Gli Statuti dell’Opera di Maria
Un ricordo personale. Quando nel ‘95 Chiara Lubich mi chiamò a far parte di quel gruppo di studiosi di varie discipline che aveva desiderato radunare attorno a sé per enucleare la dottrina contenuta nel carisma dell’unità, mi disse che per me questo doveva concretizzarsi nell’ambito del diritto e – forse vedendomi sorpresa – aggiunse: “Il diritto, la regola, è il Verbo”.
Non credo di aver capito, né allora né ora, lo spessore di questa affermazione, ma forse ho avuto un po’ la grazia di sperimentarla, quando Chiara stessa negli ultimi anni mi ha voluta accanto a sé,- insieme ad un altro focolarino, come me laureato in giurisprudenza -, per il lavoro di revisione ed aggiornamento degli Statuti generali dell’Opera di Maria.
La composizione di una regola dell’Opera era già cominciata fin dagli anni Quaranta, con la prima breve regola che Chiara, pur domandandosi il perché di uno Statuto ed una approvazione ecclesiastica per una vita che voleva essere puro cristianesimo, aveva scritto per obbedire alla richiesta del vescovo di Trento.
Il cammino di approvazione
Negli anni successivi l’Opera fu lungamente studiata dalla Chiesa che si trovava forse impreparata alla novità rappresentata dalle nuove forme di vita associata che andavano fiorendo in essa. Varie proposte di regole si susseguirono nel tentativo, mai completamento riuscito, di descrivere la realtà complessa e variegata di quest’Opera che, nata da un piccolo seme, un gruppo di ragazze, era andata sviluppandosi fino a contenere persone le più varie, per stato sociale, età, vocazione, e così via.
Nel clima conciliare e post-conciliare si è venuta delineando la nuova visione della Chiesa come “comunione” in cui tutti i credenti, chierici e laici, uomini e donne, vergini e sposati, sono riconosciuti uguali in dignità, perché tutti fratelli, chiamati quindi prima di tutto ad amarsi e poi ad esercitare, all’interno di questa comunione nell’amore reciproco, le varie funzioni a ciascuno affidate.
In questo clima, su invito del card. Pironio, allora presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, Chiara ha sentito di poter esprimere pienamente la realtà dell’Opera, e si è arrivati così nell’estate del ‘90 all’approvazione degli Statuti generali dell’Opera. Un momento di gioia solenne e profonda, per Chiara e per tutta l’Opera.
Chiara ha definito gli Statuti in tanti modi: la fotografia dell’Opera, il calice nel quale lei ha riversato tutta la ricchezza del carisma donatole dallo Spirito Santo, tutto il Verbo che Dio le ha fatto vedere e conoscere, il disegno della casa (l’Opera) che l’architetto (Dio) ha costruito, la veste giuridica dell’Opera, e così via.
Negli ultimi anni, Chiara avvertiva l’urgente desiderio di un loro aggiornamento che desse diritto di esistenza agli sviluppi più recenti di questa pianticella che si era venuta arricchendo di nuovi abbondanti rami e frutti.
Per questa revisione ha chiesto il contributo di tutta l’Opera, perché gli Statuti risultassero non tanto – come lei ha scritto in una meditazione – il capolavoro di un santo, quanto il capolavoro del Santo in mezzo a noi, di Gesù in mezzo. Chiara ha seguito personalmente con un amore e una cura difficili da immaginare, tutto il lavoro.
Alcuni principi
Per me è stata una grazia specialissima poter assistere da vicino a questo lavoro e vedere come Chiara, guidata dallo Spirito Santo e dall’istinto materno nel tratteggiare la figura di questa sua creatura, sapesse tradurre in norme tutta la luce del carisma e tutta la vita dell’Opera, attenta a quei principi che ogni buon legislatore dovrebbe applicare.
Per esempio:
– non introdurre negli Statuti quanto non fosse già presente nella vita dell’Opera e nello stesso tempo cercare quei termini universali che potessero meglio prestarsi ad una interpretazione larga, estensiva, perché le norme non fossero una costrizione, ma una porta aperta a nuove realizzazioni;
– non pretendere che gli Statuti prevedessero tutti i casi possibili, ma limitarsi ad esprimere quanto vi è di essenziale, riconoscendo il valore di tanti altri documenti dell’Opera e soprattutto della sua prassi che tramanderà al futuro pensieri e comportamenti fondanti;
– escludere dagli Statuti riferimenti o citazioni che non fossero propri della nostra spiritualità, a salvaguardia dell’identità di questa comunità che, solo se è se stessa, può armonicamente entrare in relazione con tutte le altre e donare e ricevere;
– ascoltare e vagliare con estrema attenzione i pareri richiesti ed ottenuti dai vari membri dell’Opera, perché ogni cambiamento avesse il suggello del consenso di quanti debbono poi osservare le norme stesse;
– abbreviare, chiarire, semplificare, guidata sempre dall’amore perché gli Statuti potessero essere amabili ed amati, legge da portare sempre con sé, da meditare ed in cui trovare alimento per vivere.
L’ultima stesura
Col procedere del lavoro, cresceva in lei quasi un’ansia di concludere ed arrivare all’approvazione, perché ormai sentiva che era completato per quello che le competeva e quindi aspettava solo il ‘sì’ dell’autorità della Chiesa. “Bisogna radicare bene l’Opera negli Statuti – diceva, riferendosi a quando lei non ci sarebbe più stata – perché gli Statuti ti dicono cosa fare, ti butti nella vita e torna la gioia, torna la sicurezza, torna la felicità”.
Così il 12 marzo del 2007 è stata consegnata al Pontificio Consiglio per i Laici l’ultima stesura e, dopo soli 3 giorni, il 15 marzo, è stato firmato il decreto di approvazione! Anche se poi questo decreto, per disguidi postali, è arrivato a Chiara in aprile, un mese dopo. Ma è arrivato nel periodo di Pasqua e sembrava il dono del Risorto.
Grandissima la gioia di Chiara per questo ulteriore riconoscimento da parte della Chiesa che lei ha sempre amato e che ci ha insegnato ad amare col suo cuore, infinitamente. Sottolineava l’importanza di questa approvazione dicendoci: “Ora la Chiesa ci vede così e quindi dobbiamo essere così”. Sentiva che solo il radicarsi profondamente nel cuore della Chiesa salva e difende i carismi per i secoli.
Gli Statuti
Se ora guardiamo a questi Statuti, ci sembra che essi riflettano il desiderio di Chiara che in essi ogni particolare fosse segno e frutto di quella comunione che è alla base di tutta la vita dell’Opera e che è posta come premessa di ogni altra regola.
In una rapida scorsa possiamo rilevarne qualche nota particolare- Riguardo al fine dell’Opera viene in rilievo l’introduzione, accanto all’unità che è propria dei cristiani, della fratellanza universale verso cui possono tendere e di fatto tendono tutti gli appartenenti all’Opera, anche se di altre religioni o che non si riconoscono in nessuna religione.
L’art. 8 che riguarda la spiritualità è stato completamente riscritto da Chiara. La successione dei vari punti mostra più chiaramente che essi sono finalizzati a generare la presenza di Gesù in mezzo. Gesù in mezzo è così non solo la “premessa di ogni altra regola”, ma anche la via nella quale l’Opera cammina ed il suo punto di arrivo in cui la si vede rivivere Maria nella sua specifica maternità.
Gli articoli che riguardano gli aspetti concreti della vita sono arricchiti dalla esperienza attuale. Così, ad esempio, vi trovano posto espressioni e realizzazioni come “la cultura del dare”, la “economia di comunione”, le “operazioni per la nuova evangelizzazione”, le “comunità locali”, gli “strumenti della spiritualità collettiva”, la “Scuola Abbà” e la “nascente università”…
Per i dialoghi, oltre all’introduzione del dialogo con la cultura, viene precisata l’estensione a tutto campo del dialogo per promuovere una sempre più profonda unità, incrementando la comunione a tutti i livelli nella Chiesa cattolica.
Viene poi più in luce la reciprocità, per cui si sottolinea che, attraverso la comune pratica della “regola d’oro”, attraverso l’attenzione ed il rispetto per i valori gli uni degli altri, attraverso iniziative di solidarietà portate avanti insieme, si dà testimonianza della concordia e fraternità fra tutti gli appartenenti all’Opera per il bene dell’umanità.
Per quanto riguarda la struttura e la composizione dell’Opera, sono state introdotte nuove diramazioni ecclesiali e meglio specificate le diramazioni giovanili, esprimendo così la viva ed operante comunione anche fra le diverse generazioni.
Le innovazioni riguardanti il Governo rispondono all’esigenza di renderlo più conforme all’ispirazione originaria, garantendo la più stretta unità insieme alla più ampia partecipazione. È stato così distinto, al cuore dell’Opera, come organo di direzione ed orientamento per tutta l’Opera nella sua unità, il Centro dell’Opera che, oltre alla Presidente ed al Copresidente, comprende solo le consigliere ed i consiglieri generali eletti dall’Assemblea e i due responsabili centrali delle sezioni delle focolarine e dei focolarini.
Vi è poi il Consiglio generale che si allarga a comprendere tutti i responsabili centrali dei dialoghi e delle diverse diramazioni, riassumendo e coordinando l’intera Opera nelle sue varie articolazioni e partecipando col proprio consenso o col proprio voto ai principali atti di governo.
Come Maria
Ma se ogni particolare degli Statuti cerca di esprimere questa vita di comunione, non possiamo prescindere da un cenno particolare alla premessa che Chiara ha sottoscritto personalmente e che pone come fondamento di tutto la presenza di Gesù in mezzo, generata dall’amore reciproco.
Questa presenza deve precedere ogni altra norma, perché l’Opera possa rispondere al suo nome, che esprime la sua natura, essere cioè “Opera di Maria”, nel senso di Opera di cui Maria è il soggetto, essere perciò di lei, come gli statuti dicono all’art. 2, “una presenza sulla terra e quasi una continuazione”, ripetere per quanto è possibile la sua tipica funzione di ridare Gesù all’umanità di oggi.