Gli adolescenti, tra vertigini e fiducia

La creatività, fattore principale di sviluppo delle capacità nei ragazzi, nella secondo e ultimo appuntamento con il libro Mi aiuti a crescere. La fatica di diventare grandi di Città nuova.
Giovani

Una società che sempre più a fatica si confronta con gli adolescenti,  ma che nei fatti di cronaca ne esalta la sofferenza vissuta, le difficoltà generazionali, i problemi. Si tratta sì di una fase difficile, fatta di sostanziali cambiamenti sul piano fisico e psichico, ma oggi con troppa  reticenza si parla di quella ricca miniera rappresentata dalla creatività  e degli innumerevoli tentativi di “adattamento creativo” alla realtà attuati dagli adolescenti. Scopriamo insieme come gli autori per Città nuova di Mi aiuti a crescere. La fatica di diventare grandi, osservano il fenomeno ed individuano nella creatività i punti di forza per un corretto sviluppo dei ragazzi da un punto di vista psicologico.

 

 

«La creatività è uno strumento formidabile che permette alle persone di agire in modo originale sulla realtà, allo scopo di soddisfare i propri bisogni e di mettere in relazione il proprio complesso mondo interiore con quello che poi esprime e manifesta all’esterno. Oltre a essere uno strumento, la creatività è anche un atteggiamento attivo, propositivo, dell’individuo nei confronti della vita che, se stimolato adeguatamente, aumenta la sua attitudine a ricercare sempre soluzioni nuove. La creatività non confonde o distrae la persona rispetto alla chiara lettura della difficoltà, né impedisce di esserne consapevole. Essa anzi permette di formulare domande in modo nuovo per trovare la risposta/soluzione più funzionale.

 

Negli adolescenti la creatività serve a instaurare una relazione positiva con la realtà e con il mondo degli adulti e permette di sviluppare, al tempo stesso, fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. Per l’adolescente essere creativo significa soddisfare il bisogno di autonomia e di liberazione dalle appartenenze familiari attraverso la deviazione dalla norma, familiare (genitoriale) e sociale. Trovarsi un posto nella società e contemporaneamente trovare se stessi implica una buona integrazione tra il superamento dei conflitti personali e l’accettazione delle regole sociali. I due aspetti sono fortemente connessi e caratterizzanti l’età adolescenziale.

 

La linea in cui si muove l’adolescente è contraddistinta dal bisogno di appartenere e dal desiderio di separarsi per essere unico. Questa altalena di emozioni e comportamenti correlati, stimola la capacità creativa a trovare continui e più raffinati adattamenti tra paura e coraggio. In realtà l’adolescente tende a trasgredire la norma per sentire la propria forza. Contestualmente, tale atteggiamento è in relazione con l’adulto e con gli altri adolescenti.

 

La creatività è una risorsa insita nell’adolescente, ma necessita di essere sviluppata attraverso il “sostegno specifico” da parte dell’adulto (cf. Spagnuolo Lobb 1990). Il sostegno a cui si fa riferimento è rintracciabile nella fiducia relativa alle qualità della persona. Sostenere la creatività dell’adolescente significa riconoscere le diversità di idee, legittimandole senza squalificarle. Valorizzare le differenze permette alla persona che sta costruendo giorno dopo giorno la propria personalità, di differenziarsi sviluppando un pensiero originale. Che valore dà l’adulto a questo costante tentativo da parte dell’adolescente?

 

Spesso il vissuto degli adolescenti è quello di non sentirsi raggiunti dagli adulti (genitori, insegnanti, ecc.); il divario, generazionale e valoriale, è enorme, difficile da ridurre in termini emotivi. Così il disagio diventa il disperato ed ennesimo tentativo di raggiungere i “grandi”. L’espressione della sofferenza è la risposta creativa che l’adolescente riesce a dare alla società. Stare accanto ai nostri adolescenti significa, probabilmente, riuscire a capovolgere la prospettiva abituale e guardare all’adattamento messo in atto come unica possibilità creativa che ha il ragazzo per portare avanti la propria esistenza.

 

Assumendo quest’ottica diventa meno complicato, per l’adulto, comprendere la richiesta di aiuto, di maggiore attenzione verso le relazioni affettive, verso un nuovo modo di stare in famiglia e verso la realtà dell’altro che l’adolescente, ma non solo lui, esprime nei nostri confronti. Il corpo diventa il mezzo, il canale preferenziale (come d’altronde anche per gli adulti) per rispondere creativamente al disagio. I disturbi della condotta alimentare, ad esempio, nelle diverse forme che abbiamo già visto (anoressia, bulimia, iperfagia incontrollata, vagabondaggio alimentare), sono l’espressione (creativa) della carenza relazionale. L’adolescente, con il comportamento alimentare “patologico”, oscilla da una chiusura orgogliosa, per dimostrare di essere in grado di fare da solo (anoressia), ad un’apertura senza limiti, espressione di una rabbia profonda per il suo non sentirsi “contenuto” pienamente e in modo soddisfacente (bulimia).

 

L’adulto rimane spiazzato, bloccato, attonito, quasi senza risposte; spesso, istintivamente, sprona la persona a mangiare, irrigidendo sempre di più la relazione o addirittura amplificando la forte carenza della relazione stessa. Margherita Spagnuolo Lobb, relativamente alla risposta creativa e al sostegno specifico da parte degli adulti, afferma: «La società dovrebbe dare strumenti per leggere il disagio delle condotte alimentari in funzione positiva, in funzione del cambiamento a cui esso chiama, ma per far questo la società dovrebbe essere basata sull’importanza delle relazioni umane… dire a questa adolescente: Mi commuove la determinazione con cui porti avanti le tue idee, sono orgoglioso della forza con cui affronti il tuo rapporto con me e con il mondo! È proprio fuori dalla nostra ottica. Eppure è questo che l’adolescente vorrebbe tanto che il genitore (o l’adulto) veda, la bellezza implicita nel suo comportamento, la freccia che va verso il futuro, la voglia di essere vista dal genitore nel desiderio di crescere» (Spagnuolo Lobb 2008, p. 21).

 

Un atteggiamento simile è impensabile, o quantomeno difficile da assumere, perché la società non veicola questo tipo di messaggio relazionale. Potrebbe sembrare paradossale, però questa modalità incide, decisamente, sulla fiducia nella relazione con l’adulto. L’adolescente si sentirebbe riconosciuto, visto nella sua fragilità che allo stesso tempo è forza creativa, per fronteggiare le difficoltà relative allo sviluppo.

Lo sviluppo di una risposta creativa nasce dalla bontà della relazione con l’adulto di riferimento.

Oggi la cura della relazione è il valore aggiunto, il “bene prezioso” che dà qualità ai rapporti umani. È infatti attraverso la relazione “sana” e gratificante che l’adolescente sperimenta il contenimento delle proprie ansie, paure ed incertezze per potere pensare ed organizzare la propria futura esistenza. L’atteggiamento di accoglienza, di accettazione “incondizionata” favoriscono lo sviluppo di soluzioni creative, originali, sicuramente spontanee e in linea con i reali bisogni evolutivi di chi muove i primi veri passi in questa società.

 

E allora bisogna leggere il malessere psicofisico, la condotta deviante e l’aggressività, come espressioni di un tentativo straordinario per entrare “in contatto” creativamente con la società. L’adulto, nella duplice veste di genitore e di educatore, a questo punto, non può e non deve sottovalutare il messaggio relazionale lanciato dall’adolescente. La possibilità di costruire insieme dei significati condivisi della relazione, il dare delle parole, dei nomi, al tipo di relazione, è un modo creativo per “pensarsi insieme”.

A che può servire il “definire” il tipo di relazione?

Non tanto a etichettare lo sviluppo dell’adolescente, che in genere “subisce” svariati etichettamenti, ma a “narrare” una fase di cambiamento.

 

Se l’adolescente e l’adulto insieme hanno la possibilità di dare parola alla rabbia, alla paura, all’inadeguatezza, alla fragilità, le emozioni iniziano a prendere forma e ad avere un significato. E diventa creativo il riconoscersi all’interno della relazione mantenendo la propria diversità. È creativa la scoperta di “consegnarsi” all’altro all’interno di una relazione che coniuga autonomia e appartenenza.

 

Lavorando con gli adolescenti, spesso, la difficoltà che si incontra è di “canalizzare” l’energia e orientare il potenziale di creatività. Per esempio, all’interno di percorsi di prevenzione di uso di sostanze stupefacenti rivolti a studenti di scuole superiori, sono utili laboratori di espressione creativa: ideare un fumetto relativo alle nuove droghe in circolazione, alle modalità di assunzione e ai vari contesti, costruire storie a tema, con successive rappresentazioni teatrali che vedano coinvolti gli stessi studenti nel ruolo di attori.

 

Essere autori e protagonisti della propria produzione creativa favorisce una maggiore consapevolezza del rischio e una risposta creativa al problema. Un’attività di prevenzione che non include un’azione che mobiliti le risorse creative dei destinatari (adolescenti) può non sortire l’effetto desiderato.

Sostenere la creatività degli adolescenti non è certamente semplice, ma è estremamente affascinante quanto creativo».

 

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