Giovani, ambiente e futuro
Nella giornata inaugurale dell’edizione 2020 del Meeting di Rimini, dal titolo “Privi di meraviglia, restiamo sordi al sublime”, è intervenuto, come sappiamo, l’economista Mario Draghi. Protagonista di primissimo piano della vita economica italiana, soprattutto dopo gli eventi legati a Mani Pulite, Mario Draghi ha ricoperto l’incarico di Governatore della Banca d’Italia, per poi divenire Presidente della Banca Centrale Europea dal 2011 al 2019.
Draghi ha iniziato il suo discorso collocando temporalmente l’attuale crisi legata al Covid, sottolineando come l’economia e i mercati avevano appena iniziato a riprendersi dalla crisi del 2008 e dalla successiva recessione europea, con la conseguente perdita di posti di lavoro e la paralisi dei consumi.
Gli interventi del Governo e in particolare i sussidi alla popolazione, sostiene Draghi, «sono una prima forma di vicinanza della società a coloro che sono più colpiti, specialmente a coloro che hanno tante volte provato a reagire», ma non bastano. I giovani pagheranno il conto della lotta al virus, e sarà salatissimo se gli investimenti non produrranno nuove opportunità.
La parola “giovani” è da sempre un semplice viatico di propaganda politica. «Per anni una forma di egoismo collettivo ha indotto i governi a distrarre capacità umane e altre risorse in favore di obiettivi con più certo e immediato ritorno politico: ciò non è più accettabile oggi. Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza». Per puntare sui giovani è strettamente necessario mettere al primo posto degli investimenti l’istruzione, la scuola e la formazione.
Altro tema centrale, secondo Draghi, è la protezione dell’ambiente, che «con la riconversione delle nostre industrie e dei nostri stili di vita, è considerata dal 75% delle persone nei 16 maggiori Paesi al primo posto nella risposta dei governi a quello che è il più grande disastro sanitario dei nostri tempi». Anche il costo ambientale, sostiene Draghi, sarà sostenuto dai giovani in futuro. Le politiche di sostegno del lavoro e di incentivo dei consumi sono dunque necessarie nell’immediato, ma non possono essere esaustive degli interventi utili a una vera riconversione ecologica e digitale dell’Unione Europea.
Ambiente e giovani sono due punti che qualunque governo eletto inserisce nella propria agenda. Sembrerebbe quasi scontato parlarne, eppure Draghi sottolinea come troppo spesso, nel passato, le politiche economiche dei governi sono basate su debiti improduttivi. Le misure anti-crisi dei Governi e dell’Unione Europea dovrebbero essere «investimenti nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione, nella ricerca e altri impieghi». È il concetto di debito buono, un investimento produttivo che diventa facilmente sostenibile, perché restituisce ricchezza collettiva. Questo passaggio non rappresenta tuttavia una rivoluzione dell’approccio al debito da parte dell’Eurozona. Dovrebbe avvenire, secondo Draghi, un passaggio concettuale volto ad attenzionare nuovi obiettivi, non solo quello del controllo dei livelli di debito tot-court.
Il discorso di Draghi può essere approcciato su vari livelli. Il nome di Draghi viene vociferato da mesi per un eventuale Governo di ricostruzione, e questo intervento potrebbe essere preso come manifesto programmatico. C’è chi ne critica l’ecumenismo forzato, soprattutto alla luce della storia istituzionale di Draghi.
Resta il fatto che le parole dell’ex Presidente Bce hanno trovato ampio spazio nel dibattito pubblico italiano. Anche perché, casualmente, Mario Draghi parla di giovani in un momento in cui il Governo decide di chiudere discoteche e sale da ballo, luoghi di divertimento dove non è mai stato possibile rispettare norme di distanziamento anti-covid. L’opinione pubblica non ha potuto fare a meno di notare la differenza tra chi, Draghi, parla di giovani in termini di istruzione, formazione e futuro, e chi invece pensa ai giovani solo in termini di divertimento. Come se tutti i giovani non possano fare a meno di vivere esclusivamente all’interno delle discoteche o non si possa chiedere loro un atto di responsabilità. È nauseante, invece, il parallelo che viene fatto tra discoteche e scuole, come se la necessità delle prime sia equipollente alle seconde.