Giustizia, cura e grazia, i rimedi alla pedofilia

Il segretario della Cei, Mariano Crociata, indica ai rappresentati del clero italiano un percorso per risanare il tessuto sociale lacerato dagli scandali e intraprendere un profondo rinnovamento
Mariano Crociata Cei

Non è solo «una montatura mediatica», nè «un complotto architettato contro la Chiesa». Mariano Crociata, segretario generale della Cei, è stato molto chiaro con i membri della commissione presbiterale italiana, riuniti ieri. Ha voluto condurre «una riflessione pacata e il più possibile oggettiva senza estremizzazioni e unilateralismi» sulla questione pedofilia. Diretto  è mons. Crociata quando dice che «un solo caso di pedofilia è già di troppo, in qualsiasi ambiente e che un tale comportamento è doppiamente condannabile quando a metterlo in atto è un uomo di Chiesa, un prete, una persona consacrata». E questo per il presule spiega, anche, «la forte reazione di fronte agli abusi».

 

«Le aspettative più alte alimentate dal nostro ministero rendono smisuratamente più intollerabile e condannabile un tradimento così grave e devastante» ribadisce ai rappresentati dei sacerdoti italiani. Crociata specifica però che «ogni generalizzazione è indebita quando si vuol far credere che in ogni prete si celi un potenziale pedofilo». Tre le soluzioni che il segretario dei vescovi italiani propone: giustizia, cura e grazia: «Tutte e tre sono necessarie, ma non possono surrogarsi, sostituirsi, compensarsi», ciascuna deve compiere un suo percorso e rispondere «al delitto, alla malattia e al peccato».

 

Un ruolo importante in questa vicenda è svolto dalla comunità che «deve accompagnare tutti», mentre la Chiesa dal canto suo deve intraprendere «un profondo rinnovamento in cui diventa fondamentale il discernimento vocazionale dei ministri, la garanzia di un’elevata qualità umana, spirituale, intellettuale e pastorale in chi esercita un ministero» e nello stesso tempo la necessità di vivere nel collegio presbiterale «la fraternità e la correzione fraterna».

 

Un monito ai cristiani, ma che può essere un richiamo anche a noi operatori dei media: il rispetto delle persone. Questa consapevolezza è sempre trasversale e riguarda sia vittime che autori di abusi non solo all’interno di un’istituzione ecclesiastica, ma su ogni versante della vita civile e sociale

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