Giovani e lavoro: una scommessa forte

Il terzo seminario di interscambio tra le 24 scuole di partecipazione del Movimento politico per l'unità ha posto sul piatto un argomento scottante: giovani e lavoro
Laboratorio di Politica a Loppianolab 2012

Il tema del seminario è intrigante: "Giovani e lavoro: e se regalassimo la fraternità al lavoro?". Ma sorge subito una domanda: va bene per chi il lavoro ce l'ha, ma chi non lavora cosa regala? La risposta poi giunge spontanea: chi partecipa a questo seminario è qualcuno che ha deciso di giocare la carta della partecipazione attiva alle decisioni sui propri territori, con lo sguardo aperto a livello nazionale e internazionale, e frequenta le Scuole di partecipazione del Movimento politico per l'unità: una piccola costellazione di ventiquattro di punti luce dal Sud al Nord del Paese.
Quindi oltre che avere, in gran parte, necessità di trovare lavoro, vogliono contribuire anche ai tavoli di oggi e del futuro. Ecco perchè il titolo non è solo intrigante ma costituisce anche una sfida!

I giovani hanno bisogno di fiducia, soprattutto in questo tempo di crisi, che non hanno causato loro ma di cui subiscono le gravi conseguenze. La fiducia è la caratteristica di una società che costruisce il suo bene comune, il suo presente e il suo futuro. Elio Giannetti, del Coordinamento nazionale delle Scuole di partecipazione, è esplicito: «Sia il bene comune sia la fraternità oggi passano per il lavoro, e passano per i giovani, perché una società non creerà mai bene comune né sarà fraterna finché non porrà il lavoro e i giovani al centro del patto sociale».

Con l'incontro con alcuni "esperti" inizia una raffica di stimoli: Katia Motta, giovane manager che viene da Cavezzo, cuore del recente terremoto in Emilia, con il suo paese quasi completamente distrutto, lancia una scossa di intenso grado della scala provocazioni: «La soluzione non è il posto, ma il lavoro fisso». Certo inserirsi così a gamba tesa nel dibattito è una bella scarica di adrenalina. Ma qui ci vuole una vera rivoluzione culturale che è necessario attuare.

Nel sismografo del seminario entra anche un altro contributo: è quello di Francesco Tortorella, esperto di progettazione per lo sviluppo e presidente della Cooperativa Equiverso. Per lui diventare imprenditore è stata la conseguenza di essersi posto nella spaccatura dei problemi, insieme ad altri coetanei, fin dal G8 di Genova e di aver compreso, col tempo, che essere imprenditore non significa prescindere da valori spendibili e forti. E così, capendo sempre di più che i propri stili di vita possono impattare scelte di vita e di lavoro al limite della schiavitù («una maglia da 20 euro può presupporre lavori più che sottopagati»), sceglie con un manipolo di amici "equi e solidali" di dare vita ad una cooperativa che non pone più consumatore e lavoratore su piani antitetici, ma nella quale gli interessi del consumatore e quelli del lavoratore possono coincidere e addirittura essere "alleati". Nasce Equiverso, che realizza moda e turismo responsabile.

Luigino Bruni sveste i suoi panni di "esperto", ma con l'autorevolezza di uno che la sa lunga, per dire che il lavoro è centrale nel patto sociale, ma che oggi, al centro, ci sono consumi e finanza. «La prima esperienza da bambini è il consumo, quando i genitori li mettono a cavalcioni sul carrello, e questa esperienza rimane impressa e attiva per lungo tempo. Amartian Sen rimprovera ai greci e agli italiani il fatto che, pur avendo "inventato" la democrazia, l'hanno ora abdicata a favore della finanza». Bruni incalza: «Il lavoro è la faccenda politica più importante. La cultura del lavoro sta cambiando anche per il grande peso della cultura dell'incentivo. Un tempo il lavoro aveva al centro il lavoro stesso, l'incentivo era importante perchè il valore lavoro rimanesse. Oggi la gente è espropriata dal lavoro e non si accorge che spesso risponde ad una logica, non troppo nascosta, del bastone e della carota. Il contratto non paga impegno, passione, capacità, eppure ve n'è fortemente bisogno. Inoltre il contratto non contempla il "dono"».

Una ragazza sarda pone sul tavolo un problema cruciale: «Perché i lavori di cura, a maggior valenza femminile, sono pagati meno di altri?». Luigino Bruni spiega che a chi fa le cose motivanti e di "cura" sembra non debbano essere pagate le motivazioni intrinseche, anzi in questa logica perversa pagarle di più potrebbe diminuire la motivazione!!
Ma è chiaro che la gratuità non è all'opposto del contratto ed economia e comunione devono stare assolutamente insieme.
Certo la sfida del lavoro oggi è complessa. Un consiglio è non fermarsi alla prima osteria, è fondamentale del tempo per capire il proprio daimon, la passione, l'inclinazione, la motivazione. D'altra parte, però, in attesa che irrompa il daimon bisogna accettare di fare qualcosa: il lavoro si impara lavorando.

Non poteva mancare la comprensione che il lavoro deve avere sempre più una dimensione di relazionalità. Anche Luigino Bruni è in vena di scosse adrenaliniche: «Il "for profit" non è il luogo delle soluzioni, ci sarà un grande ritorno del pubblico, non statalismo, ma pubblico come creatore di senso di comunità».
I giovani, lo sappiamo, non sono facili a fuochi di paglia in questo campo, ma questi argomenti li pongono in forte riflessione e lo si capisce nei laboratori che poi seguiranno. C'è chi dice: «Siamo stati imbrogliati: ci sono troppi giovani vecchi che accettano logiche perverse di lavoro e di impegno». Qualcun'altro si convince che c’è un impegno quasi adescante di lasciar perdere il daimon e fare quello che si può fare.

Le domande sono tante, ma del resto, come diceva Oscar Wilde, è sempre utile porsi una domanda e non sempre necessario dare risposte, almeno frettolose. E su giovani e lavoro sicuramente le risposte non devono essere date a casaccio.
Una cosa è certa, le lucette accese dalle 24 Scuole di partecipazione hanno sufficiente energia rinnovata e rinnovabile da spendere nei loro territori.
 

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