Giù le mani dalle donne !
Mai, mai e ancora mai accettare un incontro chiarificatore con l'ex partner: potrebbe essere davvero l'ultimo e costare la propria vita. Mai restare sole, ma coltivare una rete di amicizie che possono diventare l'aiuto più valido per uscire dal tunnel della violenza. Sembrano due consigli tanto ovvi quanto banali, eppure le cronache quasi quotidiane raccontano tanti, troppi casi di donne che si sono volute fidare e che spinte dal sentimento non hanno capito in tempo il pericolo a cui andavano incontro, pagando poi a caro prezzo scelte sbagliate.
Di consigli da dare alle donne, in particolare in una ricorrenza come quella della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne ce ne sarebbero tantissimi. A raccogliere la sfida è stata un'agguerrita e competente avvocatessa milanese, Alessia Sorgato, che contattata dalla casa editrice Mondadori che le ha commissionato un progetto editoriale. ha scritto il libro “Giù la mani dalle donne”. Lontano dall'essere un reportage giornalistico o il racconto di storie vere di donne maltrattate, il libro vuole invece essere una specie di manuale, quasi un decalogo, per le donne perché riconoscano alcune tipologie di comportamento e sappiano soprattutto quali sono i loro diritti e a chi rivolgersi in caso di bisogno.
Dai maltrattamenti in famiglia, alle separazioni difficili, ai casi di stalking passando per i reati informatici fino alle lesioni, omicidi e violenze sessuali, il volume si divide in sei capitoli che racchiude sette reati, “abbiamo voluto evitare la ripetizione del sette per non essere troppo ecumenici”, commenta scherzando l'autrice e suddiviso poi in due sezioni. Unico racconto non firmato dalla Sorgato è quello su di caso di pedopornografia affrontato dal dottore Marco Zonaro, medico legale, che ha raccontato il drammatico impatto emotivo che quella prima indagine di una lunghissima serie ha avuto su di lui.
“Da avvocato penalista per 15 anni della mia professione ero dall'altra parte, cioé difendevo gli imputati – racconta Alessia Sorgato -, negli ultimi dei invece sono caduta nella 'via di Damasco' quando ho preso questa specializzazione ed è stata la rivoluzione copernicana del mio lavoro. Mi sono resa conto che difendere una vittima è molto più difficile rispetto a un carnefice, proprio da un punto di vista tecnico: si hanno molto meno poteri e strumenti, molta meno considerazione da parte dei giudici, a parte quelli molto specializzati e collaborativi, che ti vedono come quella che chiede i soldi”.
Un compito, quello della difesa della vittima, non sempre facile anche nei confronti delle stesse donne che come continua a spiegare l'avvocatessa può passare anche ad esempio dal cambiare la disposizione dello studio, il proprio abbigliamento più informale, cercando di creare un ambiente accogliente in cui chi ha subito violenze possa sentirsi a proprio agio e non sentirsi giudicata.
Il cambio di volta della vita professionale della Sorgato quando viene contattata dalle responsabili di alcuni sportelli di centri anti violenza per iniziare a collaborare con loro. “Per me all'inizio era un incarico come un altro, nel giro di un anno ero completamente conquistata dalla consapevolezza amara che si tratta di un terreno nel quale si possono fare dei grandi danni se queste donne non si difendono adeguatamene e se non si è esperte – continua l'autrice -. In questi casi si sovvertono le regole processuali che avevo imparato all'università e nella stessa pratica professionale. La vittima è un'altra cosa e va trattata in un certo modo evitando ad esempio che le vengano poste certe domande, e le regole devono saltare”. Il lavoro di difesa alle donne vittime di violenza non può prescindere da quello che si definisce fare rete, da una équipe che veda unite assieme più professionalità che collaborano.
“Per come lavoro io, sono circa cinque le figure di cui mi avvalgo e che lavorano a mio stretto contatto – aggiunge Alessia Sorgato – : l'avvocato civilista, per gli aspetti della separazione, la psicologa, il responsabile del centro anti violenza e qualche assistente sociale”.
Un aspetto importante del libro è quello di evidenziare alcuni errori che spesso fanno donne ad esempio nella gestione dei figli e del loro rapporto col padre dopo la separazione, “spesso non si rendono conto del danno che fanno ai piccoli a livello psicologico e a loro stesse nel momento in cui negano le visite al proprio ex, dando di fatto in mano al giudice la motivazione legale per rivedere ad esempio termini e condizioni di affido dei minori”. Ma le donne vittime della violenza degli uomini sono anche le straniere. Anche in questo caso l'informazione è la miglior arma di difesa: la donna non perde il permesso di soggiorno se denuncia il partner violento, anzi è lui che rischia di perderlo. Il vero rischio invece è continuare a subire, il pericolo è che il giudice valutando anche la capacità di protezione della donna nei confronti dei propri figli decida di allontanarli perché lei non risulta in grado di proteggere né se stessa né loro.
“Occorre dare un messaggio positivo alle donne, che è quello di aprire quella porta che le chiude in una condizione di dolore e di violenze fisiche e psicologiche. Si deve denunciare, si deve andare da un avvocato che difende con patrocinio gratuito e che si prenda la briga di coordinare tutto il lavoro di denuncia – conclude l'autrice del libro -. So che nelle cronache dei telegiornali o dei quotidiani passa la notizia di chi è stato assolto o condannato a pene irrisorie, ma per uno che esce è bene che si sappia che la normalità è quella delle condanne”.