Gli adolescenti e il conformismo

Non sentirsi accettato, capito, apprezzato è un sentimento comune. Durante l’adolescenza (e non solo) sentirsi parte del gruppo, “essere come gli altri” è una questione di vitale importanza. Non esiste una formula magica per liberarsi dalle proprie insicurezze, ma come essere liberi e creativi?

Amanda ha 17 anni. Quando entra nel mio studio, una delle prime cose che mi dice è che non si sente accettata dagli altri. Ha degli amici, ma nessuno di loro, secondo lei, la capisce e la apprezza così com’è. Per questo si sente spesso sola, anche quando è in loro compagnia.

Dalle sue parole traspare un disagio, che l’accompagna nelle sue giornate, trascorse alla ricerca di uno sguardo, di un sorriso che la faccia sentire parte del gruppo, almeno per un momento.

«Con i miei compagni ci sto, ma è come se parlassimo lingue diverse. Più io mi sforzo di parlare la loro lingua, di vestirmi come loro, di fare battute che somigliano alle loro, più mi sento imbranata, quello che dico e che faccio mi sembra così stupido e banale. E penso: a chi vuoi che interessi questa cosa?».

Quando esce con le amiche, Amanda le osserva, cerca di studiare il loro movimenti, le loro parole. A volte i loro discorsi le sembrano vuoti, superficiali, soprattutto la loro attenzione all’aspetto fisico, all’apparenza. Eppure vorrebbe tanto sentirsi partecipe della loro complicità, delle loro risate e non una spettatrice silenziosa.  Dopo avermi raccontato questo, abbassa gli occhi e mi chiede: «Perché le mie amiche sono così sicure, così spontanee, anche con i ragazzi e io non ci riesco? Vorrei tanto essere come loro. Non capisco cosa mi manca, non capisco come fare ad essere più sicura di me…».

Amanda mi scruta in cerca di risposte. Non ha il coraggio di chiederlo ma vorrebbe che io l’aiutassi subito a trovare una via d’uscita dall’imbarazzo, dalla solitudine della paura di essere diversa e insicura.

Durante l’adolescenza (e non solo) sentirsi parte del gruppo, “essere come gli altri” è una questione di vitale importanza. Quello di essere esclusi, derisi, tagliati fuori è il timore più grande. Ci troviamo di fronte alla versione contemporanea di una paura ancestrale: se vieni espulso dalla tribù diventi fragile, impaurito, sei preda dei lupi e delle catastrofi naturali.

Amanda non è la sola a provare questi stati d’animo. La paura del giudizio, di non essere all’altezza, di essere tagliati fuori, è un’esperienza comune nell’essere umano. Essa può manifestarsi in maniera più o meno marcata in ciascuno di noi, può variare d’intensità nelle varie fasi della vita, perfino da un momento all’altro o da una situazione all’altra. A volte possiamo pensare di esserne immuni. Tuttavia se siamo onesti, ciascuno di noi può notare che in un angolino di sé esiste questo timore.

Non potrò quindi dare ad Amanda la formula magica per liberarsi dalle sue insicurezze. Non perché non voglia, ma perché neanche io la possiedo.

Quando le dico questo, mi guarda sorpresa.  Invece di risposte lo spazio tra noi, lentamente, si riempie di altre domande. Come ti senti? Cosa accade quando stai in silenzio con te stessa? Come tratti questa parte di te che si sente diversa e insicura?

Muovendosi a piccoli passi dentro la sua interiorità, e fermandosi di tanto in tanto ad osservare quel che accade,  Amanda comprende di essere spesso severa, ipercritica, arrabbiata con questa parte di sé, che vede troppo fragile e impaurita. Continua a dire a se stessa che se non cambierà resterà sola, non troverà mai amici veri né un ragazzo che possa volerle bene.

Il primo passo sarà prendersi cura di questa parte fragile senza temere di guardarla e di ascoltarla fino in fondo. Solo dopo aver accolto ed abbracciato la paura, possiamo infatti trovare il coraggio di chiederci: «Come vorrei essere, se non avessi paura di essere diverso dagli altri?». Oppure: «Sono disposto/a ad andare nella direzione che ho scelto, anche a costo di essere giudicato/a negativamente da qualcuno?».

Anche per noi adulti è importante coltivare questo coraggio, dapprima in noi stessi, per poi aiutare i ragazzi a fare lo stesso. Ma occorre fermarci, guardarci dentro, “perdere tempo” a parlare con loro di quanto sia difficile uscire dalla rete del conformismo, anche quando sentiamo chiaramente che quello che fa il gruppo non ci appartiene.

Perché è forte la spinta sociale al conformismo.

Se la pensiamo tutti allo stesso modo, se tutti desideriamo le stesse cose, gli stessi indumenti, delle stesse marche,  siamo più prevedibili e controllabili. Essere liberi e creativi, andare controcorrente ci fa uscire dalla rete del controllo, e questo non va bene per chi vuole influenzare i nostri gusti, le mode, le opinioni.

Occorre forza per essere diversi e tante volte occorre l’aiuto di una persona fidata per non cedere alla tentazione di seguire la corrente, tradendo noi stessi e i nostri valori più profondi.

Amanda mi guarda ed io la guardo uscire, forse è delusa di non aver trovato subito la soluzione che cercava, ma vedo nel suo sguardo una luce diversa, la curiosità e l’entusiasmo di chi vuole scoprire dove la porterà questo nuovo viaggio, anche a costo di provare le vertigini.

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