Gli inglesi verso la modernità
Organizzare una rassegna su tre nomi di spicco come Hogarth, Reynolds e Turner non è impresa facile. Perché il corpus di opere presentato – oltre cento – è cospicuo e porterebbe lo spettatore ad una difficoltà di scelta fra tanti lavori esposti. Ma per fortuna non è così, perché l’allestimento al romano Palazzo Sciarra è diligente, chiaro e così si può ancora una volta viaggiare fra tre grandi maestri di una Inghilterra del ‘700 che scivola dal classicismo dell’Europa verso le forme moderne in modo elegante, non pesante, ma deciso.
Nella prima sezione della mostra sono raccolte le opere vedutistiche inglesi di Scott, Marlow, Sandby a cui si aggiunge il veneziano Canaletto, maestro indiscusso della vedutistica e fonte di illuminazione per gli artisti del genere. Londra, con 700 mila abitanti, è una metropoli e i dipinti lo evidenziano con assoluta chiarezza di luci e di forme.
Ma la città conta un mondo umano emergente, quello del ceto medio, il cui rapporto con il settore aristocratico dominante si fa costante ed il filo che li separa sempre più sottile. La ritrattistica di autori come Zoffany, Hodges, Wright of Derby si sofferma su figure di industriali, commercianti, scienziati, esploratori insieme a musicisti, attori, ossia la pittura diventa espressione di una società variegata, in continua ed esigente crescita.
Ma l’arte penetra al di dentro della società, ed ecco Hogarth che nelle sue opere satiriche e disincantate osserva il mondo inglese – la celebre serie de le Marriage à-la-mode – con una punta di disprezzo non troppo controllato, mentre le tensioni del teatro romantico e visionario già prendono corpo nelle tele di Fussli, svizzero emigrato a Londra, che ad esempio dipinge scene dallo scespiriano Macbeth allucinate e sconvolgenti.
Una pausa nella rassegna ed ecco i grandi ritratti di Gainsborough e Reynolds dove un mondo autosufficiente di gentildonne e gentiluomini, imparruccati e vestiti di seta, si offre come modello di vita e di eleganza al mondo presente e futuro. Nobiltà, fascino ed anche una sottesa vacuità nel pennello raffinatissimo di questi artisti.
E finalmente arriviamo a Constable e Turner, poeti del paesaggio inglese, tra fine ‘700 e primi dell’800. Constable è pacifico, lento, misurato: la sua natura è mite, dolce, riposante nella pennellata così fluida, ricercata e pastosa. Al contrario Turner inscena naufragi, temporali, visioni fumiganti di cieli esplosivi di una natura dove il colore si fa atmosferico e la luce elettrizzante svela un mondo sospeso tra realtà, fantasia e sogno. Quale dei due preferire? La scelta non facile spetta all’osservatore. Se ha desiderio di calma, sceglierà forse Constable, se ama il moto perpetuo, il sinfonismo pittorico Turner.
Una mostra da non perdere (catalogo Skira).
“Pittura inglese verso la modernità”. Roma, Palazzo Sciarra, fino al 20/7.