Gli occhi di Antonello
La ragazza bruna, volto ovale perfetto, occhi scuri e carnagione morbida, che controlla i biglietti, fa impressione. Immaginarla vestita del manto azzurro come l’Annunciata di Antonello qui, nel rinnovato Palazzo Abatellis, è un attimo. Dopo oltre 500 anni il tipo di bellezza sicula che diventa l’effigie della Madonna è rimasto identico. E fa pensare che Maria di Nazareth, donna mediterranea, fosse proprio così. E’ il primo fulmine all’ingresso di una mostra che raduna la metà dei dipinti –pochi, quelli rimasti – del pittore messinese del ‘400, diversi dei quali tornati dopo oltre mezzo millennio nel capoluogo siciliano. Il secondo colpo è il grande affresco del Trionfo della morte, issato su una parete: chi l’ha dipinto a metà ‘400? Mistero.
Un artista certo complesso, colto, che conosce l’arte catalana e fiamminga sul tema della morte scheletrica che a cavallo lancia frecce a uccidere tutti, ricchi e poveri. Come cent’anni prima Buffalmacco aveva dipinto nel Camposanto di Pisa: memento mori. Tutt’altra cosa l’arte di Antonello. Celebra la vita: con gli occhi.
L’Annunciata subito appare nella prima sala. Timida, sorpresa, si protegge dal fruscio improvviso dell’angelo che non vediamo, ma lo vediamo nei suoi occhi profondi, raccolti, e forti. Questi occhi parlano e dicono un mondo, meglio, dicono il mistero che sta avvenendo. Nella tavola da Siracusa (Museo di Palazzo Bellomo) l’Annunciata ora gli occhi li abbassa davanti all’angelo. Dice in questo modo quello che sta provando, e lo dice anche il manto che da celeste trascolora in azzurro e in blu a seconda del flusso di luce che l’invade, dalla finestra e dall’angelo. Antonello usa una limpidezza di colore che crea la vita. Microcosmo dell’anima. E’ sempre Maria nel Polittico di san Gregorio Magno da Messina. Lei in trono offre ciliege al bambino e guarda dentro di sé, san Gregorio ci fissa cercando un dialogo con noi.
Ma è il san Benedetto nel polittico dagli Uffizi, piviale decorato sopra l’abito nero, a farci quasi paura. Un occhio fulminante, uno sguardo severo ed energico di questo vecchio siciliano barbuto, che sa tutto della vita. La Madonna invece è presa dal suo piccolo che l’abbraccia. Antonello è pittore di tenerezze materne, di un affetto caldo. L’uomo da Cefalù che ci sorride
Tra l’ironico e il complice – chi sarà mai? – ha un lampo orgoglioso nello sguardo. Veste bene, si è fatto da sé, sa muoversi in società. Occhi disturbanti: contento di essere vivo e di avere successo.
Alla fine ci si ferma di fronte alla piccola Crocifissione da Sibiu in Romania. Quante volte Antonello ha trattato il Cristo martire anche con lacerazione, ad esempio nella tavola a Madrid (Prado). Ma questa Crocifissione è uno sguardo che si solleva dalla sofferenza dei tre morti e dei dolenti a terra, si apre sul golfo di Messina, su orti colline e persone. Dilata l’anima sul mondo intero e la storia. Il dolore è superato, oltrepassato dalla luce di Antonello, dal paesaggio pulviscolare in cui essa ci porta. Alla fine il dolore non c’è più. C’è uno spazio immenso: la vita, che ha l’ultima parola, sempre. Questo è Antonello. Da non perdere. Fino al 10 febbraio.