Giustizia, la “terza” Riforma Cartabia

Cosa cambia con l’approvazione della legge di riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della Magistratura. Un progetto che porta il nome dell’attuale ministra della Giustizia Cartabia, ma impostato dal suo predecessore Bonafede, che prova a stimolare tutti gli attori della giurisdizione a svolgere a pieno il loro ruolo avendo l’obiettivo di offrire il miglior "servizio giustizia" possibile. Un'opinione nel dibattito in corso.
Cartabia. Ministro della Giustizia Foto LaPresse 14 Marzo,

Il 16 giugno il Senato ha definitivamente approvato il disegno di legge A.S. 2595 che delega il Governo a riformare l’ordinamento giudiziario e ad adeguare l’ordinamento giudiziario militare, introducendo nel contempo nuove norme, immediatamente precettive, in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura.

Un iter parlamentare simile agli altri due progetti di riforma, uno riguardante un riordino del sistema penale – delega al Governo per modifiche al processo penale e ad alcune norme sostanziali penali – e l’altro che mira a riformare il processo civile, il  primo già approvato definitivamente dal Parlamento e l’altro in attesa dell’approvazione del Senato.

Tre progetti tutti noti alla cronaca come “Riforma Cartabia” anche se va detto che gli originari progetti di legge ebbero l’avvio dall’allora ministro della Giustizia Bonafede (Governo Conte II) e da questi  assegnati alla Commissione Giustizia. Con il cambio di Governo, la ministra della Giustizia Cartabia costituì una apposita commissione (c.d. Commissione Luciani) che ha apportato varie modifiche, alcune anche sostanziali, consegnandole al Parlamento; la  Ministra si è di diritto conquistata il giusto merito del richiamo al suo nome per avere portato – per ora 2 su 3 – i progetti sino all’approvazione del Parlamento.

Se le prime due riforme – quella del processo penale e del processo civile – mirano a rendere quanto più spedito e snello possibile l’iter processuale, con l’approvazione del disegno di legge licenziato il 16 giugno si avvia una riforma dell’Ordinamento Giudiziario ovvero di quella fondamentale legge che dal 1941 – anno della sua prima approvazione – ha il compito di stabilire le modalità con le quali si deve organizzare la giurisdizione: non basta stabilire come si fa un processo, ma è necessario capire come si organizza un ufficio giudiziario, chi  celebra i processi, chi valuta i magistrati, chi interviene e come, disciplinarmente, verso un magistrato inadempiente e molti altri aspetti organizzativi.

Di questo si è occupato il disegno di legge approvato il 16 giugno composto da sei Capi e 43 articoli: i primi due Capi prevedono riforme all’ordinamento giudiziario con il Capo I che delega a tal fine il Governo, individuando principi e criteri direttivi da attuarsi entro un anno, mentre i successivi Capi, invece, intervengono con modifiche immediatamente precettive.

Volendo ripercorrere a volo d’uccello i temi più importati per i quali è stata affidata delega al Governo o si sono introdotte nuove norme potremmo così sintetizzare i campi di azione:

  • Più facilità di accesso al concorso per magistrati: spariscono le Scuole di Specializzazione che erano prima obbligatorie e, appena laureati, si potrà partecipare al concorso di accesso alla Magistratura.
  • Si definiscono i criteri per affidare gli incarichi direttivi o semidirettivi ( in sostanza chi dirige gli uffici): si punta sulle capacità organizzative del candidato rendendo obbligatoria l’audizione dello stesso per poterne apprezzare direttamente le qualità e procedendo per ordine cronologico in funzione delle scoperture di organico, ovvero nominando il dirigente vacante appena si verifica la scopertura. Intervento questo importante anche per evitare le cd.  nomine “a pacchetto”, dove i gruppi organizzati potevano procedere secondo una logica di scambio (si cumulavano più incarichi da assegnare così che i gruppi organizzati – leggi correnti – potessero effettuare nomine “reciprocamente condivise”).  Si introduce il concetto di parità di genere dando precedenza, a parità di punteggio, al genere meno rappresentato.
  • Vede la luce il fascicolo di valutazione che seguirà il magistrato nl corso della sua carriera con l’inserimento al suo interno dei provvedimenti dallo stesso adottati, la loro tenuta nei gradi superiori, il nr. di provvedimenti emessi ed altro. Sarà consentito anche ad avvocati e professori che compongono i Consigli Giudiziari di votare allorquando si tratterà di decidere sulla valutazione dei magistrati (voto sin’oggi consentito solo agli stessi magistrati).
  • Restrizione ai cd. “fuori ruolo”, ovvero .agistrati che svolgono funzioni diverse da quelle giurisdizionali perché chiamati in ruoli di consulenza presso Ministeri e/o altri Enti; tale funzione sarà limitata (oggi sono oltre 200 i magistrati fuori ruolo) e non potrà essere svolta prima di avere esercitato per almeno 10 anni la funzione giurisdizionale attiva.
  • Viene introdotto il divieto di svolgere nello stesso tempo funzioni di giudice o pm e ricoprire cariche elettive, sia locali sia nazionali. I magistrati che hanno coperto cariche elettive di qualsiasi tipo al termine del mandato non potranno più tornare in magistratura e verranno collocati fuori ruolo nelle amministrazioni pubbliche; forti restrizioni per la ripresa dell’attività giurisdizionale anche per chi si sia solo candidato senza essere risultato eletto.
  • Si abbozza la cd. “separazione delle carriere tra pm e giudice o meglio, forse, dire separazione di funzioni: si ammette un solo passaggio da giudice a pubblico ministero e viceversa, da effettuare entro i 10 anni dall’assegnazione della prima sede (limite che però non opera per il passaggio al settore civile e dal settore civile alle funzioni di pubblica accusa).
  • Si modifica il sistema elettorale del CSM (sistema che sarà in vigore sin dalla prossima elezione prevista nel luglio di quest’anno): i 20 membri togati saranno ripartiti tra giudici della Corte di Cassazione (2); Pubblici ministeri (5) e Giudici del merito (13) ed eletti in collegi territoriali o nazionali rivisti.
Aula tribunale italiano. Photo Guido Calamosca/LaPresse

Accanto a queste che sono le principali novità, altre norme di completamento. I disegni  approvati e in corso di approvazione vanno letti nel loro insieme, ed hanno l’indubbio merito di approcciare il tema della giustizia con l’ottica visuale del cittadino-utente, un cittadino che con forza sempre più crescente sta chiedendo allo Stato di guardare alla giustizia come un servizio essenziale del quale la collettività ha necessità; un utente che osserva come una giustizia che sia resa con tempi di risposta abissali – quali ancora posso essere classificati i tempi medi in Italia – equivale ad una non evasione alla richiesta di Giustizia.

Certo, se andiamo ad analizzare ogni singola porzione e disposizione di delega o precettiva assunta con questa riforma, possibilità di intravedere spazi di miglioramento e/o di criticità ce ne sono: sarà indubbiamente necessario, ad esempio, capire le modalità con le quali il cd. “fascicolo del magistrato” verrà nel tempo composto; sarà necessario rivedere i criteri per la valutazione dei magistrati, valutazioni che sin’oggi sono solo comprese tra un “positivo” e “negativo” e che determinano una forma di appiattimento tra chi svolge appieno la propria funzione con competenza, aggiornamento professionale e capacità organizzativa del suo ufficio e chi invece si limita al minimo sindacale; sarà anche necessario stabilire i criteri sui quali si baserà il voto che Avvocati e Accademia esprimeranno sui magistrati e molto altro ancora.

Ma complessivamente sembra di poter cogliere nel progetto due segnali:

  • da una parte un filo che lega questa riforma ai progetti di riforma del processo penale e del processo civile che l’hanno preceduta, come se il Parlamento intendesse dire alla Magistratura: noi siamo pronti ad adeguare le norme processuali per darvi modo di rispondere nei tempi più celeri possibili alle richieste dei cittadini con un processo giusto, ma voi (intendendo i magistrati nel loro complesso) dovete essere in grado di organizzare i vostri uffici affidandone la direzione a chi realmente ha capacità organizzative e non con logiche correntizie e/o di appartenenza. Il vostro lavoro deve risultare a tutti con trasparenza e senza timore dovete consentire di essere valutati perché non si crei quell’inefficiente quanto odioso appiattimento per cui tutti valgono e sono promossi allo  stesso modo a prescindere da quello che fanno. La funzione per la quale siete stati assunti è quella giurisdizionale, non altra e per questo non dovete distogliere le forze dal vostro lavoro se non per motivi del tutto eccezionali  cui potete essere chiamati, ma in misura assolutamente minimale.
  • dall’altra parte, in linea con le parole del Capo dello Stato, un richiamo al recupero di credibilità, di stima e di autorevolezza della Magistratura verso i cittadini con norme che tendano a creare la figura di un giudice indipendente. Così se la norma sulla separazione delle funzioni tra giudicante e requirente aiuta a recuperare la posizione di terzietà vera del giudicante rispetto a chi promuove l’azione penale, lo stacco temporale, ovvero definitivo, tra l’assunzione di  una – del tutto legittima – posizione di parte in fase elettorale e la funzione propria del magistrato, attiva ancora di più l’attenzione sulla necessità che il giudice non solo sia terzo rispetto alle parti, ma che appia anche tale. Così come l’eliminazione della possibilità delle nomine direttive o semidirettive “a pacchetto” ha un valore essenziale nel richiamare il CSM, ma soprattutto le forme organizzate di partecipazione alla politica giudiziaria della Magistratura (leggi “correnti”), a far prevalere il servizio e la funzione alla logica dell’appartenenza.

Insomma, non mi ascrivo alla categoria dei lettori del bicchiere mezzo vuoto, perché sembra di scorgere nel complessivo progetto “Cartabia” (ma diamo anche merito a chi l’ha preceduta), con tutti i necessari difetti di dettaglio che ogni corposa riforma si porta dietro, un progetto positivo che provi a stimolare tutti gli attori della giurisdizione a svolgere appieno il loro ruolo avendo sempre come riferimento l’obiettivo vero, che non è tanto quello di aiutare tutti ad essere più bravi, ma a saper offrire agli utenti, ovvero a noi stessi, il miglior servizio giustizia possibile.

Il tutto, restando fortemente convinto della profonda verità di quel concetto che un tempo sentii esprimere da Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, nel corso di un suo intervento: “per mondi nuovi servono uomini nuovi”, che tradotto vuol dire: posso esercitarmi in tutte le possibili riforme, chiamando a raccolta tutte le menti più illuminate, ma se chi le deve mettere in pratica perde di vista la funzione vera cui è chiamato, il servizio alla collettività che è chiamato a rendere, tutto sarà inutile.

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