Giovani sulla via della santità

Non sono pochi i giovani studiati dalla Chiesa per una possibile beatificazione. Tra loro anche un omicida convertito. Renzo Allegri ne ha raccolto le storie per Zenit.org 

Chiara Luce non è un caso unico nel mondo giovanile di questo nostro tempo, apparentemente privo di valori religiosi e spirituali. Carla Cotignoli, la responsabile delle informazioni del Movimento fondato da Chiara Lubich, mi ha detto che ci sono altri cinque giovani che in vita militavano nel Movimento dei Focolari, dei quali è in corso il processo di beatificazione. Ecco i loro nomi:

Alberto Michelotti, genovese, morto nel 1980, a 22 anni. La sua vita fu caratterizzata da un grande amore per tutti, soprattutto per i meno fortunati e questo amore nasceva dal suo incontro con Gesù. Scrisse: “C’è Qualcuno che entra sempre più nella mia giornata, è Gesù”.

 

Carlo Grisolia, anche lui genovese, amico di Michelotti, morto nel 1980, a 20 anni, stroncato da un tumore fulminante. Poco prima di morire disse agli amici: “Siate pronti a dare la vita gli uni per gli altri. Offro la mia vita per tutti voi, ma soprattutto per tutti quelli che soffrono, per i ragazzi del mio quartiere, per la mia parrocchia e per il mondo unito”.

 

Daniela Zanetta, di Maggiara, in provincia di Novara, morta nel 1986, a 24 anni. Era affetta da una rarissima malattia che le provocava in tutto il corpo bolle e lacerazioni alla pelle con sofferenze terribili, e spesso doveva essere ricoverata in ospedale. Poco prima di morire scrisse in una lettera: “Vorrei gridare a tutti che la vita di ogni creatura è sacra e bella. Ho una seria malattia della pelle; ho perso i miei capelli, le mie unghie e ho dovuto farmi estrarre tutti i denti… Ma credo in Dio, lo amo intensamente e lo ringrazio per avermi donato la vita, perché ogni giorno che mi regala è un’occasione in più che ho per amarLo e per servirLo”.

 

Maria Orsola Bussone, torinese, morta nel 1970, a 16 anni. Pochi mesi prima di morire, scrisse: “Sarei disposta a sacrificare la mia vita, perché i giovani capiscano quanto è bello amare Dio!”.

Santa Scorese, di Bari, morta nel 1991, a 23 anni. Era una ragazza piena di vita, amava la musica, cantava a suonava la chitarra. Scrisse: “Tutto è amore perché Dio ci ama immensamente… Sarei disposta a sacrificare la mia vita, perché i giovani capiscano quanto è bello amare Dio!”

 

Una storia speciale è quella che riguarda un diciassettenne, che si chiamava Charles Moats. Era un afroamericano vissuto a Chicago al tempo di Martin Luther King e dei violenti scontri razziali in quella città e in tutti gli Stati Uniti negli anni Sessanta del secolo scorso. Charles aveva una difficile situazione familiare: non conosceva il padre e sua madre era alcolizzata. Viveva in uno dei quartieri-ghetto della città, segnato da violenza, povertà, emarginazione. Era destinato quindi a una esistenza traviata in tutti i sensi. Ma un giorno conobbe dei ragazzi del Movimento dei Focolari, che divennero suoi amici speciali e frequentandoli trovò il grande ideale: Gesù, l’amore per Gesù.

Nel suo cuore si sviluppò l’impegno concreto per l’unità tra gli uomini, secondo il messaggio evangelico, al di là e al di sopra di tutte le diversità sociali, razziali, religiose. Purtroppo, quegli ideali gli costarono la vita e un giorno venne assassinato. Ma il suo esempio è diventato una fiaccola che ancora arde e illumina, grazie a un gruppo artistico, che si chiama Gen Rosso, composto da 18 persone provenienti da 9 diverse nazioni, nato proprio al tempo della morte di Charles e diventato poi famoso in tutto il mondo. Questo gruppo, che fa parte del Movimento dei Focolari, ha trasformato la storia di Charles in un musical dal titolo “Streetlight”, e l’ha portata e continua a portarla con successo in giro per il mondo.

 

Un’altra storia emblematica è quella del francese Jacques Fesch. Un giovane che non apparteneva a nessun movimento spirituale, anzi rappresentava quella parte di giovani che vengono definiti “i perduti” la “gioventù bruciata”. Nato in Francia nel 1930, apparteneva a una famiglia cattolica e anche ricca, essendo suo padre un noto banchiere. A 17 anni, Jacques si ribella contro l’educazione ricevuta, abbandona la religione e inizia una vita sregolata. Sposa civilmente una ragazza che aveva messo incinta, ma poi abbandona moglie e figlia, ed ha un figlio da un’altra donna. Pensa di girare il mondo in barca, ma i suoi non gli danno i soldi per comperare la barca. E lui, nel 1954, per avere quella barca, tenta una rapina in banca e uccide un poliziotto. Viene arrestato, processato e condannato a morte. La sentenza fu eseguita il primo ottobre 1957, quando Jacques aveva soltanto 27 anni.

In seguito, si venne a sapere che, in carcere, Jacques si era convertito. Anche lui era stato folgorato dalla Grazia di Dio e negli ultimi tre anni aveva tenuto una condotta esemplare. Il suo Diario, poi pubblicato, e le lettere ai parenti e agli amici, sono un documento commovente e inconfutabile. Così importante da convincere il cardinale di Parigi, Jean-Marie Lustiger, ad aprire, nel 1993, il processo di beatificazione di questo giovane assassino. Il 2 dicembre 2009, anche Benedetto XVI ha citato, in piazza San Pietro, il nome di questo giovane.

E’ difficile immaginare che cosa possa accadere nel profondo della coscienza di una persona. Quello è il luogo dell’incontro inevitabile con Dio. E, se appena la persona ascolta e si apre alla Grazia, tutto diventa possibile, sia che quella persona provenga da una famiglia credente, sia che abbia percorso le strade della perdizione. Chiara e gli altri giovani sulla vita della beatificazione sono la punta di un iceberg, costituito da innumerevoli ragazzi e ragazze del nostro tempo “innamorati” di Gesù. Un iceberg enorme, ma sconosciuto perché naviga in un mare strano, che lo ignora e fa di tutto perché nessuno ne parli. Ma, per fortuna, c’è, ed è ciò che conta.

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