Giuseppe Maria Zanghì o della claritas

È morto a 86 anni uno dei primi compagni di Chiara Lubich, filosofo di alta classe e grande uomo di cultura
Giuseppe Zanghì

Nel momento di massima crisi del pensiero Occidentale, messo in crisi da un’involuzione solipsistica e narcisista, scompare un pensatore non molto noto al grande pubblico ma riconosciuto dagli addetti ai lavori come uno dei grandi maître à penser del XX secolo. Un seguace di Chiara Lubich, di cui era divenuto uno dei massimi conoscitori e divulgatori, come testimonia l’intervista di Oreste Paliotti. Autore di numerosi volumi – ricordiamo tra tutti Dio che è amore –, educatore e formatore di generazioni di giovani uomini e donne maturati nell’ambito dei Focolari, aveva contribuito con la sua cultura e la sua “amorevole presenza” alla nascita e allo sviluppo del Movimento Gen.

Nato nel 1929 a Siracusa, aveva conosciuto il carisma della Lubich da Graziella De Luca. Dopo un travaglio di fede durato alcuni anni, aveva deciso di consacrare la sua vita a Dio seguendo Chiara nel focolare. Da quel momento sarà accanto alla Fondatrice e a Pasquale Foresi per aiutarli nell’elaborazione della “dottrina” maturata nell’ambito del carisma dell’unità. Co-fondatore della Scuola Abbà, centro studi dedicato allo studio dei testi mistici di Chiara Lubich, Giuseppe Maria Zanghì l’aveva guidata con impegno e coerenza dopo la sua morte.

Personalmente lo avevo frequentato sin dalla mia adolescenza, affascinato dalla sua vastissima cultura, ma soprattutto dalla sua capacità di mettere le cose e i pensieri al giusto posto: dopo le lunghe chiacchierate con lui ai Castelli Romani, mi sembrava di essere stato formato non solo culturalmente, ma anche esistenzialmente. E come il sottoscritto, migliaia di altre persone lo considerano un loro maestro, perfettamente concordante con il pensiero della Lubich, ma nel contempo estremamente creativo.

Profondo conoscitore delle culture orientali, dall’Islam al buddhismo all’induismo, era feroce nella critica delle impasse in cui era caduto il pensiero occidentale (cfr. il suo Notte della cultura europea), pur essendo chiaramente un suo figlio prediletto. Amava l’Occidente e il suo pensiero, ma nel contempo, grazie soprattutto all’influenza della Lubich, avvertiva la necessità per il Vecchio continente di aprirsi alle altre culture millenarie dell’Oriente. Per salvare le proprie peculiarità e per trasmettere la propria ricchezza.

In Gesù Abbandonato maestro di pensiero, poi, Giuseppe Maria Zanghi svelava le radici del suo pensiero e della sua passione per il carisma di Chiara Lubich, che vedeva strumento inviato dallo Spirito in questo passaggio di Millennio per permettere al pensiero cristiano di raggiungere culture e popoli finora impermeabili al suo messaggio, “maturando” assieme ad essi.

Collaboratore per lunghi anni di Città Nuova, aveva fondato dapprima la rivista Ekklesia e quindi Nuova Umanità, da lui diretta fino a pochi anni fa.

Per una di quelle coincidenze che non appaiono tali, Giuseppe Maria Zanghì scompare alla vigilia dell’inizio del processo di beatificazione di Chiara Lubich, fissato per martedì 27 gennaio.

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