Gli eroi di Mel Gibson
C’è un fantasma che percorre come una ossessione il cinema attuale. Nonostante l’Occidente tenti di continuo di ricacciarlo nell’ombra. È il Cristo. Quest’uomo che vive e muore per un ideale, che conosce il dolore e le difficoltà, ma che non si arrende mai. È lui in fondo il personaggio sotteso a Silence di Scorsese ed è lui che anima gli eroi della filmografia di Mel Gibson. I quali son sempre degli irregolari, talvolta dei carismatici senza volerlo.
Ricordate nel 1995 Bravehart-Cuore impavido – due Oscar – dove Gibson, attore regista e produttore, impersonava l’eroe indipendentista irlandese che moriva per la sua causa? O Apocalypto nel 2006 con il giovane guerriero indio che si ribella agli invasori e salva la famiglia? Per non parlare di The Passion… .Ecco, Gibson ama gli eroi coraggiosi e leali che lottano in mezzo al dolore e al sangue, altri Cristi lungo la storia. E di sangue e crudeltà ce ne sono sempre parecchi nei film gibsoniani.
Anche nell’ultimo, La battaglia di Hacksaw Ridge dove non ci sono risparmiate le scene cruente, quelle che fanno della guerra una carneficina, e che di solito il cinema del passato cercava di edulcorare nella “bella morte eroica”. Qui c’è il giovane soldato Desmond Doss, volontario ma che si rifiuta di uccidere, per rimanere leale verso la sua fede di Avventista del Settimo giorno. Ovviamente, non gli vengono risparmiati l’addestramento – truce e spietato –, le beffe dei compagni, le minacce dei superiori, le paure della moglie. E a sé stesso, i dubbi e le angosce. Ma la decisione viene da lui rispettata. E nel clima apocalittico della battaglia riesce a salvare dozzine di persone, anche nemiche. Tanto da venire decorato a fine conflitto con la Medaglia d’onore.
La storia è vera, Doss, scomparso nel 2006, è un personaggio reale. Gibson, secondo il suo sistema, divide drasticamente i buoni dai cattivi (i giapponesi, stavolta, crudeli e diabolici), ricostruisce perfettamente le azioni di guerra con corpi esplosi, membra sparse e ordini isterici. Ma si concentra anche nel presentare la fede del ragazzo. Ostinato e coraggioso, pronto a sacrificarsi per salvare vite dalla violenza di un conflitto a cui non crede. Rimarrà in vita – quasi un risorto dalla morte –, e lui stesso fa fatica a crederci.
Bisogna ammettere che Andrew Garfield – quello di Silence – si è impegnato anima e corpo nel ruolo del primo obiettore di coscienza americano e c’è riuscito, tant’è vero che è candidato agli Oscar come miglior attore. E che la regia di questo epico kolossal non conosce punti morti, anzi. Qualcuno ha trovato dei confronti con Salvate il soldato Ryan di Spielberg o con Lettere da Iwo Jima di Eastwood. Certo, si tratta di grandi film di guerra, un genere mai morto, anzi: in sala c’è ora Billy Lynn-Un giorno da eroe di Ang Lee su una missione americana in Iraq.
L’originalità di Gibson tuttavia sta nella visuale con cui racconta la guerra, ossia quella della fede intrepida di un giovane pacifista che, cristologicamente, compie la sua missione di salvare vite umane anziché spegnerle. Sempre controcorrente, Gibson, ora rientrato nei favori di Hollywood.