Gli aquiloni che parlano
In Argentina, le chiamano barrileteadas solidales. Il barrilete è l’aquilone, quel semplice e meraviglioso gioco che si lancia in cielo guidandolo con uno spago. Un gioco diffuso ad ogni latitudine, come la bambola, la palla, il cerchio. Un po’ in disuso, forse, ora che il mistero e il fascino del cielo stellato sopra di noi è continuamente violato. Un medico dei bambini lo ha fatto tornare di moda tra i suoi piccoli pazienti dimessi dall’ospedale, e si è servito del suo innegabile valore simbolico per veicolare le campagne di prevenzione e cura delle malattie infantili che sta conducendo con passione, originalità e simpatia da dieci anni. Si chiama Ruben Sosa, è argentino e dirige il reparto malattie infettive di un ospedale pediatrico di Buenos Aires. La storia delle barrileteadas ha inizio, appunto, nei giorni precedenti il Natale ’95. Una cinquantina di famiglie si dà appuntamento nel prato che circonda l’ospedale. Li ha convocati il medico dell’ospedale che ha avuto o ha ancora in cura qualcuno dei loro figli. Questa volta il dottor Sosa non indossa il camice bianco e non è solo. Ha portato con sé anche i figli, per trascorrere qualche ora in serenità costruendo e facendo funzionare gli aquiloni. Le ore volano con loro, trascorrendo momenti spensierati all’aria aperta, dando vita a un semplice gioco che coinvolge grandi e piccoli. E tra gomitoli di spago, barattoli di colla, fogli colorati di carta… cresce anche la voglia di ripetere l’esperienza e di estenderla a altre famiglie. Questi appuntamenti si sono ripetuti con cadenza regolare una o due volte l’anno. La partecipazione delle famiglie è sempre più entusiasta e numerosa: all’ultimo di questi appuntamenti erano presenti non meno di seimila persone. L’obiettivo di fondo – spiega il dottor Sosa -, è sempre lo stesso: la cura e la salvaguardia della salute. Spiega come proprio dall’incontro quotidiano con i suoi piccoli pazienti e i loro familiari abbia preso corpo l’iniziativa. Il ricovero in ospedale è un fatto traumatico per tutti, specie per i bambini. Restano spesso delle zone d’ombra, delle paure anche dopo la guarigione. La festa degli aquiloni è nata spontaneamente, come un tentativo di risposta al tentativo di superamento di questi momenti difficili. A pensarci bene, l’aquilone – dice – risveglia la voglia di muoversi, di correre, ma anche di stare insieme. Per fabbricarlo occorre poco, oggetti che si trovano a casa; questo è già un elemento importante per sviluppare nei piccoli pazienti quel senso di poter fare da sé, ed allo stesso tempo richiedere aiuto al momento del bisogno, che lo stato di malattia può aver disturbato. Lo stesso gesto di lanciare verso l’alto il proprio aquilone, che prende via via il largo nel cielo infinito, sprigiona una forte carica simbolica. Queste gare di e tra famiglie, senza pubblicità di natura politica o consumistica, sono lo spazio aperto in cui fermentano e fiori- scono le molteplici iniziative del dottor Sosa che di volta in volta toccano punti nevralgici come la droga, la donazione degli organi, i tumori infantili, l’Aids. Questa attività – spiega – ha certamente molta attinenza con la mia professione. Io però qui non sono nella veste di medico, ma di cittadino accanto ad altri cittadini, con persone in salute, alle quali però viene offerta una informazione corretta dal punto di vista sanitario. Il dottor Sosa spiega anche, con numerosi esempi, come si cerca di creare prevenzione: Nelle campagne antidroga, fra l’altro, c’è un momento in cui, dopo aver illustrato i pericoli e i danni che esse provocano, diamo a tutti i ragazzi un diploma, in cui essi si impegnano a non assumere sostanze stupefacenti, una volta cresciuti. Questa presa di coscienza collettiva si è rivelata di grande aiuto in determinate circostanze . Il 1999 è stato l’anno della donazione degli organi. Ci siamo ricordati – prosegue il medico – che anche l’aquilone si abbandona al vento senza sapere dove andrà. Altrettanto vale per la donazione dei nostri organi. Non sapremo mai dove e a chi andranno, ma saranno utili a qualcuno. Sosa ricorda ancora la manifestazione del 2000 come una delle più sentite e riuscite, quando hanno avuto il coraggio di piantare degli alberi in una zona arida, la pianura La Saladita in Avellaneda, una delle località più contaminate della regione: un modo per contribuire insieme a curare l’ambiente malato. La festa degli aquiloni è diventata così una ricorrenza popolare molto attesa. Una giornata felice, alla quale noi ci prepariamo con impegno – conclude il dottor Sosa -. Quando lancio l’aquilone assieme ai miei figli – lo seguo con gli occhi, sino a quando si perde nel cielo. Ma se li chiudo, sento vibrare il filo, teso al soffio del vento…. Con gli aquiloni, tanti miei pazienti hanno sollevato gli occhi verso il cielo. E vorrei essere ricordato così, come l’ uomo che ha fatto guardare il cielo a migliaia di bambini.