Giustizia e intercettazioni
Il 28 febbraio 2020 è stato convertito in legge, con modifiche, il Decreto Legge n°161 del 2019 in tema di intercettazioni telefoniche. Per parlare dell’argomento occorre prima rammentare il testo dell’articolo 15 della Costituzione italiana, che recita: «La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge».
L’ambito e la cornice costituzionale rendono particolarmente significative alcune novità introdotte con il voto di fiducia chiesto dal Governo. Con la nuova legge sulle intercettazioni viene affidata la supervisione delle stesse e la valutazione della loro rilevanza ai giudici e ai pubblici ministeri, quali organi che meglio possono garantire la tutela dei differenti interessi in gioco.
Si è inteso così sottrarre tale potere alla polizia giudiziaria, più suscettibile di interferenze di carattere politico. Per esigenze di riservatezza delle indagini, vengono poi limitate altre esigenze, di carattere difensivo, consentendo il diritto all’ascolto (e alla riproduzione) delle conversazioni intercettate solo nel momento in cui venga meno il segreto investigativo, onde tutelare le operazioni in corso.
Ovviamente, i presupposti per l’autorizzazione alle operazioni di intercettazione sono estremamente rigidi: devono infatti sussistere “gravi indizi di colpevolezza” (non basta dunque il mero sospetto) circa la commissione di un reato, e la “assoluta necessità” delle intercettazioni stesse per la prosecuzione delle indagini.
La novità più discussa della riforma concerne innanzi tutto l’ampliamento dell’utilizzo dei cosiddetti “captatori informatici”, come il trojan, ovvero malware “iniettati” non solo su computer, ma anche su dispositivi mobili per “captare” messaggi e conversazioni. In più c’è la possibilità di effettuare intercettazioni anche nei luoghi di dimora privata, sempre entro limiti ben circoscritti.
Un’altra modifica, che ha determinato reazioni controverse, è quella riguardante la possibilità di utilizzare i risultati delle intercettazioni anche in altri procedimenti, diversi da quelli nei quali l’intercettazione era stata disposta; questa esigenza è dettata dal fatto che spesso, durante una conversazione ascoltata nell’ambito di una indagine per un determinato reato, emergono elementi rilevanti anche per altri fatti criminosi, che diversamente rimarrebbero sconosciuti. Anche in questi casi l’utilizzabilità delle conversazioni registrate è rigidamente limitata alle ipotesi più gravi ed in caso di assoluta necessità e rilevanza.
Secondo alcuni, tuttavia, questa norma comprimerebbe in maniera eccessiva la libertà di comunicazione, consentendo quella che viene denominata “la pesca a strascico”. In altri termini, avviata un’intercettazione sulla base di una precisa ipotesi prospettata dall’accusa, sarà utilizzabile tutto quello che emergerà dall’attività di captazione, andando così di fatto alla ricerca indiscriminata di nuovi reati, nella convinzione che i limiti sopra indicati si rivelino in realtà troppo elastici e di scarsa efficacia.
Le opinioni critiche su tali modifiche ravvisano conseguentemente in esse una lesione ai diritti di libertà e riservatezza tutelati dalla Costituzione, diritti che in questo modo verrebbero pregiudicati. A conferma di queste opinioni si richiama una sentenza delle Sezioni unite della Corte di Cassazione, che recentemente si era pronunciata sul tema delle intercettazioni, restringendone l’ambito di utilizzo (cfr. sentenza n. 51 del 28 novembre 2019).
A sostegno della riforma legislativa, di contro, può essere invocata l’estrema difficoltà di perseguire reati gravi e di notevole allarme sociale, come quelli di criminalità organizzata (anche di stampo mafioso) e di criminalità economica, i cui autori, disponendo di ingenti risorse, sia umane che economiche, sono in grado di utilizzare strumenti altamente sofisticati per eludere eventuali indagini nei loro confronti.
Inoltre, l’aver demandato alla magistratura il potere di valutare la concreta rilevanza delle conversazioni così intercettate, consente in realtà di ridurre il rischio di arbitrio (derivante da un’eccessiva autonomia in merito da parte delle forze dell’ordine), garantendo al contempo il rispetto dei limiti sopra indicati, a garanzia dei diritti in materia sanciti dalla nostra Carta Costituzionale.
Certamente, tutto dipenderà, nei fatti, dalla corretta applicazione della legge in questione nella convinzione che i giudici, che dovranno dare concreta esecuzione alle nuove norme in materia, sapranno agire con equilibrio, nel rispetto delle posizioni contrapposte e a tutela dei diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini.