo, con ripensamenti esistenziali che minano perfino la sua fede nel Vangelo.
La costruzione del racconto mostra come i vari personaggi che prendono decisioni sbagliate siano a loro volta costretti da altri. Fa capire come causa grave di questo andazzo, oltre all'egoismo dei dirigenti, sia anche la remissività dei sottoposti, la poca voglia di lavorare di certi e la loro irresponsabilità.
L'impegno sociale del film è quello di smuovere la volontà dei lavoratori, spingendoli a reagire e ad uscire da una passività dannosa. E suo pregio è riuscire, nonostante la forma della commedia ricca di toni sentimentali delicati e di ironia controllata, ad affrontare tali problematiche importanti, riuscendo a portare lo spettatore dagli uni alle altre, coinvolgendolo totalmente. Grazie anche alla buona recitazione degli attori, specie della Cortellesi e alla cura dei dialoghi complessi, ma chiari.
Regia di Massimiliano Bruno; con Paola Cortellesi, Alessandro Gassman, Fabrizio Bentivoglio.