Gli assenti da Rio +20
Nel giugno 1992, scrivevo sulle pagine di Città Nuova che a Rio de Janeiro «il mondo era stato convocato al capezzale di un malato grave: il pianeta». Venne curato con regole comuni per il clima, le diversità biologiche, le foreste, la desertificazione. Un vero consenso sul da farsi. Diversa la reazione provocatami dal vertice Rio +20 concluso il 21 giugno scorso.
Nel documento finale “Il futuro che vogliamo”, i risultati sperati, ma soprattutto le scelte necessarie e non più rinviabili, sono svaniti nel linguaggio di una diplomazia preoccupata solo di evitare dissensi, al punto da considerare come passo in avanti gli impegni presi 20 anni or sono e fare qualche debole promessa di difficile attuazione, visto l’impegno finanziario che ognuna richiede. Eppure il mondo è cambiato e la crisi ambientale si fa ogni giorno più seria.
Perché allora i 191 Stati presenti non hanno dato risposte adeguate e aggiornate? A differenza del 1992, a Rio sono mancati solidarietà e futuro. E così ogni Paese – e ogni gruppo di Paesi – ha pensato alla propria crisi economica, alle tensioni sociali, all’interesse di gestire risorse naturali. Forse anche ai danni all’ambiente… provocati da altri. Al futuro si è sostituito il timore per uno sviluppo sostenibile fatto di energie alternative, di cambiamenti degli stili di vita e dei consumi, di economia verde (green economy). Timore di decisioni capaci di migliorare l’esistenza delle persone, delle comunità e dell’intera famiglia umana e non solo i loro standard di vita.
Resta una certezza. L’inerzia della diplomazia è la porta stretta attraverso cui passa la convinzione della società civile (e cioè quanti hanno a cuore la vita umana sulla terra) che una vera coscienza ecologica richiede decisioni, istituzioni e forme di cooperazione orientate verso l’altro e non chiuse sull’oggi. Con un processo che parte, necessariamente, da ognuno di noi, dal nostro piccolo o grande mondo quotidiano per giungere come tanti cerchi concentrici fino alle istanze della Comunità internazionale. Rio +20 dimostra che non c’è più alternativa.