Gli scavi al Santo Sepolcro e il mistero della risurrezione

Gli ultimi scavi hanno avuto inizio nel 2022 e sono emersi, tra le altre cose, strutture di epoca romana.
Facciata Basilica Santo Sepolcro (foto G. Pinto Ostuni)

È il luogo in cui il mistero dell’incarnazione di Dio trova compimento nella resurrezione. Il Santo Sepolcro di Cristo è testimone del superamento della morte e il fondamento della fede cristiana. “Non è un punto di arrivo come qualunque altra tomba”, scrivono Heinrich Furst e Gregor Geiger nella loro guida alla Terra Santa, “è il segno del Dio vivente, il simbolo concreto della resurrezione”, la testimonianza in assoluto più importante del cristianesimo. Al Santo Sepolcro sono interessati tutti coloro che si riconoscono in Cristo risorto: greco-ortodossi, cattolici romani, armeno-ortodossi, siriaci, etiopici e copti.

La storia
“Nel XIX secolo – osservano Heinrich Furst e Gregor Geiger – si cominciò a dibattere animatamente se il luogo in cui sorge la chiesa del Santo Sepolcro potesse davvero essere quello in cui fu deposto Gesù”. In realtà, una robusta e consolidata tradizione e il tentativo di occultamento del sepolcro in epoca romana depongono a favore del luogo della deposizione. “Dai tempi di Adriano fino all’impero di Costantino – riporta l’archeologo francescano Michele Piccirillo, citando il vescovo Eusebio di Cesarea, contemporaneo della costruzione del complesso sacro – per circa 180 anni si venerava sul luogo della resurrezione la statua di Giove e sulla roccia della croce una statua di marmo di Venere posta dai Gentili. Nelle intenzioni degli autori della persecuzione ci avrebbero tolto la fede nella resurrezione nella croce se avessero profanato con gli idoli i luoghi santi”.

Basilica del Santo Sepolcro. Foto: G. Pinto Ostuni

Cambia tutto con Costantino. L’imperatore pone fine ai culti pagani, libera i santuari cristiani e mette mano all’area del Santo Sepolcro. “Quando rimosso elemento dopo elemento – racconta Eusebio di Cesarea nella vita dell’imperatore – apparve l’area al fondo della terra, allora contro ogni speranza appariva anche tutto il resto, ossia il venerando e santissimo testimonio della resurrezione salvifica e la Grotta più santa di tutte riprendeva la stessa figura della resurrezione del Salvatore”. Era il 326. “Gli architetti – aggiunge Michele Piccirillo – isolarono dalla montagna il dado di roccia con la tomba di Gesù ritrovata sotto il podio del tempio pagano e la circondarono con una larga esedra triabsidata che successivamente fu coperta con una cupola a cielo aperto sostenuta da colonne e pilastri”. Nel luogo Costantino fece erigere una basilica a cinque navate, la basilica del Martirio.

Edicola del Santo Sepolcro. Foto: G. Pinto Ostuni

È l’inizio di un cammino pieno di inciampi. Nel tempo la basilica subisce, infatti, vari tentativi di distruzione. Il duro confronto con l’islam, incendi e terremoti determinano la distruzione di numerose chiese, compresa quella del Santo Sepolcro. “La distruzione dello splendido edificio – ricorda Michele Piccirillo – iniziò nel 614 quando i persiani, dopo la presa della città (Gerusalemme, ndr), lo spogliarono dei doni più preziosi e appiccarono il fuoco alle strutture in legno”. Durante il califfato di Al-Hakim la distruzione fu intensa. Furono irrimediabilmente perduti la basilica del Martirio e l’ingresso monumentale del Santo Sepolcro.

Con la presa di Gerusalemme da parte dei crociati si rimette in moto il rifacimento e la ristrutturazione di numerose chiese. Il complesso costantiniano è sostituito da un unico edificio che ingloba il luogo della risurrezione e il Golgota. La nuova basilica fu consacrata il 15 luglio 1149, a cinquant’anni dalla conquista della città. Non è, tuttavia, la fine delle traversie, per cui si rendono necessari ulteriori interventi di ristrutturazione. Il più prossimo al nostro tempo è degli anni Sessanta del secolo scorso, conclusosi nel 2017 con il restauro dell’Edicola del Santo Sepolcro.

La situazione giuridica del Santo Sepolcro resta tuttora complicata: su di esso gravitano i diritti di proprietà delle diverse confessioni. Un decreto del 1852, emanato dalle autorità ottomane, congelava provvisoriamente la situazione in attesa di decisioni definitive. In realtà, nulla è accaduto da allora. Sta di fatto che le chiavi dell’unico ingresso alla basilica sono tenute da famiglie musulmane che provvedono all’apertura e chiusura del luogo.

L’archeologia
In questa complessa e complicata situazione le indagini archeologiche sono ancor più necessarie per dipanare l’ingarbugliata matassa. Gli ultimi scavi hanno avuto inizio nel 2022 e sono diretti dalla professoressa Francesca Romana Stasolla del Dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza di Roma. Ad essi si affianca il lavoro di restauro del Centro di conservazione e restauro la Venaria reale di Torino.

Cerimonia al Santo Sepolcro. Foto: G. Pinto Ostuni

Le indagini hanno interessato diverse aree della basilica, l’ultimo rapporto, con alcune conclusioni preliminari, è del 7 novembre scorso. “Le indagini archeologiche – spiega un comunicato – hanno dimostrato che tutto il sito si fonda su un piano roccioso che ha subito nel tempo profonde trasformazioni dovute all’attività estrattiva”. Lo scavo ha permesso di individuare con più precisione l’area occupata dalla struttura di culto di epoca adrianea. Essa “doveva chiudere ad ovest l’accesso alla tomba venerata, impedendone quindi la visita, ma mantenendone il ricordo”. Nel IV secolo la collina fu spianata, preservando la camera funeraria, che fu foderata dall’esterno con rivestimenti. “Il risultato – aggiunge il comunicato – doveva essere un piccolo santuario circolare con un’anticamera preceduta da tre gradini e circondato da dodici colonne che definivano una pianta circolare”. È probabile che la struttura fosse senza copertura. In seguito essa è stata collegata e inglobata nella basilica.

Il lavoro di scavo ha fatto luce su diversi aspetti relativi alla basilica di Costantino e ai periodi precedenti. Sono emerse strutture di epoca romana (tratto di strada con marciapiede, limite meridionale dell’edificio di Adriano); elementi della sistemazione paleocristiana dell’Edicola; frammenti di lastre con graffiti lasciati dai pellegrini. Ogni nuovo dato, facendo luce sulla storia, rende concreto il mistero della resurrezione.

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